Non è proprio usuale che un italiano vada a organizzare tornei di tennis all’estero, soprattutto se parliamo della Spagna, un paese cui nessuno può insegnare niente in campo tennistico. Ovviamente stiamo parlando di MEF e di Marcello Marchesini, che ha allestito sull’isola di Gran Canaria due Challenger 80, il primo a partire da lunedì 22 febbraio e l’altro a seguire.
Il campo dei partecipanti è ottimo e ricco di italiani (sette): Musetti, Gaio, Napolitano, Giannessi, Giustino, Moroni, Pellegrino e Bonadio. Senza dimenticare gli specialisti spagnoli della terra battuta – Guillermo Garcia Lopez, Nicola Kuhn e l’intramontabile Tommy Robredo.
Per parlare del torneo, e non solo, abbiamo raggiunto telefonicamente Marcello Marchesini, con il quale avevamo già avuto il piacere di parlare qualche mese fa.
Buongiorno Marcello, certo che con te non ci si annoia.
(Ride, ndr). Te lo avevo detto che ho un carattere vulcanico.
Raccontaci com’è nata questa avventura.
La cosa è partita in maniera assolutamente casuale. Al Challenger di Parma 2 in novembre, mia moglie (oltre a diverse persone dello staff e al tennista francese Constant Lestienne, ndr) ha preso il Covid. Mentre era in convalescenza abbiamo pensato che ci eravamo proprio meritati una bella vacanza. Io, avendo lavorato nel turismo, conoscevo benissimo le isole Canarie, tutte tranne Gran Canaria che è diventata subito il nostro obiettivo.
Bel posto, bel clima, ma niente a che vedere col torneo.
Vero, almeno fino a che non ho guardato in agenda per controllare se conoscevo qualcuno del posto e ho scoperto che David Marrero (ex tennista spagnolo n.5 ATP in doppio nel 2012) era nato proprio lì. Visto che lo conosco perché nel 2009/10 ha giocato un paio di Challenger a Todi, gli ho telefonato. L’intenzione era di chiedergli qualche informazione turistica, poi, sai com’è (ride, ndr), ci siamo messi a parlare di tennis e l’idea di organizzare qualcosa sull’isola ha cominciato a ronzarmi in testa.
Problemi di concorrenza con gli organizzatori spagnoli?
Per niente, pensa che appena la notizia è trapelata mi ha telefonato la Federazione Spagnola, talmente entusiasta che mi ha proposto un contratto triennale. Allora, verso fine dicembre, sono andato a fare un sopralluogo e ho incontrato il Patronato del Turismo e quello dello Sport del Cabildo di Gran Canaria (praticamente i nostri assessorati, ndr) e in 10 minuti abbiamo trovato un accordo. L’isola vive di turismo e il Covid gli ha inflitto un durissimo colpo. Così due tornei di tennis di rilevanza internazionale gli sono sembrati un’ottima occasione di rilancio. La mossa decisiva è stata poi quando gli ho promesso che promuoverò l’isola anche nei miei tornei in Italia.
Tu sei sul posto da più di un mese, ci sono stati problemi particolari?
È stata una vera fortuna che sia venuto per tempo, perché il rapporto con le banche è stato molto problematico. Se non hai il N.I.E. (Numero de Identidad de Extranjero, ndr) non puoi fare assolutamente niente, nemmeno comprarti una scheda telefonica, tantomeno aprire un conto corrente. Puoi capire che noi, dovendo avviare un’attività e, tra le altre cose, provvedere alla linea internet per le riprese streaming, ci siamo trovati in grande difficoltà. E nonostante avessi il pieno appoggio della municipalità e il contratto firmato con la Federazione, la banca ha avuto un approccio molto burocratico. Per avere questo N.I.E. ci vogliono mediamente diversi mesi (devi risiedere qui da tempo, avere un lavoro etc.), io per fortuna sono riuscito ad abbreviare di molto i tempi e, una volta aperto il conto, tutto è filato a meraviglia.
Hai trovato degli sponsor?
Solo un paio: un’assicurazione spagnola e un’azienda di Las Palmas. Ma la cosa importante era partire e creare un’abitudine. Se credo in una cosa posso anche investire del mio. La municipalità comunque è convintissima tanto che Francisco Castellano (Assessore allo sport) e Carlos Alamo (Assessore al turismo) ci hanno proposto un accordo triennale. Io, per il momento, ho preferito un accordo per un solo anno, poi vedremo.
Dove si gioca?
Nel ‘El Cortijo Club de Campo de Telde’. Un circolo bellissimo dodici campi, sei in terra e sei in cemento. Poi c’è anche un maneggio e un campo da golf. Certo abbiamo dovuto lavorare un bel po’ per sistemarlo, ma io sono un po’ un maniaco e voglio che tutto sia esattamente come nei miei tornei in Italia.
Ci sarà il pubblico?
Sì, al 50% della capienza. Le limitazioni sono piuttosto blande, pensa che in tutta l’isola ci sono in questo momento meno di 100 casi Covid su 850.000 abitanti. Nonostante questo la gente è molto attenta e gira sempre con la mascherina. Se la polizia ti trova senza, ti registra e, nel caso di una seconda infrazione, ti espelle dall’isola. L’entrata al Circolo sarà gratuita, e l’attesa è davvero grandissima. La gente ne parla e la TV offre un’ampia copertura. Purtroppo sarà solo gente del posto perché il turismo è quasi a zero.
Ci puoi dire qualcosa degli altri tuoi tornei in Italia?
Io sono piuttosto pessimista per la situazione Covid, contrariamente all’ATP che confida in un rapido miglioramento. Io capisco i miei colleghi che, senza pubblico, hanno paura di non rientrare dell’investimento. Noi, come ti dicevo, investiamo sul futuro e abbiamo già ufficializzato Forlì il 14 giugno. Il 6 di luglio ci sarà Perugia, mentre per quanto riguarda Todi ho lasciato la scelta della data all’ATP, offrendomi di riempire eventuali buchi di calendario. Poi, probabilmente in settembre, ci sarà Parma che rimarrà un Challenger 125.
Ci riservi qualche altra sorpresa?
Può essere (ride, ndr). Ci sono un paio di cose che bollono in pentola, una ancora in Spagna e l’altra in Italia. Però è assolutamente prematuro parlarne perché le trattative sono appena iniziate.