2. Il dominio di Iga Swiatek
Lo scontro Halep – Swiatek si è materializzato a livello di ottavi di finale, dopo che nei turni precedenti entrambe erano state eccezionali: in tre match avevano perso appena 12 e 13 game ciascuna. Questi i risultati di Halep: 6-4 6-0 a Sorribes Tormo, 6-3 6-4 a Begu, 6-0 6-1 ad Anisimova. E questi i risultati di Swiatek: 6-1 6-2 a Vondrousova, 6-1 6-4 a Hsieh, 6-3 6-2 a Bouchard.
Per un solo game, quindi, fino a quel momento Simona aveva perfino fatto meglio di Iga; in più Halep nell’unico confronto diretto aveva stravinto: Roland Garros 2019, successo per 6-1, 6-0. Per i bookmaker Halep era nettamente favorita: 1,23 contro 4,60. E invece quello che è andato in scena domenica 4 ottobre, sotto il tetto chiuso dello stadio Chatrier, è stato l’opposto di quanto tutti attendevano. Iga ha offerto una prestazione fenomenale, finendo per dominare il match sotto ogni aspetto.
Non solo Swiatek ha saputo tenere testa alla proverbiale facilità di palleggio di Halep, ma lo ha fatto ribattendo con colpi ancora più incisivi. Il dritto carico di topspin di Iga obbligava Simona a perdere campo, e se a questo uniamo l’anticipo con cui Swiatek colpiva dalla parte del rovescio, cominciamo a ricostruire il quadro di una superiorità tecnico-tattica che è apparsa quasi totale.
Una superiorità che è stata ulteriormente rafforzata da altri due aspetti: da una parte la precisione e la ricchezza delle geometrie da fondo, dall’altra la sicurezza con cui Iga ha gestito le variazioni sulla verticale: sia attraverso le smorzate che attraverso i colpi di volo. Sul piano della pura prestazione individuale il suo match è stato senza dubbio uno dei picchi di gioco stagionali di tutta la WTA. Una di quelle vittorie che segnano la carriera.
Risultato finale: 6-1, 6-2. Saldo complessivo vincenti/errori non forzati: Swiatek +10 (30/20), Halep -3 (12/15). Trenta vincenti in appena quindici game disputati (e con un solo ace all’attivo) significano due vincenti nello scambio per ogni game. Considerando le qualità difensive di Halep e la relativa lentezza delle condizioni di gioco, rappresentano numeri davvero impressionanti.
A diciannove anni, memore dell’1-6, 0-6 subito nello stesso torneo, Swiatek si è così presa la rivincita sulla testa di serie numero 1, rovesciando le gerarchie dello Slam. Proprio perché non si era trattato di un successo rocambolesco, ma di una vittoria ottenuta grazie a una prestazione di enorme qualità, è come se Iga al termine della partita avesse ereditato da Simona il testimone della favorita in vista dei match decisivi. Infatti, continuando a giocare a quei livelli, non si vedeva come avrebbe potuto perdere.
E la sensazione si è rivelata giusta. Swiatek ha proseguito lasciando le briciole alle avversarie. 6-3 6-1 a Trevisan, 6-2 6-1 a Podoroska, 6-4 6-1 a Kenin. Bilancio finale dei suoi sette match: dodici set vinti, zero persi. Game totali persi: appena 28. Nell’era Open, a Parigi, meglio di lei ha fatto solo Steffi Graf nel 1988 (l’anno del suo Grande Slam, anzi Golden Slam) con addirittura 20 game persi in tutto il torneo.
Come è stato possibile un dominio del genere? E come si è sviluppato nelle particolari condizioni di gioco di questo Slam autunnale? Come detto, si sapeva che le partite si sarebbero svolte su campi pesanti e lenti, con una umidità che avrebbe reso più difficile imprimere energia alla palla. A questi elementi vanno aggiunte le nuove palline scelte dagli organizzatori (passati dalle Babolat alle Wilson). A detta di tutti i giocatori, le Wilson, meno “reattive” rispetto alle Babolat, hanno complessivamente ridotto l’altezza del rimbalzo rispetto agli anni scorsi. Fine dell’importanza del topspin? Al contrario. A dispetto di tutte queste premesse, una delle chiavi del successo di Swiatek è stata proprio la “pesantezza” del suo dritto: non solo perché la palla viaggiava veloce, ma anche perché saltava alta e con parecchio spin, una caratteristica piuttosto inusuale nel tennis femminile.
