L’opzione di far giocare i match al meglio dei cinque set anche nel circuito femminile non è mai stata considerata seriamente. Lo pensa anche Amelie Mauresmo, che in un’intervista a Eurosport ha voluto dare un parere autorevole sull’argomento. “Mi sarebbe piaciuto giocare una finale Slam al meglio dei cinque set” ha detto la campionessa francese. Nelle due finali Major disputate in carriera, ha sollevato il titolo entrambe le volte contro Justine Henin, all’Australian Open e a Wimbledon nel 2006.
Se probabilmente il passaggio al tre su cinque in tutti i match di un torneo dello Slam sarebbe troppo repentino, Mauresmo consiglia che si potrebbe adottare la formula utilizzata nel maschile almeno nell’ultimo atto: “Per iniziare, sono assolutamente a favore che le donne giochino al meglio dei cinque set in una finale Slam. Penso che questo possa elevare il tennis femminile a un altro livello, sia fisico che sportivo“.
Non se la sta passando troppo bene Andy Murray, ex allievo di Mauresmo nel biennio 2014-2016. Lo scozzese ha contratto il Covid-19 poco prima di partire per l’Australia e non potendo arrivare in tempo a Melbourne per svolgere la quarantena, non disputerà il prossimo Australian Open. Inizialmente l’impatto con il Tour maschile, dove iniziava a lavorare, non è stato semplice, ha raccontato: “Non ho avuto un’accoglienza felice da parte dei giocatori, dagli altri allenatori e dagli altri membri dello staff di Andy. Ma con lui è andato tutto molto bene. Penso che non mi rispettassero per essere una donna e per non aver mai allenato prima. Nessuno mi ha regalato nulla, ho imparato sul campo ad allenare e ho lavorato duro per colmare il gap e sentirmi al loro livello, ma poi tutto è andato bene. È stata una bella esperienza“.
Amelie ricorda però con piacere il comportamento di Murray e la sua decisione di ingaggiarla: “Quando è venuto a cercarmi pensavo fosse uno scherzo. Dopo il suo lavoro con Ivan Lendl, che era molto più bravo di me, non sapevo cosa potessi dargli io come coach. Non era mai successo nel tennis maschile, o quasi mai. Sentivo perciò una grande responsabilità nei confronti delle donne: non potevo sbagliare”.