Iga Swiatek ha vinto ad Adelaide il secondo titolo della sua carriera dopo il trionfo al Roland Garros. Alla vigilia dell’Australian Open, il New York Times ha pubblicato un bell’articolo sulla figura di Daria Abramowicz, ex velista che oggi lavora come mental coach proprio nel team di Swiatek. Alla luce del secondo successo di Iga, che aumenta le aspettative sul suo conto e la proietta tra le giocatrici più forti e in forma del circuito, pubblichiamo la traduzione di questo articolo – dal quale abbiamo eliminato i riferimenti all’Australian Open, ormai superati dai tempi.
Lo scorso ottobre una teenager polacca, Iga Swiatek, ha stupito il mondo del tennis quando ha vinto l’Open di Francia spuntando dal nulla. Si presentava all’inizio del torneo alla cinquantaquattresima posizione mondiale e, nonostante ciò, ha vinto senza perdere set nelle sette partite giocate. Questa impresa l’ha immediatamente resa una delle giovani star del tennis mondiale, una celebrità in patria.
La sua straordinaria ascesa, a prescindere da cosa le riservi il futuro, si è compiuta anche grazie all’insolita decisione di lavorare con una mental coach fin dagli albori della carriera. Questa specialista, Daria Abramowicz, 33 anni, è un’ex velista che ha passato buona parte dello scorso decennio a portare in primo piano l’aspetto della salute mentale e della psicologia nello sport polacco. Si è caratterizzata come una costante presenza al fianco della Swiatek dal 2019, e spesso può essere vista sul campo durante i suoi allenamenti, dove, guardandola da vicino a braccia conserte, cerca di scrutarne la mente. Per ore e ore parlano fuori dal campo delle paure di Swiatek e dei suoi sogni. Lavorano per rafforzare le sue relazioni con la famiglia e gli amici, le persone che possono garantire stabilità emotiva – “l’ancora umana”, usando le parole di Abramowicz (trovate qui un articolo del nostro Ilvio Vidovich sull’argomento, ndr).
A volte, durante gli allenamenti Swiatek indossa strumenti che misurano il suo livello di stress, monitorando l’attività del suo cuore e del suo cervello. Alla vigilia dell’Australian Open, ha guardato un documentario sulla Principessa Diana per meglio comprendere le insidie che derivano da una fama improvvisa. Due giorni prima della sua partita d’esordio a Melbourne è andata in spiaggia. “La mia vita è cambiata”, ha affermato recentemente Swiatek rispondendo ad alcune domande dalla sua stanza d’albergo a Melbourne, dove ha dovuto passare 19 ore al giorno per due settimane in ragione della quarantena imposta ai giocatori a causa della pandemia da COVID-19. “C’è molta più pressione”.
Molti tennisti di vertice si consultano con psicologi dello sport, ma Abramowicz lavora con Swiatek con una frequenza maggiore di quella solita per questo sport. Abramowicz utilizza inoltre un approccio controintuitivo, che consiste nel dare la priorità alla gratifica, alle relazioni umane e alla crescita personale, utilizzandoli come percorso per la vittoria. A questo livello ogni giocatrice ha colpi fantastici e doti atletiche eccelse. Ciò che spesso separa una semplice grande tennista da una campionessa, o una vincitrice di un singolo torneo del Grande Slam da una dominatrice, è l’avere la forza mentale di prevalere in quei pochi punti chiave durante i quali l’inerzia di un match cambia.
“Parliamo tanto di emozioni positive e di quelle distruttive”, afferma Abramowicz in un’intervista. “Il perfezionismo non è così d’aiuto, pertanto cerchiamo di creare sensazioni positive, determinazione e grinta. L’idea è di abbracciare il proprio potenziale alla ricerca dell’eccellenza. Cerchiamo di dare il meglio ma, alla fine della giornata, siamo semplicemente degli esseri umani le cui vite hanno anche altri aspetti, e quando si perde una partita non significa che si valga meno come esseri umani”. Abramowicz sostiene che l’autostima e i legami stretti sulla fiducia sono stati punti cruciali con cui supportare aspetti quali la motivazione, la gestione dello stress e la comunicazione che porta al successo dell’atleta. “È impossibile diventare una campionessa quando non sei felice e non soddisfi pienamente le tue necessità in quanto essere umano”, afferma Abramowicz.
Questa analisi è opinabile: il tennis, come altri sport, ha avuto svariati campioni che erano talvolta infelici, anche quando erano all’apice della carriera. Andre Agassi e Steffi Graf, che sono ora felicemente sposati, e più recentemente Victoria Azarenka, hanno avuto tanto successo durante periodi negativi nelle loro vite private. Detto ciò, Abramowicz ha spinto Swiatek ad abbracciare l’idea che si possa raggiungere un successo duraturo più facilmente (e di sicuro in maniera più piacevole) approcciandosi al tennis non come se fosse la propria vita ma solo una parte di essa. “È importante essere in pace, di modo tale da potersi focalizzare sul lavoro”, dice Swiatek. “Non è vero solo per i tennisti ma per chiunque voglia avere successo”.
IL CAMPO DA TENNIS È COME IL MARE
Il viaggio di Abramowicz verso la squadra di Swiatek ha inizio 15 anni fa, quando aveva 18 anni ed era una giovane promessa nel programma nazionale di vela in Polonia. Dopo una regata nazionale, Abramowicz fece una caduta di tre metri da un rimorchio mentre stava preparando una barca a vela, fratturandosi il polso sinistro. Dopo l’incidente non poteva più veleggiare e si sentiva svuotata e sola. Ma due settimane dopo un allenatore le chiese se volesse partecipare come allenatrice non ufficiale a una regata in Italia, dove si era già trovata a competere. “Mi ha risollevato, mostrandomi un nuovo percorso”, spiega Abramowicz.