La giocatrice degli anni ’10 con il dritto in topspin più pesante è stata, insieme a Serena Williams, Samantha Stosur. Anche per via di un rovescio non proprio sicurissimo, Stosur amava collocarsi nell’angolo sinistro del campo per cercare di comandare il gioco a colpi di dritti inside-out e inside-in. E grazie a queste qualità ha ottenuto risultati importanti al Roland Garros (una finale e tre semifinali).
Per certi aspetti Swiatek ha proposto un dritto simile a quello di Stosur, ma lo ha accompagnato con un repertorio tecnico molto più completo ed equilibrato, e lo ha rafforzato ulteriormente grazie a una mobilità che Stosur non ha mai posseduto. Chiamata a colpire sulla corsa, spesso Samantha andava in difficoltà. L’agilità di Iga, invece, le ha permesso di offrire una copertura del campo efficacissima. A conti fatti, in ogni match la combinazione “dritto pesante + rovescio anticipato” si è rivelata insostenibile per ogni avversaria.
Ma per spiegare questo risultato credo vada sottolineato un ulteriore aspetto, spesso poco considerato, ma che è quasi sempre imprescindibile in ogni successo: il numero relativamente basso di errori non forzati. Per indirizzare l’esito dei match, la consistenza di gioco fa la differenza; e questo vale soprattutto per chi, come Swiatek, propone un tennis aggressivo, tecnicamente vario, nei quali i colpi sono ogni volta diversi.
Praticando un tennis del genere, è più facile perdere le misure esecutive, zavorrando il tabellino di gratuiti. Non è però accaduto al suo Roland Garros 2020: sette match giocati, sette saldi positivi tra vincenti/errori non forzati: contro Vondrousova +4 (23/19), contro Hsieh +7 (24/17), contro Bouchard +15 (30/15), contro Halep +10 (30/20), contro Trevisan +1 (20/19), contro Podoroska +3 (23/20), contro Kenin +8 (25/17).
Trovare punti deboli nelle sue prestazioni parigine è difficile. Forse avrebbe potuto servire meglio (4 ace in tutto il torneo, a fronte di 9 doppi falli complessivi), ma va detto che le condizioni di gioco non erano certo quelle che agevolano battute imprendibili, se si esclude quando veniva chiuso il tetto sul campo centrale.
Non credo nemmeno si possa pensare che Swiatek sia stata aiutata dal tabellone. Non essendo testa di serie (da numero 54 del ranking) ha esordito contro la tds numero 15 e finalista dello scorso anno Marketa Vondrousova; avversaria non semplice, che nelle particolari condizioni di gioco parigine avrebbe potuto mettere a frutto le grandi qualità nel drop-shot per rendere il match complicato. E invece le ha lasciato appena 3 giochi. Superate Hsieh (che non è mai da sottovalutare) e Bouchard, Iga ha fronteggiato al quarto turno la giocatrice che tutte volevano evitare: la testa di serie numero 1 Halep.
Certo, andando avanti nel torneo avrebbe potuto trovare rivali più esperte delle due qualificate Trevisan e Podoroska (che avevano comunque sconfitto Bertens e Svitolina). Ma poi in finale se l’è dovuta vedere contro la testa di serie numero 4 e campionessa in carica dell’Australian Open Sofia Kenin. In sostanza per vincere il suo primo Slam Swiatek ha dovuto battere una Top 20 e due Top 10, inclusa la giocatrice che tutti davano come strafavorita alla vigilia.
Ricordo che non sono infrequenti casi di Slam vinti giocando al massimo contro una Top 10; ma abbiamo assistito anche a Major conquistati senza proprio affrontare avversarie fra le prime 10 del mondo. Ecco perché non credo si possano avanzare dubbi sotto questo aspetto. No, secondo me se rimane un punto di domanda sul torneo di Swiatek è piuttosto legato alla ripetibilità delle prestazioni che ha offerto. Saprà giocare in futuro ancora a questi livelli? O invece è stata una impresa irripetibile?
a pagina 3: Le prospettive future di Iga Swiatek