Intorno alla metà degli anni Venti, un fatto epocale oscurò persino la quotidiana esternazione del Governatore della Campania: la conferenza stampa in cui Federer, Nadal, Murray e Djokovic annunciarono al mondo la loro decisione di appendere all’unisono la racchetta al chiodo.
A vent’anni di distanza da quel fatidico giorno cosa fanno e come stanno i quattro giocatori più forti del secolo? Noi abbiamo la risposta.
Roger Federer vive con la consorte in una magnifica tenuta sulle colline di Genova. Ha trasformato i campi da tennis della villa in terreno coltivato a basilico con il quale produce il pesto “W10”, chiaro omaggio al numero dei suoi trionfi a Wimbledon. Colleziona mortai antichi e – quando il richiamo della racchetta si fa irresistibile – si reca a Finale Ligure per fare qualche palleggio dalla terrazza con Vittoria e Carola.
Rafael Nadal per alcuni anni si dedicò al golf. Poi, durante una sosta fortuita in un’osteria italiana, rimase folgorato dalla visione di una partita a briscola. Nella sua autobiografia narra così quel momento epifanico: “Nell’esatto istante in cui vidi uno dei giocatori grattarsi compulsivamente il naso e il suo compagno strofinarsi di rimando l’orecchio, ebbi l’illuminazione. Capii che la mia carriera tennistica non era stata altro che un lungo periodo di iniziazione per giungere a una meta più alta: la vittoria al campionato del mondo di briscola”. Vittoria che è poi puntualmente arrivata nel 2040 ai Campionati del Mondo di Brisighella in coppia con lo zio Toni, nella specialità detta “a chiamata”.
Sir Andrew Barron Murray dopo il ritiro indossò i panni di ambasciatore della bellezza del tennis femminile nel mondo. Un fragoroso coro di risate seppellì la nobile iniziativa e lui – sdegnato – si ritirò a vita privata nella sua principesca magione nel Surrey. Non è felice. I nobili suoi pari lo invitano alle feste solo perché sperano che li intrattenga suonando la batteria; Andy non riesce a fargli capire che “Fab Four” era soltanto un appellativo evocativo. O forse fingono di non capire.
Novak Djokovic è il re del cibo vegano; il suo filetto di tofu da 208 settimane è in testa alla classifica dei cibi più venduti nel mondo, otto in più del pesto di Federer. Combatte ancora in difesa dei diritti dei lavoratori meno fortunati; attualmente è Segretario della FIOM monegasca.
I quattro non si vedono e non si sentono da tempo, anche se Federer sospetta che ci sia la mano di Nole dietro il telegramma anonimo che gli arriva regolarmente il 14 luglio di ogni anno con la scritta: “buon anniversario”.
E mentre loro si godono i frutti dei sacrifici di gioventù, come se la passa lo sport che gli regalò onori e gloria imperituri? Molto male. Nel momento in cui la nostra storia ha inizio il tennis vive la sua ora più buia.
Un imprenditore francese approfittò dell’uscita di scena dei quattro senatori per stravolgere le regole che da oltre un secolo sovraintendevano allo svolgimento del gioco. Le sue ragioni? Attrarre i giovani al tennis e rassicurare così gli sponsor, convinti che questo sport fosse ormai appannaggio esclusivo di un pubblico di ottuagenari.
A seguito delle modifiche introdotte l’attuale durata media di un incontro è di 32 minuti; il limite massimo è di 45 scaduti i quali la vittoria viene assegnata di diritto al giocatore più telegenico. A vedere le partite dal vivo vanno ormai da tempo soltanto gli addetti ai lavori e spesso controvoglia. Secondo i più recenti sondaggi il profilo dello spettatore-tipo è ora quello di un giovane di età compresa tra 15 e 20 anni squattrinato. Appena saputolo gli sponsor hanno cominciato a rivolgere le loro attenzioni economiche ad altri sport. La mancanza di fondi si fa sentire.
Nell’ambiente si sussurra che dalla prossima stagione i Championships si disputeranno su una superficie in granulato di gomma riciclata per risparmiare sui costi di manutenzione dei campi.
Ma quando tutto sembra ormai perduto ecco che un capitano coraggioso decide di scendere in campo. Di lui si conosce solo il nome di battaglia: “Ubaldo”. Ce la farà il nostro eroe a salvare il tennis? La risposta al secondo atto.