TSITSIPAS vs MEDVEDEV – ORE 9:30
Stefanos Tsitsipas si è qualificato per la terza semifinale Slam della sua carriera, dopo quella sempre qui a Melbourne nel 2019 (vs Nadal) e a Parigi nel 2020 (vs Djokovic). Per la prima volta potrà giocarsi le sue chance contro un giocatore diverso da un Fab 3, Daniil Medvedev, per quanto in fortissima ascesa e in netto vantaggio nei precedenti (5-1 il bilancio). Per riuscirci ha dovuto compiere un’impresa contro Rafael Nadal. Ma la storia raccontata in questo articolo riguarda un episodio accaduto cinque anni fa, poco conosciuto dai media e raccontato da un articolo della BBC.
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Quando Stefanos Tsitsipas è arrivato a Melbourne per l’Australian Open, nel suo bagaglio era stipato anche un legame con il passato. Un oggetto semplice – una maglietta recante una scritta: URSS 1956 – che però aiuta a illustrare qualcosa riguardo alla personalità di uno dei talenti più interessanti nel mondo del tennis.
Nel 1956, il nonno materno di Stefanos, Sergei Salkinov, divenne campione olimpico a Melbourne, giocando come attaccante nella squadra di calcio dell’Unione Sovietica. 65 anni più tardi, il ventiduenne nipote greco che Sergei non ha mai conosciuto compete per la prima vittoria Slam nella stessa città.
La famiglia è fondamentale per Tsitsipas, e così pure lo è l’Australian Open, il torneo nel quale per la prima volta ha mostrato tutto il proprio potenziale sconfiggendo il suo idolo Roger Federer in una cavalcata che lo avrebbe portato alle semifinali, nel 2019. Da allora, Stefanos ha vinto 4 titoli ATP, incluse le ATP Finals del 2019, ed è sesto nel ranking mondiale.
Visto come un erede naturale dell’attuale generazione di campioni, oltre a essere una meraviglia per gli occhi, è una presenza fresca e nuova sia dentro che fuori dal campo. Ma il greco nasconde un lato inaspettato. Nonostante l’immagine sicura ostentata oggi, per lungo tempo il giovane ha dovuto fare i conti con una estrema timidezza e con i postumi di una esperienza che gli è quasi costata la vita, che egli stesso afferma condizionarlo ancora.
La prima parte della storia di Tsisipas è abbastanza banale, per gli standard del mondo del tennis. Inizia a giocare molto giovane, assistito da genitori con esperienza nello sport. Da una parte la madre Julia Apostoli, ella stessa giocatrice professionista, dall’altra il marito Apostolos, maestro di Tennis nella periferia di Atene. “Mia madre era anche la mia allenatrice quando ero più giovane, mi ha insegnato molto, comprese la disciplina, la generosità e la gentilezza”, racconta Stefanos a BBC Sport. “Anche mio padre ha avuto una grossa influenza su di me, e ce l’ha tuttora. Mi ha aiutato a sviluppare il mio gioco. La sua guida e i suoi consigli mi hanno aiutato a maturare”.
Il giovane Tsitsipas era talentuoso, amava giocare e grazie a questo ha raggiunto un successo significativo fin dalla più tenera età – è stato infatti numero uno del ranking juniores. All’età di 16 anni ha cominciato ad allenarsi in un’Academy francese gestita da Patrick Mouratoglou, l’allenatore di Serena Williams. Tuttavia, nella sua storia ci sono alcuni dettagli unici, e almeno uno di questi è particolarmente degno di nota.
Nell’ottobre del 2016, mentre nuotava vicino alle coste di Creta, Tsisipas e un amico sono quasi annegati dopo essere stati sbalzati in mare aperto da una pericolosa corrente improvvisa. Nessuno dei due aveva idea di cosa stesse succedendo. Entrambi cercarono di combattere contro la corrente, con l’unico risultato di esaurire presto le energie. Tsitsipas ha raccontato l’orrore di questa vicenda in un video di nove minuti, fortemente evocativo, nel quale ha descritto con dovizia di particolari il terrore provato durante quella esperienza, di come si sentisse impotente durante quei momenti, e di come abbia dovuto affrontare e accettare il pensiero di non farcela, il tutto mentre alcune immagini della propria infanzia gli balenavano alla mente, incontrollate.
Oggi riflette su come quell’incidente lo abbia cambiato e maturato – aveva compiuto 18 anni solo due mesi prima di quella vicenda – e come lo abbia fatto sentire, da allora in poi, “senza paura” – lo chiama “il giorno in cui avrei dovuto perdere la vita”.
Fu Apostolos a salvare entrambi i giovani. Nuotò verso di loro e in qualche modo riuscì a trarli in salvo. “Quello che accadde fu il risultato di un automatismo insito in tutti gli esseri umani, in particolare in quelli che sono genitori – spiega Apostolos – quando quel meccanismo si attiva, come successe quel giorno, anche i miracoli diventano possibili. Condizione essenziale per cui cose come quella accadano è la fede incondizionata in ciò che stiamo facendo e in ciò che amiamo. Quello che è successo è la conferma della fede e dell’amore che abbiamo l’uno per l’altro, e del fatto che i sacrifici che facciamo non sono vani”.
Nel video su YouTube, Tsitsipas dice di suo padre: “Se avessimo perso la vita quel giorno, avremmo dovuto farlo insieme. È stato un eroe. Quello è stato il giorno in cui ho messo le cose in una diversa prospettiva. Ricordo quanto, a partire da quel momento, sono cambiato psicologicamente”.
