[12] D. Schwartzman b. [Q] Lorenzo Giustino 6-1 7-5 6-0
Come tutto sommato era prevedibile, Diego Schwartzman ha svegliato Lorenzo Giustino dal sogno parigino. Pratica chiusa in un paio d’ore per l’argentino, fresco finalista al Foro e 14 del mondo, con l’azzurro che è sembrato in partita soltanto nel secondo set perso 7-5. Nel primo e nel terzo non c’è stata storia, sicuramente per la ben nota differenza di valori in campo. Ma anche perché le sei ore (in due giorni) della battaglia contro Moutet, conclusa lunedì, hanno comunque sfiancato il napoletano. E gli effetti del logoramento si sono manifestati a scoppio ritardato.
“Stavo meglio il giorno successivo – ha raccontato – oggi (ieri, ndr) ho invece accusato dolori alle gambe e uno stiramento all’adduttore nei primi game. Mi sono svegliato con nausea, mal di testa, non avevo voglia di mangiare. Non so spiegarlo, è difficile. È vero che è bello vincere un match così, però le scorie fisiche sono terribili“. L’onere – dopo tutti gli onori – di aver vinto il secondo match più lungo della storia del Roland Garros. “Però con il tie break sarebbe stato meglio, avremmo risparmiato due ore di partita. È inutile aumentare l’agonia, sul 6-6 meritano entrambi di vincere”. Dibattito sempre aperto, quello sulla gestione del quinto set negli Slam, su cui è intervenuto da Parigi anche Andrey Rublev appoggiando la mozione Wimbledon (tie break sul 12-12).
IN RISERVA – Della sconfitta rimane poco da raccontare. “Non è molto bello trovare Schwartzman su questi campi – è l’analisi di Giustino -, su una terra così lenta lui è un muro, devi sfondarlo, quindi devi essere fisicamente al massimo. Se prende in mano il gioco ti muove e alla fine vince il punto. Purtroppo facevo molta fatica a battere, però ho fatto un discreto secondo set, potevo anche vincerlo. Ci sono tante cose che devo migliorare per essere più solido“. Sapendo che la spia della riserva si sarebbe accesa, in ogni caso. “Anche se avessi giocato contro un avversario più abbordabile, prima o poi sarei comunque crollato. Avrei potuto anche vincere due set, ma sarebbe comunque entrato in campo con un vantaggio psicologico: sapeva che, se avesse tenuto duro, avrebbe vinto la partita. Oltre che il tempo di gioco contano anche le condizioni: una cosa è combattere per tante ore su campi veloci dove lo scambio dura poco, tutt’altra storia è affrontare una media di 15 scambi a punto come accade qui”.
IL RITORNO AI CHALLENGER – Si apre adesso per Giustino un nuovo capitolo, in cui sarà chiamato a gestire il fisiologico sovraccarico di pressioni, aspettative e popolarità. Al Roland Garros, dove è partito dalle qualificazioni, è entrato da 157 del mondo. “Il mio obiettivo rimane entrare in top 100 – non si nasconde – e questo bel risultato mi aiuta, anche se la rincorsa diventa più lenta con il nuovo sistema e i punti che non vengono scalati”. In agenda, nell’immediato, tornano i Challenger. “Ne ho due in Spagna a Barcellona e Alicante – conclude – poi Istanbul, vado per fare bene”. Ambizioso, ma con i piedi ancorati al suolo. Per non soffrire di vertigini.