Erano nove volte consecutive che usciva da uno Slam senza sollevarne il trofeo e stavano per diventare dieci. Con Julien Benneteau prima in vantaggio di due set e, dopo, più volte a due soli punti dalla vittoria, Roger Federer aveva rischiato seriamente di lasciare Wimbledon alla soglia dei sedicesimi di finale in quel 2012 che gli aveva dato soddisfazioni sui campi rapidi (Rotterdam, Dubai, Indian Wells) e insidiosi (la terra blu di Madrid) ma che l’aveva stranamente bocciato nella “sua” Halle. Ma il vecchio (!) leone non aveva voluto abdicare e si era dato un’altra chance, demolendo il francese demoralizzato al quinto set. Con Malisse era andata meglio, con Youzhny quasi una passeggiata ma adesso in semifinale c’era Novak Djokovic, il migliore di tutti, il campione in carica. Invece, tenuta al caldo la schiena con l’ausilio della maglietta della salute, lo svizzero aveva ritrovato il sacro fuoco e si era sbarazzato del serbo in quattro set, così come avrebbe fatto in finale con il padrone di casa Andy Murray. Due vittorie, queste, che non valgono solo (si fa per dire) il settimo Wimbledon e il 17° Major, ma anche il ritorno sulla vetta della piramide ATP il 9 luglio.
Quindi, tra i due litiganti ha goduto il terzo e la prima uscita da re è di nuovo sui campi di Church Road, questa volta però colorati a festa per le Olimpiadi di Londra. Federer raggiunge la finale ma lì paga lo sforzo sostenuto per venire a capo di Del Potro (19-17 al terzo set) e non oppone pratucamente resistenza a Murray, che conquista l’oro e si prende la rivincita. Il numero uno però è in forma e lo dimostra a Cincinnati, aggiudicandosi il 1000 dell’Ohio senza perdere nemmeno un set e battendo di nuovo Djokovic, in finale. I due si dividono i favori del pronostico allo US Open e invece Federer si ferma nei quarti, battuto da un Berdych che chiuderà la carriera con un bilancio assai poco lusinghiero nei confronti del numero 1 (4 vinte e 30 perse) ma che, nella giornata di vena, ha le armi per mettere in difficoltà chiunque. Il ceco non andrà mai oltre la quarta posizione del ranking ma resterà – tra il 2010 e il 2016 – oltre sei anni nella Top-10 raccogliendo poco in termini assoluti di vittorie (appena 13 titoli, di cui un solo Masters 1000) ma piazzandosi con estrema continuità e giocando almeno le semifinali in ognuno dei quattro slam.
Il divario in classifica tra Federer e Djokovic è piuttosto esiguo e la stagione indoor diventa arbitro della volata per il titolo di fine anno. Lo svizzero perde in semifinale a Shanghai da Murray e in finale a Basilea con Juan Martin Del Potro (uno che invece quando affronta il leader della classifica sa farsi rispettare, essendo alla quinta vittoria in undici confronti) mentre Djokovic infila uno dietro l’altro Pechino e Shanghai e, pur scivolando al debutto a Bercy contro Querrey, sa già che alle ATP Finals di Londra sarà di nuovo il numero uno con un margine di punti che gli garantirà di esserlo anche a fine 2012. Tuttavia, per legittimare il trono, Djokovic infila cinque vittorie, l’ultima delle quali è la finale proprio contro Federer che si conclude con lo score di 7-6/7-5 non senza rimpianti da parte di Roger, avanti di un break in entrambi i set e comunque autore di una buona prestazione.
L’inizio della nuova stagione (2013) conferma la superiorità di Djokovic che si conferma campione all’Australian Open e di slancio vince anche a Dubai ma nei due 1000 tra California e Florida incappa in sconfitte inattese, soprattutto quella con l’ormai 35enne Tommy Haas a Miami. L’unica volta in carriera che il tedesco aveva battuto un numero uno era stato nel 1999, quando sconfisse Agassi alla Grand Slam Cup. Nonostante i passi falsi, la forbice in classifica nei confronti degli inseguitori si allarga (sono quasi 4000 punti dopo Miami) in quanto Federer è entrato nel suo anno peggiore e sta raccogliendo solo sconfitte, tanto che al momento è scivolato al terzo posto superato – sia pur di appena 80 punti – da Andy Murray.
