Sconfitto da Andrey Rublev nell’ultima giornata del gruppo B alle Finals londinesi, Dominic Thiem non ha troppi motivi per indossare la maschera triste. Già qualificato alle semifinali in programma sabato, l’austriaco è stato attore protagonista di una grande stagione, con il fiore all’occhiello del titolo centrato all’Open degli Stati Uniti. Pur in procinto di giocare almeno un’altra partita molto importante il prossimo weekend, è naturale che la mente corra già all’inizio del 2021, e alla controversa vicenda relativa allo swing down under al tempo del Coronavirus.
Come abbiamo avuto modo di riportare nelle scorse ore, le prime due settimane di gennaio, dedicate ai tornei di preparazione all’Happy Slam, potrebbero rivelarsi irte di difficoltà per tutti i giocatori che accorreranno in Australia dai quattro angoli del globo. La matassa che sembrava essere stata districata dal CEO di Tennis Australia Craig Tiley, pronto ad assicurare che i cinque tornei australiani pre-Slam sarebbero stati disputati in una macro bolla costituita nello Stato di Victoria, è stata ingarbugliata a stretto giro di posta da Daniel Andrews, Premier dello Stato medesimo. “Organizzare l’intera stagione a Melbourne e dintorni sarebbe una grande cosa, ma la priorità è tenere fuori il virus“, aveva detto.
L’idea originale sarebbe stata quella di far atterrare i giocatori a Melbourne a metà dicembre previ due tamponi negativi, e imporre loro una quarantena alleviata dalla possibilità di allenarsi: in questo modo, i tennisti sarebbero stati pronti a giocare per la prima settimana dell’anno. Il massimo dirigente politico dello Stato ha però aperto una doccia gelata sulla generale fiducia, esprimendosi contrario all’arrivo di centinaia di atleti ed entourage vari prima dell’inizio del 2021. “Se le cose andranno così dovremo affrontare la quarantena tra il primo e il quattordici gennaio – ha dichiarato Thiem nella conferenza stampa post match a Londra -, e presentarci all’Australian Open senza warm-up ufficiali nelle gambe. Qualcosa di molto simile a quanto successo a New York lo scorso settembre. A dire il vero lì si era giocato almeno l’evento di Cincinnati, ma ho perso subito, quindi non posso dire mi sia servito molto a trovare la condizione. Per fortuna le cose sono andate lo stesso piuttosto bene“.
Il rischio di doversi giocare a freddo una fetta importante della stagione in ogni caso c’è ed è concreto: dall’inizio di novembre i contagi nello Stato di Victoria sono stati azzerati, e le autorità comprensibilmente considerano prioritario conservare il risultato faticosamente raggiunto, magari a scapito dei tornei. “La cosa veramente importante è che si riesca a disputare l’Open d’Australia – ha proseguito Thiem -, e se dovessimo trovarci ad affrontarlo senza la possibilità di testarci nei tornei preparatori faremo buon viso a cattivo gioco“.
Chiusa la spinosa questione, se ne apre un’altra di questi tempi molto discussa, che però non sembra perturbare più di tanto il numero tre ATP. Richiesto di un’opinione sulla famigerata PTPA, la nuova associazione giocatori patrocinata da Novak Djokovic, l’austriaco ha fatto clamorosamente spallucce. “In generale sono felice del lavoro che sta facendo l’ATP, per cui non vedo da parte mia la necessità di diventare membro di un’altra associazione giocatori. Ovviamente questa è la mia opinione e ognuno è libero di fare ciò che crede“. Democratico, ma Nole a quanto pare non potrà contare sull’appoggio di un pezzo discretamente grosso del circuito.