Sascha Bajin
Veniamo a Sascha Bajin e Karolina Pliskova. Bajin rappresenta un rarissimo caso di allenatore diventato famoso prima ancora di essere allenatore. Si era infatti già fatto un nome mentre era soltanto l’hitting partner di Serena Williams, con tanto di articoli su diversi media, New York Times incluso.
E quando nel 2015 Bajin aveva lasciato Williams per spostarsi nel team di Azarenka, di nuovo i media (dal New York Times a Ubitennis) ne avevano parlato. Bajin nel 2017 passa nel team di Caroline Wozniacki, ed è al suo angolo in occasione del successo di Caroline al Masters di Singapore.
Il salto di responsabilità da hitting partner a coach avviene però solo quando lo assume Naomi Osaka. La notizia è del dicembre 2017, e precede l’enorme progresso compiuto da Osaka l’anno successivo. Nell’arco della sola stagione 2018 Naomi passa da numero 70 a numero 3 del ranking, dopo avere vinto Indian Wells e US Open, al termine della finale giocata proprio contro Williams, ex datrice di lavoro di Bajin.
A fine 2018 Bajin vince il premio di coach dell’anno, e continua il momento d’oro all’inizio del 2019: Naomi conquista il secondo Slam consecutivo (Australian Open) e la vittoria in finale le permette di diventare numero 1 del mondo. Tutto sembra procedere per il meglio, e invece, subito dopo il successo a Melbourne, Osaka annuncia la fine della collaborazione con Sascha. Sulle ragioni di questa separazione se ne sono scritte di tutti i colori, e basta scorrere alcuni post in calce all’articolo di Ubitennis per avere un piccolo spaccato sulla varietà di retroscena ipotizzati.
Al di là di tutto, a distanza di quasi due anni si può dire che la loro collaborazione ha segnato in modo profondo quel periodo tennistico, e sicuramente ha giovato a entrambi. Resta come sempre difficile identificare i meriti delle parti in causa. Osaka ha compiuto il salto di qualità fra i 20 e i 21 anni, una età perfettamente compatibile con il progresso naturale di qualsiasi atleta. Però liquidare il tutto come crescita fisiologica sarebbe ingeneroso nei confronti del coach di allora.
Se ragioniamo sul piano strettamente tecnico, per quanto mi riguarda sono rimasto particolarmente colpito da alcuni concetti espressi da Bajin durante una conferenza stampa tenuta allo US Open 2018. Bajin aveva detto: “Naomi ha sempre avuto grande potenza, anche prima che arrivassi io. Ma non aveva del tutto chiaro come gestirla e controllarla. Forse non sapeva quando era il momento giusto di “premere il grilletto” e quando invece no. Forse non sapeva che ci sono anche altri modi per esercitare pressione sull’avversaria, semplicemente lavorando sul ritmo della palla. Dunque quello che ho cercato di fare è mantenere la sua potenza grezza, facendole però capire che ci sono anche altri mezzi per mettere in difficoltà l’avversaria”.
Ecco, ho trovato una stretta corrispondenza tra quelle frasi pronunciate nel settembre 2018 e i cambiamenti tecnico-tattici di Osaka nello stesso periodo, al punto da rendere per me quasi obbligatorio attribuire una parte di meriti a Bajin. (Ne avevo parlato estesamente QUI). La trasformazione da giocatrice che per mettere in difficoltà l’avversaria si affidava soprattutto al rischioso cambio in lungolinea, a giocatrice capace di sfruttare con acume le differenze più sottili tra lo stesso tipo di colpo incrociato, mi è sempre sembrata collegata a quelle affermazioni del suo coach. Ma naturalmente si tratta di congetture, non suffragate da elementi oggettivi e inconfutabili.
Dopo la separazione, Bajin ha allenato per periodi più brevi Kiki Mladenovic e Dayana Yastremska. Durante la seconda parte di 2019 Mladenovic ha avuto un leggero miglioramento di risultati, ma sinceramente non saprei individuare evidenti cambiamenti tecnico-tattici. Cosa del tutto coerente, per altro, con il poco tempo trascorso insieme.