Continuò quindi ad allenare mentre studiava gli sport e la psicologia. Visto che la sua conoscenza diventava sempre più approfondita, creò un sito web nel quale scrivere sulla salute mentale negli sport. Mentre otteneva un dottorato in psicologia nel 2016, la sua reputazione in Polonia in ambito sportivo cresceva grazie alla sua abilità nello spingere gli atleti ad essere più aperti riguardo alle loro necessità psicologiche. Quindi, nel febbraio 2019, un membro della squadra di Swiatek la chiamò per chiederle se fosse interessata a lavorare con un’ancora acerba tennista ma dal potenziale teoricamente illimitato. Swiatek può giocare fenomenali accelerazioni da fondocampo così come eseguire morbide stop volley su passanti fulminanti, ma a volte aveva difficoltà durante le partite a livello mentale.
L’accoppiata era una scommessa. Cosa poteva sapere una velista delle vette del tennis professionista? Abramowicz sostiene che i due sport sono considerevolmente simili. Un velista professionista deve sentire i cambiamenti nelle condizioni del vento e saper valutare le correnti durante una gara, così come un tennista deve assimilare ed adeguarsi ai ritmi di una partita. Durante gli incontri di tennis e durante le gare di vela in solitaria non c’è una squadra su cui fare affidamento – se sei esausto oppure entri in confusione, tutto dipende comunque solo da te.
Dopo la chiamata da parte della squadra di Swiatek, Abramowicz prese un volo da Budapest per vederla nel suo successivo incontro. Mentre la osservava, vide un fuoco della competizione in Swiatek che raramente aveva visto in un giovane atleta. Swiatek le disse che era lusingata che avesse fatto un lungo viaggio fino in Ungheria semplicemente per vederla giocare. Sapeva poco sulla psicologia sportiva, se non che poteva renderla una giocatrice migliore.
STRESS E SUDOKU
A volte, prima che Swiatek entri in campo per gli allenamenti, Abramowicz le applica un sensore che misura le variazioni sul battito cardiaco per poter monitorare il livello di tensione a cui è sottoposta la tennista durante momenti ad alto stress. Altre volte la cinge con un dispositivo che analizza le variazioni delle onde cerebrali per rilevare eventuale stress. L’obiettivo è l’utilizzo di qualsiasi strumento disponibile per allenare la mente di Swiatek a gestire l’adrenalina e la pressione di una partita. All’Australian Open del 2020, Abramowicz ha notato come Swiatek diventasse sia più calma sia più focalizzata se aveva passato le ore prima di un incontro facendo compiti, specialmente di matematica. Swiatek si è diplomata l’anno scorso e ormai non ha più compiti a casa, quindi Abramowicz la fa lavorare su parole crociate o Sudoku, utilizzandoli come allenamento cognitivo. Altri giocatori di vertice spesso passano il tempo libero ascoltando musica o guardando serie televisive senza sosta.
L’approccio è simile a quello di un’altra atleta, che Abramowicz ha sfidato Swiatek a cercare di imitare il più possibile: la campionessa di sci Mikaela Shiffrin, la quale spesso si mette a cercare definizioni prima delle gare per cercare di rilassare e focalizzare il cervello – Swiatek cerca di guardare tutte le gare di Shiffrin. Abramowicz guarda alla Shiffrin, che è diventata campionessa del mondo a 17 anni ed è una grande celebrità in Europa, come a un modello di gestione del successo e delle aspettative senza lasciarsi prendere da una spirale fuori controllo dettata dalla notorietà.
Considerate questo: un anno fa, a una cena durante l’Australian Open, Swiatek disse a Naomi Osaka, la vincitrice di quattro Slam (due all’epoca, ndr), che stava considerando di andare al college anziché proseguire con la carriera di tennista professionista. “Le stavo dicendo che è davvero brava e che pensavo che avrebbe fatto ancora meglio, quindi forse non doveva ancora cercare di spostare le sue energie sul college”, ha ricordato Osaka la settimana scorsa.
DOPO LA VITTORIA IL LAVORO È CAMBIATO
Attraverso il lavoro con Abramowicz, Swiatek è cambiata, passando dall’essere una giocatrice motivata esclusivamente dai risultati – un tratto comune, specialmente nei tennisti giovani – a una persona che, come sostiene lei, può “essere felice anche senza vincere”. Quell’obiettivo cambia col tempo. Mentre Swiatek si giocava il punto della vittoria al Roland Garros contro Sofia Kenin, Abramowicz cercava di capire dove poter spostare il focus del suo lavoro. Prima dell’Australian Open, Abramowicz e Swiatek hanno lavorato su come gestire la vita nelle vesti di favorita e di stella dello sport. “Ci siamo preparate per il successo”, spiega Abramowicz.
In Australia, Swiatek ha partecipato ai suoi primo tornei da ottobre. Dato il periodo di inattività ha cercato prima dell’inizio del torneo di escludere dalla mente qualsiasi aspettativa di vittoria. “Ho vinto contro alcune delle migliori giocatrici”, ha spiegato Swiatek. “A volte questo può davvero creare confusione mentale”. Una volta tornata in campo, per Swiatek è stato come se non avesse mai lasciato Parigi, se si eccettua il fatto che ora buona parte della Polonia la osserva da vicino. Come del resto Abramowicz ha sempre fatto.
Traduzione a cura di Massimiliano Trenti