Nuova intervista della premiata ditta Scanagatta & Flink, stavolta con uno dei giovani prospetti più interessanti del tennis mondiale, vale a dire Alexei Popryrin. Classe ’99, attualmente è N.103 ATP, ma ha un best ranking di 87. 1.96×78, si descrive come “simpatico ma timido”, nel senso che fatica a sciogliersi con gli sconosciuti, ma durante l’intervista mi è sembrato molto maturo, e con una chiara idea di quali sono i suoi obiettivi e il suo potenziale.
Di famiglia russa ma nato a Sydney e maturato tennisticamente fra Spagna e Francia, si è fatto notare fin dal livello junior, dove ha raggiunto la seconda posizione mondiale dopo aver vinto sia il Bonfiglio che il Roland Garros nel giro di poche settimane. Fra i Next Gen si distingue per essere quello che probabilmente si trova meglio sui cinque set, visto che ha un record di otto vittorie e sei sconfitte negli Slam – ha vinto almeno un match in ciascuno – mentre sta ancora faticando a ottenere risultati di spicco nel due su tre, forse per via della classifica che lo obbliga a partire quasi sempre dalle quali.
IL VIDEO COMPLETO DELL’INTERVISTA
LE PARTI SALIENTI DELL’INTERVISTA
Minuto 00: introduzione.
01:09: il pensiero di Alex sull’Ultimate Tennis Showdown: “Un’esperienza incredibile, ho imparato molto sul mio gioco. È un format che nessuno aveva mai visto, e credo che tutti i partecipanti si siano divertiti. L’elemento fondamentale è mantenere la calma; le carte sono una fantastica aggiunta [delle sorte di jolly che i giocatori possono utilizzare in momenti nevralgici, ndr], soprattutto la possibilità di “rubare” il servizio all’avversario, è grande intrattenimento. Non è particolarmente stressante, ma ci vogliono un paio di match per abituarsi”.
04:13: Popyrin è un vero cittadino del mondo, con origini russe, nazionalità australiana e trascorsi tennistici in Spagna e Francia: “Personalmente mi considero australiano al 100%. I miei genitori si sono trasferiti un paio d’anni prima della mia nascita, e siamo poi venuti in Europa per sviluppare il mio gioco su terra, visto che in Australia non c’erano molti campi di questo tipo a disposizione. Ho trascorso sette anni in Spagna e ora sono nell’Academy di Patrick da quattro – però non ho ancora imparato il francese!”.
05:51: In una recente intervista, Matteo Berrettini si è detto sorpreso delle difficoltà che il giovane australiano sta avendo a scalare le classifiche, in particolare dopo il loro match a Flushing Meadows dello scorso anno. Lui cosa ne pensa? “Non credo sia sfortuna, semplicemente ognuno ha i suoi tempi. Io e Matteo eravamo insieme all’ATP University a Londra nel 2018, e un anno dopo lui era ancora nella capitale britannica, ma alle ATP Finals! Non ho fretta, ma credo di aver dimostrato negli Slam di potermela giocare con i Top 30, devo solo continuare a lavorare. Lo scorso anno è stato molto positivo per me [a inizio 2018 era N.621, mentre ha finito il 2019 al N.97, ndr], mi sono qualificato per 11 eventi ATP, più di chiunque altro, e questo mi ha permesso di guadagnare esperienza, che secondo me è più importante dei punti in sé a questo punto della mia carriera. Credo sia solo una questione di tempo prima di salire in classifica”.
10:20: “La mia vittoria più importante è stata quella contro Thiem a Melbourne [secondo turno del 2019, ndr]. Lui si è ritirato e non era al massimo, ma è stato comunque un match competitivo. Il fatto che si sia ritirato mi ha tolto un po’ di soddisfazione per la vittoria, ma mi ha dato grande fiducia per il resto della stagione. A volte non è semplice affrontare un giocatore infortunato, ma credo di aver gestito la situazione in maniera molto matura, soprattutto per la mia età”.
12:29: “Non sento una grande pressione da parte dei media australiani, solo grande supporto. Ho visto l’ascesa di Demon [De Minaur, ndr], e questo mi ha dato grande fiducia, visto che ci conosciamo da quando abbiamo nove anni. Ho una personalità molto diversa da quella di Kyrgios, cerco di tenere i miei pareri per me, lui invece è molto più estroverso!”.
16:15: Chi l’ha influenzato nel tennis australiano? “Sicuramente Kim Warwick [finalista all’Australian Open del 1980 contro Brian Teacher, ndr], è stato il mio primo coach, mi ha letteralmente messo la racchetta in mano ed è ancora parte del mio team”. Gli ho chiesto se Kim gli ha mai raccontato degli undici match point avuti contro Panatta a Roma, ma pare che non l’abbia mai fatto, e ne ha ben donde!
21:03: Il match con Berrettini allo US Open dello scorso anno: “Non mi ricordare cos’è successo nel quarto! Ho breakkato dopo un game da 26 punti, 6-5 per me e servizio, sono andato sotto 0-40, ho recuperato e sono salito a set point, e poi… doppio fallo! Ho avuto un altro set point e ho sbagliato un dritto, poi ho commesso un altro doppio fallo e siamo andati al tie-break, e lì sapete com’è andata. Ero sicuro che se avessi vinto il quarto poi il match sarebbe stato mio. Credo di avere il potenziale per raggiungere la Top 10, ma ci vuole tanto lavoro. Qualche anno fa mi sono allenato con Berrettini a un Challenger, lui è arrivato mezz’ora prima di me e se n’è andato un’ora dopo, si merita tutto il successo che sta avendo”.
26:06: I suoi piani per la ripresa: “Non credo che giocherò lo US Open, è troppo rischioso ed è un viaggio molto lungo. In più la ‘bolla’ non sembra molto sicura, visto che verrebbe consentito ai giocatori di vivere in abitazioni private – come controllarli in quel caso? Io abito con la mia famiglia e mia nonna ha settant’anni, non voglio rischiare di prendere il virus da asintomatico, perché in quel caso la contagerei sicuramente. Anche l’idea del Roland Garros di aprire al 50-60% del pubblico mi preoccupa e mi sembra un progetto un po’ ottimistico, visto che potrebbe causare una seconda ondata. Demon e Matteo sono d’accordo con me, e credo che molti altri giocatori la pensino allo stesso modo, alcuni non possono ancora viaggiare, soprattutto in Asia e in Sud America, e non so quanti giocatori europei andranno. A dire la verità non so nemmeno se il torneo si giocherà a questo punto”.
31:11: Ultima domanda sul suo rapporto con Pat Cash, che aveva fatto parte del suo box ma ora allena il 2001 americano Brandon Nakashima: “Abbiamo preso Pat per la scorsa stagione su erba, visto che non giocavo sulla superficie da tre anni e pensavamo che la sua esperienza potesse essere d’aiuto. Abbiamo avuto grandi risultati, perché mi sono qualificato per Wimbledon e ho vinto il primo match, perdendo solo con Medvedev in quattro, e sappiamo tutti che risultati ha avuto da lì in avanti. Come detto, l’idea era di lavorare insieme per quel periodo, e ci siamo lasciati in maniera assolutamente amichevole, ci sentiamo spesso e ci vediamo ai tornei”.