Per quanto riguarda Yastremska nel 2020, la valutazione è resa ardua dalla stagione monca, caratterizzata da pochi tornei. Bilancio di 17 vittorie, 12 sconfitte, una finale raggiunta all’esordio a Brisbane e poi uno sviluppo nei loro rapporti non proprio idilliaco.
Nell’era dei social, Bajin si è fatto notare per alcuni tweet che lasciano trasparire rimpianto per il periodo vissuto con Naomi. In particolare nel mese di agosto 2020: Osaka sconfigge Yastremska nel torneo di Cincinnati per 6-3, 6-1 e Bajin scrive via Twitter “Congratulazioni a Naomi Osaka e al suo team. Oggi è stata la migliore giocatrice e buona fortuna per il resto del torneo”. Subito sotto Yastremska replica: “Avevo sempre pensato che ai tuoi occhi fossi la migliore giocatrice, anche quando perdo”. Frase che testimonia un evidente disappunto. Anche per questo non ha sorpreso la separazione annunciata un paio di settimane dopo.
E così siamo finalmente arrivati alla notizia del nuovo “Team Pliskova”, con l’approdo di Sascha come coach. Dopo gli straordinari risultati ottenuti insieme a Osaka, Bajin non è riuscito a fare lo stesso con Mladenovic e Yastremska. Per questo potrebbe diventare molto importante per il suo credito tra gli addetti ai lavori fare bene con Pliskova.
Come mai con Kiki e Dayana non è riuscito a lasciare un autentico segno positivo? Prima risposta, ovvia: dipende dal superiore talento di Naomi. Ma sono possibili anche spiegazioni alternative, collegate ai rapporti umani, ai caratteri differenti. Oppure potrebbe esserci una ragione più strettamente tecnica: potrebbe essere che la lunga esperienza (otto anni) avuta da Bajin come hitting partner di Serena Williams si sia rivelata ideale per migliorare una giocatrice come Osaka, che possiede caratteristiche fisico-tecniche per certi aspetti affini a quelle di Serena. Mentre è difficile che lo stesso approccio risulti ugualmente redditizio con tenniste molto più lontane da Williams sia sul piano tecnico che fisico come Mladenovic, Yastremska, e, per il futuro, Pliskova.
Altri elementi che differenziano profondamente Naomi da Karolina sono l’età e il momento di carriera. Osaka era una giovane agli inizi, di riconosciuto talento, ma con un palmarès ancora ridottissimo. Pliskova invece è una ex numero 1 del mondo di quasi 29 anni, che è alla ricerca dell’ultimo salto di qualità, che nel suo caso significa vincere lo Slam.
Proviamo a tornare alle vicende dei coach citati prima. Carlos Rodriguez dopo avere accompagnato al successo Justine Henin è stato in grado di far bene anche con una giocatrice più anziana e già affermata come Li Na (vittoria all’Australian Open 2014). Però va ricordato che Li Na un Major lo aveva già conquistato prima della loro collaborazione. Radwanska, al contrario, non è mai riuscita a vincere lo Slam rincorso per tutta la carriera, nemmeno con l’aiuto di Martina Navratilova.
Insomma, non può essere la storia a suggerire in anticipo cosà accadrà per Pliskova/Bajin. Una cosa però mi sento di prevederla: per trasformarsi in un rapporto tecnico fruttuoso, occorre che Bajin si sia davvero lasciato alle spalle il rimpianto per la separazione con Osaka; perché, in un’epoca così competitiva come quella attuale, solo dedicandosi totalmente all’impegno presente è possibile dare il meglio. E con tante giovani in rampa di lancio (Osaka, Kenin, Andreescu, Swiatek etc.) non sarà semplice vincere i titoli più prestigiosi per qualsiasi giocatrice della generazione più anziana, Pliskova inclusa.