Difficile, per Diego Schwartzman, rimproverarsi qualcosa. Al Foro Italico l’argentino è arrivato per la prima volta in carriera a giocarsi la finale di un Masters 1000, migliorando la semifinale di un anno fa. In entrambi i casi, di fronte ha sempre avuto Novak Djokovic. Che ha dovuto alzare il livello per venirne a capo. “Ho giocato una grande partita da fondo campo e ho fatto tante cose buone – l’analisi dell’argentino, sostenuto via social anche da Diego Maradona – fino all’inizio del secondo set mi sono sentito in controllo del mio gioco, aggressivo, solido, con buoni movimenti. Dopo aver iniziato bene, sono calato col servizio, specie con le seconde. Ho servito male in un paio di game e lì Nole ha iniziato a venir fuori. I break mi hanno offerto una chance, come era accaduto con Nadal, ma stavolta non sono riuscito a sfruttarla. E poi Nole nelle ultime tre partite si è espresso a un livello incredibile“.
IL VALORE DEL RIPOSO – Rinviato per il momento l’approdo tra i primi dieci del ranking (è 13 ATP con le classifiche aggiornate), Schwartzman può adesso proiettarsi anche lui sul Roland Garros. Il suo migliore risultato a Parigi è il quarto di finale perso nel 2018 con Nadal, al quale non ha saputo dare continuità nell’ultima edizione quando gli è stato fatale al secondo turno il derby argentino con Leo Mayer. “Ma da questa settimana di Roma porto dietro solo sensazioni positive“, ha commentato senza perdere il sorriso, anticipando anche i naturali rilievi sullo sforzo fisico sostenuto nelle tre partite ravvicinate contro Nadal, Shapovalov (tre ore) e Djokovic. “Nelle ultime notti sono sempre andato a dormire tra l’una e le due – racconta –ma non è un problema. Per noi che facciamo questo lavoro sei giorni di riposo valgono un anno, devo recuperare energie ma ho molta fiducia“.
VERSO PARIGI – Quando gli è stato chiesto chi tra Nadal e Djokovic, entrambi incrociati sul Centrale, fosse il vero favorito per lo Slam francese, Schwartzman se l’è cavata ragionando di sfumature. “Djokovic non ha perso nemmeno una partita sul campo nel 2020, questo gli sta dando molta fiducia. Ma Rafa a Parigi è il re, è casa sua, penso sia sempre il favorito. Anche se Thiem, Djokovic e altri ragazzi stanno arrivando a questo appuntamento giocando bene sulla terra. Io spero di giocare un buon tennis, perché se ciò dovesse accadere potrei avere le mie chance“.
E apre una finestra, pur parlandone con serenità, sul complesso approccio psicologico con cui di questi tempi i giocatori si avvicinano ai tornei: “A darmi ansia prima di ogni altra cosa sono i tamponi, l’attesa per il risultato, il rischio di una positività vera o falsa che potrebbe comunque mettere a rischio la partecipazione. È la prima cosa a cui penso, anche perché alla cerimonia di premiazione c’erano diverse persone“. Dal tono, tutt’altro che un attacco all’organizzazione e alle misure di sicurezza esistenti. Ma il semplice prendere atto della realtà attuale: anche la programmazione di uno Slam rimane appesa a un filo, fino al buon esito dei test. Nell’impossibilità del rischio zero.