K. Kanepi b. [4] S. Kenin 6-3 6-2
Ci sarebbe voluta davvero molta fantasia, o fede incrollabile nelle capacità della trentacinquenne di Haapsalu, per immaginare l’esito di Kenin-Kanepi dopo aver visto il primo game. Un game nel quale la campionessa in carica dell’Australian Open si era presentata con un sontuoso rovescio lungolinea vincente e non aveva centrato il break (nonostante tre occasioni) più per suoi demeriti che per meriti di Kanepi.
Sembrava solo questione di tempo, insomma, e invece non solo quel break non è mai arrivato – la giocatrice estone avrebbe poi annullato le altre palle quattro break concesse, per un totale di sette – ma è stata la numero 4 del mondo a cedere il servizio tre volte nell’arco della partita, perdere 6-3 6-2 in poco più di un’ora e quindi abbandonare lo scettro di campionessa in carica nel cuore della notte italiana.
“Mi sentivo come se tutti mi stessero chiedendo ‘Vorresti vincere ancora? Ti ci vedi lì fuori a vincere di nuovo?’. Ovviamente sì. Ma nel modo in cui ho giocato oggi, no” ha detto Sofia in conferenza senza riuscire a trattenere le lacrime. È stata una scena molto tenera, e molto umana, che ha reso lampante la causa principale di questa sconfitta. “Sapevo che non sarei riuscita a gestire davvero la pressione” ha ammesso qualche istante più tardi, con gli occhi ancora lucidi. “Ovviamente non sono abituata a questo, quindi devo solo capire come giocare al livello a cui posso giocare. Perché oggi semplicemente non c’ero“.
Occorre non dimenticare però che dall’altra parte della rete c’era una che di professione fa esattamente questa cosa: battere le favorite, se possibile negli Slam. Nella sua carriera Kanepi non è sempre riuscita a mantenere un livello di gioco costante, ma ha sempre avuto tempra e colpi per battere qualunque avversaria. Kenin è la tredicesima top 10 battuta da quando tiene in mano la racchetta, la seconda quest’anno poiché in uno dei tornei di preparazione all’Australian Open – prima di raggiungere la finale – Kanepi ha battuto Sabalenka.
Per ripetersi quest’oggi le è ‘bastato’ bucare tre volte il servizio avversario. Ci è riuscita nel quarto game del primo set, approfittando di un paio di regali di rovescio di Kenin – emblematico il colpo che è valso il 3-1, finito ampiamente in corridoio – e poi due volte nel secondo. Sull’1-1 del secondo set Kenin aveva aperto le danze con uno dei migliori colpi della sua partita, un gran rovescio in contropiede, lasciandosi però aggredire sin dal quindici successivo. E regalando ancora con il rovescio, come una campionessa in carica proprio non dovrebbe fare se intende difendere il suo scranno. Ma Sofia, in quel momento, non era già più in campo con la testa. Si trovava piuttosto in un non-luogo composto dalle sue stesse insicurezze, che le hanno impedito di reagire. Kanepi non ha dovuto fare altro che lasciar sanguinare la ferita, e pochi minuti più tardi si è guadagnata l’accesso al terzo turno con un ace a uscire.
Alla fine sono stati ben ventidue gli errori gratuiti di Kenin, un terzo dei punti vinti dalla sua avversaria. Abbastanza da fare in modo che l’Australian Open femminile, per l’ottavo anno consecutivo, possa avere una campionessa diversa dall’edizione precedente (l’ultima doppietta back to back l’ha firmata Azarenka nel biennio 2012-13). Abbastanza da offrire a Vekic e Brady, che orbitano nello spicchio di tabellone ora orfano di Kenin, la ghiotta opportunità di agguantare i quarti di finale. Sempre che Kaia Kanepi non decida di continuare a indossare il mantello dell’ammazza-big: in fondo, proprio l’Australian Open è l’unico Slam in cui non è mai riuscita ad arrivare tra le prime otto (ci è riuscita sei volte, due per Slam, negli altri tre). Sarebbe il caso di chiudere il cerchio.