Tsitsipas ora si vede come una persona che “comprende la vita in maniera migliore, una persona che prende decisioni migliori”. Una parte di questo processo è stato influenzato da tutto ciò che è successo l’anno passato. “All’inizio del 2020 mi sentivo perso – racconta – non avevo mai affrontato qualcosa di simile a questa pandemia, trovandomi costretto a rimanere lontano dalle competizioni e segregato in casa senza potermi muovere. Ma l’ho vista come un’opportunità per provare cose nuove ed espandere i miei orizzonti, cosa di cui sono molto grato. Mi ha dato tempo per riflettere, per vedere le cose da un punto di vista diverso. Sono maturato molto emozionalmente e mentalmente”.
Questo sviluppo si può notare non solo sul campo, ma anche nei video che pubblica su Youtube, nelle fotografie o nei podcast. Tsitsipas esplora diversi modi di esprimersi. “Per me è un modo di vivere il momento. Mi trasmette molta libertà. Mi sento come se fossi nel mio spazio personale, il mio mondo. È una scappatoia dal mondo del tennis, un hobby che potrebbe portare anche ad un secondo lavoro, un giorno”, racconta.
Crescendo, tuttavia, Stefanos era molto timido, bullizzato dai compagni di scuola. “Non era facile per me approcciarmi alle persone – esordisce Stefanos – ero un buon osservatore e un buon ascoltatore. Ero curioso, molto curioso di sentire quello che la gente aveva da dire, e imparavo dalle persone. Ero molto tranquillo anche in famiglia, sempre in disparte ad osservare il mondo”.
Quella particolarità del suo carattere fu notata anche da Mouratoglou, nel sud della Francia. Il coach francese rappresenta qualcosa di simile a uno spirito affine, da questo punto di vista, avendo vissuto a sua volta una fanciullezza caratterizzata dal carattere timido. “Stefanos ha costruito il proprio mondo interiore – racconta Mouratoglou, il quale assieme ad Apostolos allena Tsisipas ancora oggi – all’inizio, quando è arrivato nel 2015, aveva un carattere molto introverso. Era solito stare in famiglia, lontano dagli altri. Di solito, quando le persone non mostrano le proprie emozioni, costruiscono un mondo interiore solido. In seguito ha compreso che io e lui abbiamo avuto esperienze molto simili, e ne abbiamo parlato. Non penso sia così timido oggi, ha fatto molti progressi”.
Aggiunge il diretto interessato: “Non mi sento timido. Sono una persona a cui piace catturare i momenti della vita, avere i miei pensieri e le mie esperienze trasmesse online perché è così che vanno le cose oggi. Il tennis è uno sport solitario, avere hobby al di fuori di quello è importante per la salute mentale. Anche mio nonno Sergei era un produttore e scrittore cinematografico. Penso che questa passione arrivi dalla parte russa del mio patrimonio genetico”.
Nonostante o forse proprio a causa di un legame così forte, ci sono momenti di tensione anche pubblica all’interno della famiglia Tsitsipas. Alla ATP Cup nel 2020, Stefanos ha colpito accidentalmente il padre mentre distruggeva una racchetta a bordo campo.
Un mese dopo, a Dubai, disse che a volte sentiva che i genitori fossero “decisamente troppo coinvolti” nella sua carriera. Per tutta risposta, la madre decise di partecipare ad una delle sue conferenze stampa, ponendogli una serie di domande inerenti all’importanza della famiglia nel successo, mettendo il giovane in una posizione scomoda.
“Quando Stefanos era più giovane – ammette Apostolos – era tutto più facile; il mio doppio ruolo deve essere riconsiderato in parallelo alla sua crescita. Devo accettare che stia assumendo più responsabilità e prendendo più decisioni. Devo imparare ad ascoltarlo di più. Ha lavorato sodo negli ultimi due anni. Ha giocato parecchi incontri, semifinali, finali, match molto duri che l’hanno aiutato ad accumulare esperienza. Ha preso alcune decisioni in autonomia, scelto alcuni dei dettagli su cui focalizzarsi, e organizzato i protocolli di lavoro suoi e del team. Si sta assumendo le sue responsabilità, sapendo dove vuole arrivare e come farlo. Sono cose che portano nuove energie”.
Stefanos aggiunge: “Va abbastanza bene. Abbiamo una buona chimica. A volte litighiamo, ma a conti fatti non ci separiamo, e siamo sempre presenti l’uno per l’altro. È una persona buona, ha un grande cuore. La mia famiglia è parte della mia stabilità, le devo molto”.
Fino a dove può spingersi Tsitsipas? Tanto per cominciare, sia lui che il suo team hanno grandi aspettative per questo mese. Per certi versi sarebbe il posto perfetto per una prima grande vittoria, data la forte componente greca presente a Melbourne. Forse la Grecia non è mai stata considerata una nazione particolarmente competitiva nel tennis, ma quella mentalità è cambiata proprio grazie alla scalata di Stefanos nel ranking – è già il miglior giocatore nella storia del tennis greco. “Stefanos ha il potenziale per vincere degli Slam”, racconta Mouratoglou, egli stesso con radici greche. Apostolos conferma: “Penso che sia pronto per vincere un torneo dello Slam, anche psicologicamente. Crede nelle proprie capacità, e ancora non vediamo limiti”.
Per Tsitsipas, la sua famiglia e il suo Paese, questa è un’opportunità per scrivere un altro capitolo. “Penso sia solo l’inizio”, dice Stefanos, “Penso che se vincessi uno Slam, renderei mio nonno molto orgoglioso. Se lavorerò abbastanza duro e avrò un po’ di fortuna, sarà possibile. Sarebbe il momento migliore della mia carriera, sicuramente”.
Traduzione a cura di Michele Brusadelli