L’approdo nei tornei WTA
L’anno successivo, il 2017, è quello dell’ingresso fra le prime cento del ranking WTA. A 22 anni compiuti non lo si può considerare un traguardo precoce, ma nemmeno così tardivo da trasformarsi nel picco di carriera: c’è ancora tutto il tempo per fare meglio. Il suo programma stagionale prevede ancora un mix tra tornei WTA e tornei ITF, che le permette buoni risultati, ma che forse non l’aiuta a progredire, perché naturalmente negli ITF non può misurarsi contro le giocatrici più forti. Per esempio invece di affrontare le qualificazioni a Indian Wells e Miami preferisce giocare (e vincere) in marzo i due 60K di Shenzhen e Croissy Beaubourg.
A dispetto delle preferenze, lo Slam dove fa meglio è Parigi; in due quasi-derby contro giocatrici ceche, batte Siniakova in tre set e sempre in tre set perde da Pliskova. Ricordo che il Roland Garros 2017 vedrà Pliskova in semifinale (e il successo di Ostapenko). Con un bilancio di 33 vittorie e 25 sconfitte chiude la stagione da numero 69 della classifica.
Il 2018 è di assestamento: aumenta gli impegni a livello WTA, ma ha qualche problema a trovare continuità contro le nuove avversarie di valore più alto. Per esempio all’Australian Open perde 6-0 6-1 da Madison Keys. Una giocatrice così aggressiva, che la obbliga a un tennis di contenimento (tennis che non è nella indole di Alexandrova) si rivela un ostacolo ancora troppo alto per le sue forze del momento.
A salvarla è ancora una volta l’arrivo dell’autunno con la stagione indoor: a Linz parte dalla qualificazioni e raggiunge la finale dopo aver battuto nomi importanti come Siniakova (7-5 6-0), Pavlyuchenkova (6-3, 7-5) e Petkovic (0-6, 6-4, 6-0). Perde in finale contro Camila Giorgi (6-3, 6-1), altra giocatrice che si trova bene al coperto. Poi, come detto, bissa il successo a Limoges. Ottiene così punti fondamentali per confermare una posizione attorno al settantesimo posto in classifica (numero 71).
Il maggiore salto di qualità avviene nel 2019. Abbandona definitivamente i tornei ITF, e affronta per intero il tipico calendario WTA. Chiude l’anno con un ottimo bilancio di 42 vinte e 27 perse, dopo aver raggiunto 8 quarti di finale e 4 semifinali: segno che la consistenza rispetto al 2018 è nettamente aumentata. Comincia anche a battere con una buona frequenza avversarie Top 20: Wozniacki a Indian Wells, Bencic e Mertens sull’erba, oltre che una Halep con problemi alla schiena a Pechino.
Il 2020, prima che il Covid guasti tutto, le permette di conquistare due nuovi traguardi. Comincia con il primo successo in carriera in un torneo WTA: in gennaio a Shenzen, dopo aver battuto giocatrici di altissimo livello come Muguruza e Rybakina.
Il secondo è la convocazione in Fed Cup per la Russia. Ekaterina negli anni precedenti aveva perfino pensato di cambiare nazionalità sportiva e in un paio di interviste aveva raccontato di essersi informata sulle procedure burocratiche necessarie per trasferirsi sotto la bandiera della Repubblica Ceca. Poi non se ne era fatto nulla; probabilmente perché era difficile ipotizzare un grande interesse nei suoi confronti da parte della federazione ceca, viste le tante alternative locali a disposizione.
E invece, dopo il ritiro di Sharapova, la crisi di Kasatkina, gli arretramenti di Kuznetsova e Pavlyuchenkova, Alexandrova è ormai numero 1 di Russia. E decide di rispondere alla prima convocazione della “madre patria”. È il febbraio 2020. In Fed Cup il team che schiera come singolariste Alexandrova e Kudermetova supera 3-2 una rimaneggiata Romania (con Bogdan e Ruse in singolare); Ekaterina vince i suoi due match rimediando alla controprestazione di Kudermetova (che perde due volte).
Shenzhen di gennaio a parte, i tornei nei quali riesce a fare meglio nel menomato 2020 sono ancora una volta indoor: semifinali a San Pietroburgo in febbraio, e a Linz in autunno. Come già nei due anni precedenti, ancora le manca la seconda settimana in uno Slam, visto che non è mai riuscita ad andare oltre il terzo turno.
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