Come vedremo in seguito, non sono lo scozzese e lo svizzero il vero pericolo per Djokovic che invece ottiene una significativa vittoria a Montecarlo (la prima in carriera) battendo in finale il redivivo Nadal. Lo spagnolo è tornato nel circuito dopo otto mesi di assenza ma ha preferito saltare Melbourne e fare il rodaggio nei tornei sudamericani sulla terra rossa; dal suo rientro, Rafa ha giocato solo finali perdendo a Vina del Mar (con Zeballos) e vincendo a San Paolo, Acapulco e anche sul cemento di Indian Wells. Considerato che lo spagnolo veniva da 18 vittorie consecutive, la sconfitta in uno dei suoi regni è sorprendente, anche se patita contro il n°1 del mondo, ma Nadal non si scoraggia e riprende a macinare titoli (Barcellona, Madrid, Roma) fino a ritrovare il rivale in semifinale al Roland Garros. A Parigi, Djokovic ci è arrivato con altre due sconfitte sul groppone; la prima a Madrid per mano del giovane bulgaro Grigor Dimitrov, i cui colpi ricordano molto da vicino Federer, e la seconda a Roma contro Berdych.
Alla semifinale del Roland Garros con Djokovic, Nadal arriva con un record incredibile di 57 vinte e 1 persa ma questa volta è veramente vicino alla sconfitta. Dopo aver sprecato l’opportunità di chiudere in quattro set (due volte in vantaggio di un break, due volte recuperato e superato al tie-break del quarto parziale), nel quinto Djokovic mantiene un break di vantaggio fino all’ottavo gioco e qui si fa strappare la battuta anche in seguito a un banale tocco della rete dopo uno smash vincente. Nella prosecuzione della sfida, lo spagnolo torna a galla e chiude 9-7, completando l’opera in finale contro il connazionale Ferrer.
Il duello è rimandato a Wimbledon ma sull’erba lo spagnolo ha ancora troppe incertezze e perde al debutto contro Darcis mentre Djokovic migliora la semifinale dell’anno precedente ma è costretto a soccombere con Murray, finalmente campione anche nel major della sua Gran Bretagna, dopo esserlo stato nel torneo olimpico.
Il giorno dopo Wimbledon, Djokovic ha ancora 3000 punti di vantaggio su Murray e quasi 6000 su Nadal, che è quarto dietro a Ferrer e davanti a un Federer in caduta libera. Però, da qui in avanti, l’iberico non avrà più punti da difendere mentre il serbo dovrà fare i conti con diverse cambiali in scadenza. È pur vero che Nadal non potrà più sfruttare il vantaggio della terra rossa e dovrà andarsi a cercare i punti sul duro, ma evidentemente il riposo gli ha fatto bene e la sua estate americana è perfetta con la prestigiosa tripletta Montreal-Cincinnati-US Open, impreziosita da due vittorie sullo stesso Djokovic, che in Ohio si fa sorprendere anche dal gigante buono John Isner. Ovviamente, lo scenario nel ranking è completamente cambiato ma il titolo a Flushing Meadows non consente ugualmente a Nadal di tornare in testa al ranking, sia pur per un soffio: 10860 punti contro i 10980 di Djokovic.
È un paradosso che lo spagnolo continui ad essere secondo dopo queste imprese a ripetizione e gli riesca invece il sorpasso a Pechino, dove il numero 1 Djokovic torna a batterlo piuttosto nettamente in finale (6-3/6-4) ma per il gioco degli scarti si vede retrocesso al secondo posto. La clamorosa rincorsa di Nadal, dunque, ha avuto il suo meritato premio e le cifre parlano da sole: 13 finali (di cui 10 vinte) in 14 tornei giocati! Una cosa mai vista, o quasi. Il nuovo leader però paga il prezzo dello sforzo nell’ultima parte della stagione, dove le condizioni di gioco lo rendono maggiormente vulnerabile. Nei due 1000 rimanenti Nadal perde in semifinale con Del Potro (Shanghai) e Ferrer (Bercy) ma alle ATP Finals è intenzionato a prendersi l’unico grande torneo che manca alla sua collezione. Giunto in finale con autorità, battendo i resti di Federer in semifinale, paga la maggior attitudine alla superficie di Djokovic che lo regola nuovamente per 6-3/6-4 e chiude alla grande il 2013 con un poker di prestigiosi successi (Pechino, Shanghai, Bercy e Londra) mantenendosi a meno di mille punti dal primo giocatore del ranking. Dopo il 2008 e il 2010, Nadal chiude la terza stagione in carriera da numero uno del mondo.
