3. Sofia Kenin
Se non sei la giocatrice più potente del circuito, se non sei la più veloce, se non sei la più completa tecnicamente, eppure sei riuscita a vincere uno Slam a poco più di 20 anni, allora devi avere qualcosa di speciale a livello di “testa”. Direi che questo è il caso di Sofia Kenin, la campionessa in carica dell’Australian Open. Per molti aspetti mi sento di avvicinarla ad Elise Mertens, nel senso che anche Kenin raramente sbaglia le scelte di gioco. Ma forse, rispetto ad Elise, Sofia riesce a metterci un pizzico di coraggio e di ambizione in più nei frangenti decisivi dei match.
Mi si dirà che gli ultimi grandi risultati sono il tipico prodotto di chi scende in campo da sfavorita e quindi con poca pressione; come in occasione delle vittorie a Melbourne contro due campionesse slam come Barty e Muguruza. Però a Melbourne Sofia ha dimostrato che cosa significhi giocare con la testa anche contro avversarie di “lignaggio” inferiore, come Coco Gauff.
Coco era davvero un brutto cliente da affrontare in quel momento: giovanissima, senza nulla da perdere e con in più l’energia positiva derivata dalla vittoria nel turno precedente contro la campionessa in carica Naomi Osaka. Eppure Kenin ha saputo sviluppare il match in modo da evidenziare i limiti esecutivi dalla parte del dritto che affliggono Gauff (almeno per il momento), spegnendo progressivamente gli entusiasmi della sua più giovane avversaria, sino a sconfiggerla per KO, come testimonia l’andamento del punteggio: 6-7(5), 6-3, 6-0. Una vittoria frutto di una partita tatticamente impeccabile.
Ecco perché al momento penso che un posto sul podio di questa classifica per Kenin sia inevitabile. Vedremo se saprà mantenersi su questi livelli anche quando le avversarie l’avranno studiata a fondo, con l’obiettivo di prenderle meglio le misure.
2. Hsieh Su-Wei
Mi rendo conto che può sembrare un controsenso assegnare il secondo posto per le scelte tattico-strategiche a una giocatrice che ha testualmente detto in una intervista (Melbourne 2018): “Le avversarie fino all’ultimo non sanno dove tirerò? A volte non lo so nemmeno io”. Evidentemente il tennis di Hsieh non può essere considerato un modello in termini di riflessione e ponderatezza tattica; ma lo è senza dubbio sul piano della creatività e della fantasia.
In quella stessa intervista Hsieh aveva coniato la definizione “Su-Wei Style”. Intendeva descrivere un approccio al tennis ricco di inventiva, di libertà, perfino di improvvisazione; qualità espresse attraverso scelte di gioco tanto sorprendenti da essere imprevedibili, anche perché ottenute con una meccanica esecutiva così particolare da rendere impossibile intuire con il normale anticipo la direzione dei colpi.
In sostanza Su Wei è una giocatrice unica, e se si decide di seguire un suo match già solo cercare di prevedere dove tirerà può diventare il fulcro dell’intero spettacolo, e richiedere un impegno specifico per qualsiasi spettatore. Eppure anche di fronte alla eccezionalità di Hsieh, abbiamo la conferma di un principio base: per essere efficace, qualsiasi tipo di tennis deve essere tatticamente coerente con le caratteristiche fisico-tecniche di chi lo propone.
1. Ashleigh Barty
Il gioco così piacevolmente old fashion di Ashleigh Barty rappresenta quasi l’opposto di quello di Hsieh: tanto Su-Wei è anomala e particolare, tanto Ashleigh con il suo attuale primo posto nel ranking WTA rappresenta la rivincita del tennis ortodosso e “ben giocato” nel senso più classico del termine.
Perfino il fatto di preferire il rovescio slice a una mano rispetto al più incerto rovescio bimane in topspin, sembra essere un modo per proiettarci indietro di qualche anno, al tennis del secolo scorso. Ma al di là di questi aspetti tecnico-stilistici, va sottolineata l’efficacia delle scelte strategiche di una giocatrice che ha avuto un percorso piuttosto tormentato prima di raggiungere la completa maturità agonistica.
Il suo temporaneo ritiro dal circuito professionistico, fra i 18 e i 19 anni, per dedicarsi al cricket, testimonia come per Ashleigh non sia stato facile trovare l’equilibrio nei confronti di uno sport tanto esigente fuori campo (continui viaggi, lontananza da casa) quanto in campo (la solitudine agonistica sconosciuta agli sport di squadra).
Al contrario di Andreescu, Barty ha quindi avuto bisogno di un periodo di maturazione anche per trovare il giusto mix nella selezione dei suoi tanti colpi, così come nelle diverse opzioni tattiche che tutti quei colpi rendevano possibili. Ma alla fine è davvero riuscita a mettere a punto tutte le variabili del suo gioco, come testimoniano i risultati: primo posto nel ranking, vittoria al Masters e al Roland Garros 2019. Per una tennista australiana la vittoria di Parigi sulla terra rossa, la superficie ritenuta più tattica di tutte, è stata la certificazione che il perfezionamento nella costruzione del gioco era ormai compiuto sotto ogni aspetto.