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Melbourne, Australia – Jim Courier si è sporto in avanti sul campo della Rod Laver Arena, puntando il microfono nella direzione di Novak Djokovic, che aveva appena battuto Yoshihito Nishioka nel match di terzo turno dell’Australian Open 2020.
“Novak”, ha chiesto Courier, “si dice che il tuo team stia cercando dei modi per migliorare la tua battuta. Dimmi, come si può fare?”. “Fare più ace?” ha risposto un sorridente Djokovic, suscitando le risate del pubblico. Il serbo ne aveva appena messi a segno 17 in tre set, conditi da due soli doppi falli, tenendo la battuta per 13 volte di fila.
Courier e Djokovic si trovavano a poca distanza dal luogo in cui, da un po’ di tempo a questa parte, il servizio viene studiato digitalmente, con l’obiettivo di creare un nuovo metodo per valutarlo e migliorarlo.
Il primo passo è uno strumento chiamato Serve Value. Il leader del progetto, il Dr. Machar Reid, guida per Tennis Australia un gruppo di scienziati che lavorano nel campo dell’intelligenza artificiale, un’équipe che prende il nome di GIG, Game Insight Group.
In piedi davanti al suo portatile, Reid chiacchierava con un giovane collega mentre un fotografo immortalava il labirinto di computer e scrivanie al settimo piano del vicino quartier generale di Tennis Australia. Reid è un autore e studioso dello sport, profondamente addentro sia agli aspetti teorici che a quelli pratici della materia.
“Il Serve Value combina la velocità, il piazzamento e la rotazione della battuta, per poi generare un numero (su una scala da 1 a 100) che permette di stimare l’efficacia di ogni servizio effettuato. In sostanza, valuta la probabilità di un dato servizio di vincere il punto”.
Nel 2015, Reid è stato co-autore di “Tennis Science: How Player and Racket Work Together”, un’indagine di numerose sfaccettature del gioco, che include un tentativo di descrivere “i principali sviluppi tecnologici nel tennis, e i software che si possono utilizzare per coadiuvare l’analisi notazionale [quella che nel calcio si chiama Match Analysis, ndr] e quella della performance”.
Alle volte, la Data Science è cosparsa di complessi termini tecnici che hanno lo scopo di catturare le informazioni salienti contenute nell’analisi. Per fortuna, Reid ci fornisce una semplificazione linguistica: “Essenzialmente ci occupiamo del rapporto fra velocità, rotazione e direzione, e dell’esito del punto. La domanda che ci poniamo è: qual è il ruolo della combinazione di questi fattori nell’esito del punto?”
Il suo team usa un database di video filmati da Hawk-Eye negli ultimi quattro anni e più, un vasto compendio di oltre 100.000 prime e seconde di servizio, e dei punti che queste hanno vinto o perso.
Una scoperta sorprendente, per esempio, è stata che Djokovic è molto lontano dai migliori con la prima, ma ha dei risultati impressionanti con la seconda: “Novak fa il 50-55% dei punti sulla seconda. Questa è una combinazione fra punti diretti, che lui porta a casa più frequentemente rispetto a molti altri giocatori, e punti nello scambio, dove Djokovic ha un rendimento altresì sopra la media”.
Un risultato importante, nelle parole di Reid, è che “questo studio fornisce quello che probabilmente è il primo tentativo di mettere prime e seconde sulla stessa scala, trattandole allo stesso modo e dicendo: okay, quanto è effettivamente efficace la seconda di un certo giocatore?”
Una domanda che sorge è: il Serve Value è più utile a chi serve o a chi risponde? Secondo Reid “lo è molto di più per il battitore. Tantissime statistiche nel tennis si focalizzano sullo studio avversario, mentre questa è tarata sul miglioramento individuale, e sulla performance del proprio servizio nel tempo. Con questo strumento si può controllare se l’efficacia del servizio cala di torneo in torneo o di anno in anno”.
Sam Robertson, Professore di Sports Analytics della Victoria University e partner della ricerca, ha detto queste parole al sito di Tennis Australia: “Usare la scienza per misurare la velocità è semplice, utilizzarla per valutare l’efficacia di un colpo non lo è affatto. Il Serve Value porta il tennis sullo stesso piano di altri grandi sport che stanno sviluppando sistemi nuovi e istruttivi per quantificare le abilità dei giocatori”.
Per i giocatori (e i giornalisti) che non sono molto pratici di Data Science, questo è un terreno che può rivelarsi alquanto scivoloso. La biografia online di Reid elenca diversi dei suoi progetti di ricerca, fra i quali ci sono tre esempi che ci mostrano il brillante ancorché enigmatico futuro della Data Science nello sport: “Un’indagine qualitativa di comportamenti mentalmente duri nel football australiano”, “L’adesione cronica alla dieta chetogenica altera la metabolizzazione del ferro fra gli atleti professionisti”, e “Stimoli visivi differenti influenzano l’attivazione muscolare del ginocchio durante gli spostamenti laterali”.
Metodi altrettanto sofisticati sono allo studio in altri sport. I ciclisti, per esempio, possono usare una scala di valutazione particolarmente rigorosa chiamata “Suffer Score”. “È un indice che combina diversi gruppi di dati”, ha detto Robert Kitchingman, un appassionato ciclista da competizione (e amico dell’autore di questo pezzo) che vive a Melbourne. Fra le misure prese in considerazione, ha elencato battito cardiaco e potenza generata. “VO2 Max è un’altra unità di misura, basata sulla capacità del corpo di produrre ossigeno”, ha aggiunto. Precisazione sul VO2max: è un valore che descrivere la capacità dell’organismo di portare l’ossigeno raccolto dai polmoni in tutto il corpo allo scopo di utilizzarlo per la produzione di energia, ovvero per lo sforzo muscolare.
Reid ha detto che il miglior rendimento nella prima giornata dell’Australian Open (fra quelli che sono stati parametrati con Serve Value) è stato ottenuto da Sam Querrey, la cui prima di servizio ha avuto un valore pari a 96, mentre Serena Williams ha primeggiato nel femminile con un 87. Arrivati al primo venerdì del torneo, Querrey era sceso al terzo posto, mentre Williams era uscita dal gruppo di testa stilato da Tennis Australia.
La prima di Djokovic era fuori dalla Top 5 maschile, mentre la seconda aveva un punteggio di 28.86. Reid ha spiegato cosa significasse il dato: “In questo contesto, il 28% delle seconde di Djokovic ha un’alta probabilità di dargli il punto diretto, cioè facendo sbagliare la risposta all’avversario o mettendo a segno un ace di seconda”.
In finale contro Thiem, Djokovic ha fatto solo nove ace, ma ha vinto 66 punti su 87 con la prima (76%) e 24 su 47 (51%) con la seconda (come previsto da Reid). Il punteggio finale? 6-4 4-6 2-6 6-3 6-4 Djokovic. Un analyst dell’ATP ha aggiunto che “Djokovic ha fatto 24/29 a rete e ha messo a segno 46 vincenti, compresi gli ace. Thiem ha fatto 29/134 in risposta e commesso 57 non forzati, lo stesso numero di Djokovic. Entrambi hanno finito con cinque doppi falli”.
Djokovic era consapevole del fatto che il Serve Value aveva previsto che la sua seconda sarebbe stata vitale per laurearsi campione? Vi terremo aggiornati.
Gli altri articoli tradotti dal blog ‘World Tennis Gazette’ di John Martin