“Novak ha tutta la notte per scegliere la tonalità di moquette” aveva postato lunedì su Twitter uno dei fotografi che seguono il tennis in giro per il mondo, richiamando la battuta sarcastica di Maria Sharapova nel suo giorno più nero, quello nel quale in un anonimo hotel di Los Angeles con una moquette “orribile” aveva annunciato al mondo la sua positività al meldonium. Anche Djokovic ha trascorso quella che probabilmente ricorderà come la giornata peggiore della sua carriera sportiva, nel quale ha dovuto ammettere al mondo di aver contratto il SARS-CoV-2 e di aver sbagliato a voler spingere il suo Adria Tour come se fosse il primo evento post-COVID.
Niente faccia a faccia con i media, però, sicuramente giustificato dalle sue condizioni di salute: un comunicato stampa che aveva il sapore artificiale della maionese senza grassi è stato il suo unico contatto con il mondo esterno, ammettendo di essere molto dispiaciuto per quanto accaduto e per le persone che ha esposto al pericolo, e che il virus è ancora presente e ancora tra noi. Nel caso in cui qualcuno ne dubitasse.
Il giornale francese l’Equipe ha interpretato il suo “I am extremely sorry” come una scusa, anche se essere dispiaciuti non vuol dire scusarsi per quanto fatto. Una differenza forse più marcata in inglese che non in altre lingue, e che probabilmente si perde nelle sfumature delle traduzioni. L’intenzione era buona, quella di raccogliere fondi per beneficienza, e di far vedere al mondo che si poteva tornare a vivere.
Così come era capitato poco più di quattro anni fa nel caso di Maria Sharapova, il mondo si è scatenato emettendo giudizi e sputando sentenze, facendo arrivare il tennis sulle prime pagine dei quotidiani in tutto il globo. In questo caso l’animosità era già a livelli di guardia ancora prima del patatrac di Zara, dato il catastrofico ruolino di marcia di Djokovic in termini di PR durante questo periodo di sosta-quarantena: prima le dichiarazioni contro i vaccini, poi le videochiamate in mondovisione con personaggi di dubbia opportunità che millantavano la conoscenza di tecniche prodigiose per bonificare cibi e acque malsane, quindi il malinteso della presunta violazione del confinamento in Spagna (poi immediatamente rientrato), uno smacco ai suoi colleghi disertando la conference call dell’ATP, per poi finire con l’apoteosi balcanica tra evitabilissimi bagni di folla e pazze serate in discoteca.
Le prove indiziarie a carico sono numerose, un po’ troppe per sperare in un’assoluzione che forse verrà solamente con il tempo, “gran dottore” come da sempre ironizzato in una famosa canzone dalla ex signora Borg. Quello che forse ci dimentichiamo è che anche Djokovic, così come i suoi due colleghi alieni che da tanti anni ormai allietano le nostre settimane Slam, è umano, e può sbagliare.
Credo si possa dire che ha fatto una stupidaggine: alzi la mano chi non ne ha mai fatte. Quello che conta è come si reagisce.
Per ora la partenza è un po’ incerta: le scuse sono state molto annacquate, ammesso che si voglia considerare quell’”extremely sorry” come una scusa per quello che ha fatto. L’assenza di norme tassative che imponessero distanziamento, precauzioni e comunque un comportamento almeno vagamente consono alla pandemia in corso non giustifica la mancanza di buon senso di aver organizzato un evento del genere senza la benché minima misura preventiva. Se non è obbligatorio, non vuol dire che è vietato.
E la tempistica dell’Adria Tour presta il fianco a supposizioni piuttosto spiacevoli: Djokovic stava facendo vedere tutti i suoi muscoli alla USTA per ottenere condizioni meno “estreme” e “insostenibili” per la disputa dello US Open. Qualcuno aveva etichettato lui e gli altri top players come ricchi viziati per aver paventato un rifiuto allo Slam newyorkese nel caso in cui non potessero portarsi tutta l’abituale corte di allenatori, medici e portaborse in nome di uno sfoltimento dei ground. E l’organizzazione di un evento che sembrava provenire da una galassia parallela, se non da una macchina del tempo, per quanto ignorasse la situazione COVID sembrava servire da perfetto messaggio politico, un po’ come i video delle parate militari che arrivano dalla Corea del Nord di Kim Jong-Un. Solo che alla fine gli è cascato tutto addosso.
Nel celebre film Top Gun, primo grande successo di Tom Cruise nella parte del pilota di caccia Maverick, c’è un passaggio che purtroppo non è stato reso nel doppiaggio in italiano e che crediamo si presti bene a questa situazione: il comandante del ribelle Maverick lo redarguisce dopo l’ennesima marachella con la frase “Your ego is writing checks your body can’t cash”, ovvero “il tuo ego emette degli assegni che tu non riesci a coprire”. Come ha commentato a L’Equipe il direttore del torneo di Marsiglia Jean-François Cajoulle, “[Djokovic] ha un lato di se stesso quasi messianico che si ritiene al di sopra di certe leggi naturali, ma il boomerang può tornare indietro molto rapidamente. […] Il suo lato esteriore è levigato, mentre quello interiore è più tormentato e violento”.
Sempre secondo Cajoulle, Nole non ha la stessa presenza iconica di Federer e Nadal: “Se fosse stato uno di loro due a fare una cosa del genere avrebbe avuto maggiore impatto sul circuito. Ma Federer e Nadal non avrebbero mai fatto una cosa simile”.
L’ATP e la USTA si sono affrettate a dire che tutto va avanti come previsto per la ripresa del circuito: loro, d’altra parte, stanno lavorando da mesi su protocolli sanitari che impediscano cose di questo genere. In tanti hanno pensato che la positività di quasi metà dei giocatori dell’Adria Tour volesse dire stop al tennis per il prossimo futuro: d’altronde, per chi segue il tennis da lontano non c’è molta differenza tra l’Adria Tour e il circuito vero e proprio. I giocatori sono quelli forti che si vedono nei tornei importanti, difficile per chi non è addentro ai meccanismi del tennis capire la differenza tra l’esibizione nei Balcani e un ATP 250.
Ma solo perché uno da ubriaco si è messo al volante andando contromano ai 200 all’ora, non vuol dire che bisogna fermare tutte le autovetture. Bisogna solamente guidare con maggior criterio e attenzione, ora che la strada è irta di pericoli.
Quale aspetto ha ora il cammino davanti a Djokovic? Difficile dirlo. Probabilmente una dichiarazione di scuse un po’ più convinta di quella del comunicato stampa di martedì potrebbe fargli bene, far vedere che è volontariamente sceso dal piedistallo sul quale si è messo. Ma il suo ego descritto sopra sicuramente gli sconsiglierà di fare una cosa del genere: si tratta dello stesso ego che gli ha consegnato 17 Slam e un record vincente contro gli altri due mostri, “quella forza mentale che può fare male, agli avversari ma anche a se stesso” dice Cajoulle.
Un altro bel gesto potrebbe essere rassegnare le dimissioni da Presidente del Players Council: è evidente che non ha più la fiducia dei suoi colleghi, e la sua agenda è sempre più la sua personale e non quella dei giocatori che si è offerto di rappresentare. Non avrebbe nulla da perdere, se non un po’ di amor proprio, ma ne guadagnerebbe in coerenza.
Comunque vada, ora l’importante è che tutti gli “inciampati” (se non proprio caduti) dell’Adria Tour si riprendano appieno e siano pronti per l’inizio del circuito a metà agosto. Del resto, se ne occuperà come sempre il tempo.