Sinner cresce? No. O meglio, contestualizziamo: Jannik Sinner possedeva già da qualche mese il livello necessario a battere avversari del calibro di Roberto Bautista Agut, specie sul fondo indoor, e non è del tutto una sorpresa che ci sia riuscito nella bizzarra cornice offerta dall’hangar di Templehof, dove si sta disputando la seconda tappa dell’esibizione Bett1aces. Prevalendo con il punteggio di 7-6 6-2, Sinner si è qualificato per la finale in cui affronterà Dominic Thiem, che lo ha sconfitto in semifinale nella precedente esibizione su erba. L’austriaco è venuto a capo di un Haas tirato a lucido – lo ricordiamo, 42 primavere, ha giocato l’ultimo torneo ufficiale tre anni fa – e capace di impegnarlo sino in fondo nel primo set, concluso al tie-break.
L’incipit non vuole dunque andare a detrimento della prestazione di Jannik, che è stata di ottimo livello. Né si vuole gettare discredito sul valore della partita, perché se di esibizione si tratta, è altresì vero che dopo quasi cinque mesi senza competizioni ufficiali nessuno vuol perdere; lo dimostra la racchetta sfasciata da Bautista in apertura di secondo set, a seguito di uno schiaffo al volo di dritto piuttosto sciagurato che ha regalato il break al suo avversario.
L’incipit vuole piuttosto essere una presa di coscienza delle qualità naturali tennista italiano: Sinner è già in grado, nelle condizioni di gioco a lui più congeniali, di sconfiggere un tennista che ha trascorso più tempo in top 20 che fuori negli ultimi sei anni (ci è entrato la prima volta nel luglio del 2014). Di qui a riuscirci quando la palla pesa un po’ di più, e magari più volte all’interno dello stesso torneo, ci passa ancora qualcosa. Esperienza, attitudine, malizia. Ma dal punto di vista strettamente tennistico, lo strapotere di Sinner è evidente.
Quando l’allievo di Piatti può colpire in proiezione offensiva, e sulle superfici rapide gli capita piuttosto spesso, persino un campione di regolarità come Bautista è costretto agli straordinari per fare il punto. Deve remare, provare a usare i tagli, chiamarlo a rete; qualsiasi cosa sia utile a spezzargli il ritmo, perché se Sinner ‘monta’ sulla palla alle sue condizioni è difficile da contenere.
Il primo set della sfida di Berlino è stato anche godibile, e dalla rimonta completata da Sinner con relativa facilità (era finito sotto 1-3) è stato subito chiaro come la sua velocità di palla fosse superiore a quella del valenciano. Nel tennis, però, questo non basta a indirizzare una partita. Bautista ha infatti giocato centinaia di match del genere, contro avversari che colpiscono più forte di lui, e tante volte ha trovato il modo di uscirne vincitore; si è messo a fare le cose semplici, ha annullato due palle break sul 4-5 e nel game successivo il servizio di Sinner gli ha offerto tre opportunità di andare a servire per il set. Qui il ragazzino ha mostrato i muscoli e si è guadagnato il tie-break, probabilmente indirizzato da un lob sbagliato dallo spagnolo (sarebbe andato avanti 5-3) a cui però Sinner, finito sotto di un mini-break, ha fatto seguire un dritto stretto vincente – la palla ha rimbalzato dentro il quadrato del servizio! – che un pubblico più numeroso sugli spalti avrebbe certamente salutato con un’ovazione.
Nel secondo set Bautista Agut ha un po’ mollato e Sinner non ha dovuto salvare palle break né affrontare game particolarmente complicati a parte l’ultimo, risolto alla fine da una combinazione servizio-dritto.
La difficoltà di giudicare con obiettività i progressi di Jannik Sinner sta nel fatto che è complicato dire qualcosa di sensato senza avere a disposizione una serie di partite o (ancor meglio) una serie di tornei. Come abbiamo già detto, sulla singola partita Sinner è già da tempo un giocatore capace di tenere il livello di un top 20 e talvolta persino di superarlo. Si tratterebbe di ripetere ogni volta l’ammirazione per la sua palla pesante e veloce, per il suo formidabile istinto coordinativo, per la sua attitudine offensiva che pure ancora si arena su qualche esecuzione di volo troppo grezza. Jannik Sinner è già molto forte, anche le esibizioni lo confermano ma non possono dirci di più. Per quello serviranno tornei veri, altre pressioni, la routine del circuito.