Ovviamente, sempre per effetto degli scarti, il 2014 presenta prospettive quasi opposte per i due tennisti che stanno dominando il ranking. Nadal sarà chiamato ben presto a difendere moltissimi punti mentre Djokovic potrà contare sul recupero parziale in alcuni tornei nei quali l’anno precedente è uscito di scena troppo presto. Lo spagnolo, però, ha tutte le intenzioni di mettere fieno in cascina per i momenti peggiori e per farlo sfrutta il mese di gennaio, durante il quale l’anno precedente era ancora ai box. Così il numero uno vince a Doha e raggiunge la finale all’Australian Open, dove però perde a sorpresa – ma non troppo – con l’altro svizzero, Stan Wawrinka. Cresciuto all’ombra del più illustre connazionale ma in possesso di un rovescio da antologia del tennis, Stan the Man è arrivato tardi alla piena maturazione psicologica e la sua straordinaria vittoria nei quarti contro Djokovic (9-7 al quinto) gli ha fatto capire di poter essere competitivo agli altissimi livelli. E quello che, sulle prime, sembra un exploit irripetibile, come avremo modo di vedere in seguito avrà non una sola replica.
Il bottino conquistato in gennaio permette a Nadal di disertare Vina del Mar, San Paolo e Acapulco, pur avendo punti da difendere, e concentrarsi sul 500 di Rio de Janeiro, che infatti vince regolarmente. Ma da Indian Wells in poi iniziano i guai. In California, lo spagnolo perde al terzo turno con l’eclettico Dolgopolov, un ucraino il cui considerevole talento non trova adeguato conforto nel fisico, spesso soggetto ad infortuni. Intenzionato a recuperare subito terreno, il numero uno scende in campo anche a Miami (dove l’anno precedente non era andato) e conquista una importante finale, in cui però subisce un doppio 6-3 da Djokovic, che aveva trionfato anche a Indian Wells. Nonostante tutto, dopo l’accoppiata di 1000 statunitensi Nadal ha ancora quasi duemila punti di vantaggio sul serbo ma l’erosione prosegue anche sulla terra, dove l’iberico incappa in un paio di passi falsi. Sia a Monte Carlo che a Barcellona sono due connazionali a fermarlo a livello di quarti di finale; il primo è Ferrer, che torna a batterlo sul rosso dopo dieci anni, mentre il secondo è Nicolas Almagro, alla prima e unica vittoria sul mancino di Manacor in sedici testa a testa.
Dopo esser tornato al successo a Madrid, dopo una finale in cui viene dominato per un set e mezzo da Nishikori prima che il giapponese accusi un infortunio muscolare che lo costringe al ritiro nel terzo parziale, Nadal ritrova Djokovic nelle finali di Roma e Parigi; in Italia perde dopo aver conquistato il primo set mentre al Roland Garros ribalta l’esito e mordicchia il nono trofeo in dieci anni recuperando da 0-1 e vincendo al quarto. Il giorno dopo, 9 giugno, lo spagnolo è ancora leader ma con soli 170 punti di vantaggio, un margine pericolosamente esiguo che lo spagnolo cerca di ampliare iscrivendosi al 500 di Halle, dove però perde nettamente all’esordio con il tedesco di Giamaica Dustin Brown. Spettacolare e funambolico, sull’erba Brown rappresenta quanto di più indigesto ci possa essere per Nadal e avrà modo di ribadire il concetto anche l’anno successivo, nientemeno che a Wimbledon.
Per restare al 2014, proprio alla fine dei Championships londinesi arriva il sorpasso in classifica mondiale. Mentre il numero uno perde di nuovo, a distanza di un anno, da un collega classificato oltre la centesima posizione del ranking ATP (Darcis era 135, Kyrgios è 144), Djokovic fa suo il torneo superando il redivivo Federer in una bellissima finale chiusa al quinto set. Così, il 7 luglio, il serbo si riprende lo scettro.
