Alexander Zverev è il primo finalista dello US Open 2020. Non è stata la più bella semifinale dei tempi recenti, per utilizzare un eufemismo, ma la ricorderemo come il match che ha spedito il secondo membro della nuova generazione – dopo Medvedev dodici mesi fa – nell’atto finale di un Major. A fare da agnello sacrificale è stato Pablo Carreño Busta, che si è visto sfuggire l’enorme traguardo quando distava un solo set: dopo meno di un’ora e mezza di gioco lo spagnolo, si era infatti trovato in vantaggio 6-3 6-2 con Zverev completamente assente dal campo. Poi, il tedesco è riuscito a firmare il primo comeback della sua carriera da uno svantaggio di due set, il sesto nella storia delle semifinali dello US Open in Era Open (l’ultima volta ci era riuscito Djokovic contro Federer nel 2011; fu una partita di ben altro livello, c’è da ammetterlo).
GIOCA SOLO CARRENO – Nonostante il 12-5 dei primi due set, la prima occasione di break capita sulla racchetta di Zverev, che però arriva in ritardo su un dritto lungolinea di Carreño. Poi si configura l’assetto che caratterizzerà la partita per un’ora buona: tutto comincia con un rovescio fallito piuttosto clamorosamente da Zverev a campo spalancato, con Carreño fuori non solo dal rettangolo di gioco ma quasi dalla bolla di Flushing Meadows e dunque impossibilitato a ribattere. Lo spagnolo non fa in tempo a intascare il primo break che deve aggiungerne un secondo, propiziato da un doppio fallo tedesco. Carreño paga il momento di bassa tensione del match e cede subito il secondo break di vantaggio; Zverev ne approfitta per fare anche 5-3, nonostante un orrido tocco tradisca il suo basso lignaggio nei pressi della rete. Il tedesco, però, rimane totalmente fuori dal ritmo dello scambio e sembra faticare persino a coordinare lo swing del rovescio con i passi di avvicinamento, tanto da sbagliarne un paio che consegnano il primo set a Carreño.
Lo spagnolo, cintura nera di carpe diem qui a Flushing Meadows, capisce che quell’altro è in campo per sport e che lo sport in questione, per il momento, non è il tennis, e dunque affonda il colpo. O quantomeno si mette nella condizione di farlo, perché in realtà gli basta attendere il sistematico pasticcio di Zverev: con una mezza dozzina di doppi falli in tre game di servizio e una manciata di seconde tenere (16% la resa del set) su cui Carreño entra con facilità agassiana, il tedesco si auto-infligge lo 0-5. Come nel primo set, la sbornia del vantaggio (questa volta triplo) deconcentra lo spagnolo abbastanza da cedere uno dei tre break – finalmente vediamo Zverev colpire un buon vincente di rovescio – ma non fino al punto di rimettere in discussione il parziale, che finisce 6-2. A Carreño Busta manca un solo set per giocare la sua prima finale Slam.
IL MATCH CAMBIA – Zverev è noto per la capacità di complicare i match tre su cinque, specie quelli alla sua portata, e il fatto di essere in campo per una semifinale Slam sembra aver amplificato questa skill. Per sua fortuna, l’unicità dell’evento gli fornisce una capacità extra di reazione: non aveva mai rimontato uno svantaggio di due set, ci riuscirà oggi per la prima volta.
Non parliamo di una rimonta che scalda i cuori, anche perché nell’Arthur Ashe deserto non ci sono cuori da scaldare, è piuttosto una battaglia contro se stesso, vinta la quale il tedesco può iniziare a opporre resistenza a Carreño Busta. C’è ancora più di qualcosa da registrare nel gioco di Sascha, che breakka l’avversario con un ottimo dritto lungolinea e poi cede il servizio con tre gratuiti. Il tedesco, però, riesce finalmente a giocare nei pressi della linea di fondo ed entra in campo più spesso, inchiodando Carreño su entrambe le diagonali. Con la resa della prima che sale sopra l’80%, Zverev non ha problemi a chiudere il set e lo fa con otto punti consecutivi al servizio.
Forse è improprio parlare di reazione di Zverev, che nel terzo set ha semplicemente iniziato a giocare. La partita continua a non entusiasmare ma quantomeno ci sono due giocatori in campo, ma a decidere la direzione del match in questo momento è quasi soltanto Zverev: un dritto lungo di Carreño gli regala il break e lui restituisce ancora il favore con il doppio fallo. Quando il punteggio lo costringe a sfoderare i colpi, Sascha lo fa però con altro piglio e nel settimo game rompe ancora il servizio di Carreño con uno smash vincente. Prima di chiudere con il servizio, Zverev fallisce tre set point in risposta all’interno di un game in cui lo spagnolo lo colpisce in pieno con un passante; Zverev si lamenta un po’, anche perché era già successo un paio di game prima, ma senza pubblico gli animi non si accendono e il set scorre fino a conclusione.
Nel quinto non c’è pathos, perché Carreño Busta non va mai vicino a togliere il servizio a Zverev. Merita menzione solo il secondo game, che si protrae ai vantaggi con il tedesco già avanti di un break, perché pochi istanti dopo la comparsa di McEnroe sugli spalti Zverev mette a segno una splendida volée di rovescio che lo toglie dall’unico potenziale impiccio del set. Con la costante delle seconde che viaggiano attorno (o oltre) le 130 miglia orarie, poiché il tedesco s’è ormai persuaso che giocare una ‘vera’ seconda lo espone persino di più al rischio del doppio fallo, Alexander Zverev vince 6-3 anche il quinto set, completa la rimonta e si qualifica per la prima finale Slam della sua carriera. Il più giovane finalista Slam da quando ci riuscì Djokovic nel 2010 (sempre qui allo US Open, era la sua seconda finale Slam) non avrà molto tempo per l’auto-analisi, perché tra 48 ore gli si presenterà davanti uno tra Thiem e Medvedev – clienti di altro spessore rispetto al pur generoso Carreño Busta.