Ci sono sportivi che vale la pena seguire sia in campo che fuori, come nel caso di Marat Safin. L’ex numero 1 del mondo ha parlato pochi giorni fa alla testata russa gotennis.ru iniziando da alcune considerazioni sull’ultimo torneo della stagione, le ATP Finals vinte proprio dal suo connazionale Daniil Medvedev. “È uno dei miei tornei preferiti. Gli otto migliori giocatori dell’anno duellano per vedere chi esce con il trofeo da campione e con tanti soldi in tasca. Quando perdi una partita in qualsiasi torneo vai subito a casa, mentre qui hai ancora la possibilità di lottare per entrare in semifinale. Sono riuscito a raggiungere la semifinale due volte, ma in entrambe ho avuto problemi fisici. Il fatto di giocare molte partite per tutto l’anno mi ha penalizzato partecipando a questo torneo”.
I guai fisici purtroppo sono anche alla base del suo prematuro ritiro dal tennis agonistico, arrivato nel 2009 quando Marat aveva 29 anni. Gli acciacchi gli hanno impedito di restare al livello che avrebbe voluto e, nonostante sembrasse prendere tutto con superficialità, competere al massimo era quello che gli interessava di più. “In questo sport, o sei tra i primi cinque o non sei da nessuna parte. Non volevo continuare a giocare a tennis da numero 11, 12 o 20 al mondo. Giocare con tennisti più giovani, stancarti e correre con un ginocchio molto dolorante è solo screditare sé stessi. Ho sempre pensato che fosse meglio smettere di fare sport prima che lo sport ti abbandonasse. Se il ginocchio non mi avesse dato così tanto fastidio, avrei potuto giocare ancora un paio d’anni, ma non è stato così. Ero già stanco di questo mondo. Mi sono annoiato, bruciato e dopo diversi anni posso dire di aver vinto il tennis. Non avevo alcuna motivazione e ho iniziato a perdere con tennisti sconosciuti. Se non puoi più battere giocatori come Federer, Nadal o Djokovic, allora cosa ci fai lì?“.
Chi invece al momento sembra riuscire in questa impresa con continuità è Daniil Medvedev. “Quando una persona cresce, diventa più saggia e capisce quali cose deve eliminare dalla sua vita. Medvedev ha una tecnica piuttosto interessante. Sa di avere molte opzioni per poter fare grandi cose in questo sport. Nell’ATP Cup ho potuto passare del tempo con lui. L’ho conosciuto più da vicino e la verità è che è un bravo ragazzo. L’ho aiutato molto a giocare meglio a rete. Se vuoi competere con i più grandi, devi aggiornare un po’ di più il tuo stile di gioco ogni anno. Altrimenti sei perduto”.
All’apparenza ci sarebbe anche un altro suo connazionale che non ha affatto sfigurato in questa stagione, cioè Andrey Rublev che con 41 incontri vinti nel 2020 è quello ad aver ottenuto più vittorie insieme a Novak Djokovic. Tuttavia la maggior parte di questi successi sono arrivati a livello ATP 500 e Safin non gradisce la cosa. “Andrey è un junior e continuerà ad esserlo“ ha detto il due volte campione Slam, usando parole dure ma veritiere. L’intento qui non è semplicemente criticare una giovane promessa, bensì indicargli una strada più proficua per l’avvenire, anche usando modi bruschi ma non per questo meno efficaci.
“È riuscito a vincere cinque tornei nel 2020, ma nessuno è stato un Masters 1000 o uno Slam” ha proseguito Safin. “Novak, vincendo meno tornei, ha concluso l’anno da numero 1 al mondo. Rublev ha bisogno di cambiare e saper giocare meglio nei tornei più importanti. È un bravo tennista che sa competere e battere i migliori, ma bisogna vederlo gareggiare in semifinale o in finale degli Slam. Lui sa di cosa sto parlando. Preso ci vedremo e gli dirò tutto, siamo costantemente in contatto. Un’altra cosa da aggiungere è che Andrey ha bisogno di imparare a non crollare in situazioni difficili“.
E qui Safin chiosa con una riflessione, spesso presente nelle sue interviste, sulla parte mentale del tennis alla quale bisogna dare sempre maggior rilevanza: “In generale, molte persone non capiscono cosa siano gli sport professionistici. Il tennis ai massimi livelli non consiste solo nell’imparare a colpire la palla, ma ciò che conta è quanto tempo puoi resistere in una situazione stressante“. E considerando l’elevata quantità di racchette rotte dal diretto interessato in momenti di frustrazione, possiamo dargli credito per queste parole.