Per finire questo capitolo, però, è doveroso spendere due parole su Nick Kyrgios, il diciannovenne di Canberra arrivato a Wimbledon dopo aver vinto il challenger di Nottingham partendo dalle qualificazioni e autore di una clamorosa prestazione al secondo turno contro Gasquet, battuto 10-8 al quinto dopo aver rimontato da 0-2. Contro Nadal, il giovane aussie mette in mostra tutta la sua freddezza nei momenti importanti e chiude a suo favore i due tie-break che, uniti al 6-3 del quarto set, gli daranno la vittoria; 37 ace e quasi il 90% di punti vinti con la prima sono i numeri più eclatanti di una sfida elettrizzante che, come detto, costerà allo spagnolo il bastone del comando.
Nella prossima puntata scopriremo se l’abdicazione a favore di Djokovic è temporanea o duratura.
TABELLA SCONFITTE N.1 ATP – VENTIQUATTRESIMA PARTE
ANNO | NUMERO 1 | AVVERSARIO | PUNTEGGIO | TORNEO | SUP. |
2012 | DJOKOVIC, NOVAK | FEDERER, ROGER | 36 63 46 36 | WIMBLEDON | G |
2012 | FEDERER, ROGER | MURRAY, ANDY | 26 16 46 | OLIMPIADI LONDRA | G |
2012 | FEDERER, ROGER | BERDYCH, TOMAS | 67 46 63 36 | US OPEN | H |
2012 | FEDERER, ROGER | MURRAY, ANDY | 46 46 | SHANGHAI | H |
2012 | FEDERER, ROGER | DEL POTRO, JUAN MARTIN | 46 76 67 | BASILEA | H |
2013 | DJOKOVIC, NOVAK | DEL POTRO, JUAN MARTIN | 64 46 46 | INDIAN WELLS | H |
2013 | DJOKOVIC, NOVAK | HAAS, TOMMY | 26 46 | MIAMI | H |
2013 | DJOKOVIC, NOVAK | DIMITROV, GRIGOR | 67 76 36 | MADRID | C |
2013 | DJOKOVIC, NOVAK | BERDYCH, TOMAS | 62 57 46 | ROMA | C |
2013 | DJOKOVIC, NOVAK | NADAL, RAFAEL | 46 63 16 76 79 | ROLAND GARROS | C |
2013 | DJOKOVIC, NOVAK | MURRAY, ANDY | 46 57 46 | WIMBLEDON | G |
2013 | DJOKOVIC, NOVAK | NADAL, RAFAEL | 46 63 67 | CANADA OPEN | H |
2013 | DJOKOVIC, NOVAK | ISNER, JOHN | 67 63 57 | CINCINNATI | H |
2013 | DJOKOVIC, NOVAK | NADAL, RAFAEL | 26 63 46 16 | US OPEN | H |
2013 | NADAL, RAFAEL | DEL POTRO, JUAN MARTIN | 26 46 | SHANGHAI | H |
2013 | NADAL, RAFAEL | FERRER, DAVID | 36 57 | PARIGI BERCY | H |
2013 | NADAL, RAFAEL | DJOKOVIC, NOVAK | 36 46 | MASTERS | H |
2014 | NADAL, RAFAEL | WAWRINKA, STAN | 36 26 63 36 | AUSTRALIAN OPEN | H |
2014 | NADAL, RAFAEL | DOLGOPOLOV, ALEXANDER | 36 63 67 | INDIAN WELLS | H |
2014 | NADAL, RAFAEL | DJOKOVIC, NOVAK | 36 36 | MIAMI | H |
2014 | NADAL, RAFAEL | FERRER, DAVID | 67 46 | MONTE CARLO | C |
2014 | NADAL, RAFAEL | ALMAGRO, NICOLAS | 62 67 46 | BARCELLONA | C |
2014 | NADAL, RAFAEL | DJOKOVIC, NOVAK | 64 36 36 | ROMA | C |
2014 | NADAL, RAFAEL | BROWN, DUSTIN | 46 16 | HALLE | G |
2014 | NADAL, RAFAEL | KYRGIOS, NICK | 67 75 67 36 | WIMBLEDON | G |
- Nastase e Newcombe
- Connors
- Borg e ancora Connors
- Bjorn Borg
- Da Borg a McEnroe
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- McEnroe e il duello per la vetta con Lendl
- Le 157 settimane in vetta di Ivan Lendl
- Mats Wilander
- Lendl al tramonto e l’ultima semifinale a Wimbledon
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- Il biennio 1993-1994, da Jim Courier a Pete Sampras
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