Petra Kvitova e gli Slam
Primo tema di oggi: come mai Kvitova ha vinto solo 2 Slam su 28 successi complessivi in WTA? Non è sotto media? Perché ha vinto solo a Wimbledon? In fondo sul cemento ha percentuali di vittoria di poco inferiori rispetto all’erba, e ha raccolto 19 titoli WTA.
Innanzitutto bisogna ricordare che, come quasi tutte le giocatrici, Petra ha attraversato in carriera fasi diverse sul piano emotivo, e a volte questi aspetti sono stati decisivi: per esempio nel 2013-4 è stato l’eccesso di responsabilità a farle perdere incontri nei quali era favoritissima. Battuta da Flipkens a Wimbledon e da Kumkhum In Australia, in un periodo per lei molto complicato a livello Slam, terminato però con il successo a Wimbledon 2014.
Ma anche dopo il ritorno dall’accoltellamento alla mano (2017-8) ha avuto bisogno di diversi Major per ritrovare il giusto atteggiamento al momento di scendere in campo, e non farsi sopraffare da un eccessivo desiderio di fare bene, che finiva per diventare controproducente. Però, secondo me, si è esagerato nel descriverla come una tennista umorale, soggetta ad alti e bassi inspiegabili. Certo, da giocatrice che pratica un tennis di attacco estremo va incontro a giornate più o meno positive ma, secondo me, non quanto molti credono.
Al di là degli aspetti psicologici, ancora più spesso a farle ottenere risultati deludenti negli Slam sono state cause fisico-ambientali: Kvitova patisce terribilmente il caldo. E se è caldo-umido ancora peggio, visto che soffre di asma. Quando sono stati divulgati documenti della WADA, con le deroghe concesse ad alcune atlete per assumere farmaci altrimenti vietati, è emerso che sin dal 2009 Petra prendeva un farmaco contro l’asma.
Kvitova e il caldo. La metterei in questo modo: il rendimento di Petra, scende progressivamente quando la temperatura sale, e supera i 26-27 gradi. Se poi si va oltre i 30 gradi, diventa sfavorita contro la maggior parte delle giocatrici fra le prime 50-60 del mondo. Se poi sono forti in difesa e in grado di allungare lo scambio, è quasi spacciata.
Con certe temperature è come se il suo valore, da Top 10 sulla carta, scendesse di dieci posizioni per ogni grado di in più. La ricordo in un match contro Kirilenko a Indian Wells 2013, in preda a una specie di colpo di calore che le fece chiudere un game commettendo quattro doppi falli di fila: il game perfetto al contrario.
Forse penserete che stia esagerando, ma se andate a recuperare il meteo di certe sconfitte, troverete una stretta correlazione: per esempio nel 2015 contro Bacsinszky a Parigi (2-6, 6-0, 6-3) o contro Pennetta a New York (4-6, 6-4, 6-2, in quella edizione Flavia vinse poi il titolo). Partite nelle quali Kvitova è durata un set o poco più, prima di sciogliersi letteralmente al sole, commettendo errori sempre più frequenti.
E qualcosa di simile è accaduto anche quest’anno a Melbourne contro Sorana Cirstea. Prima che cominciasse il match ho controllato le temperature: erano previsti 28 gradi a salire. Per questo, una volta perso il primo set, e dunque la possibilità di una vittoria rapida, ero praticamente certo che Petra non avrebbe avuto la brillantezza fisica per rimontare e vincere in tre set (ha vinto Cirstea per 6-4, 1-6, 6-1).
Di solito le temperature più alte negli Slam si raggiungono in Australia e Stati Uniti, e infatti le poche volte in cui Kvitova è arrivata (quasi) in fondo in questi Slam sul cemento, è perché ha trovato settimane insolitamente fresche. Oppure perché nelle giornate in cui era a rischio è stata programmata in mattinata, prima che il sole cominciasse a picchiare in modo inesorabile, e ha vinto rapidamente.
Quando Petra ha raggiunto la finale dell’Australian Open 2019, unica volta in carriera sul cemento, è andata proprio così: ha sempre evitato il sole cocente. Il clima generale delle due settimane era stato più fresco del solito. Però in due turni le si prospettavano giornate davvero calde, e in quei casi se l’è cavata per motivi diversi. La prima volta contro Ashleigh Barty (6-1, 6-4) ha avuto la fortuna di giocare come prima nel serale: se gli organizzatori invece che fare una scelta commerciale avessero fatto una scelta “nazionalista”, l’avrebbero programmata alle due del pomeriggio, e probabilmente avrebbe perso. Del resto l’anno successivo le cose sono andate proprio così: ha giocato contro Barty nel pomeriggio. E ha perso (7-6, 6-2).
In quel 2019 la semifinale contro Collins era prevista in una giornata terribile per Kvitova, caldissima. Sembrava destinata al capolinea. Però anche in questo caso è stata aiutata dalle circostanze. Proprio l’eccesso di caldo ha fatto entrare in vigore le heat rules, con conseguente chiusura del tetto a match in corso. Risultato finale: Kvitova b. Collins 7-6, 6-0, con il tetto chiuso dopo otto game. Partita equilibratissima sotto il sole, a senso unico indoor. Non abbiamo la controprova, naturalmente, ma chissà come sarebbero andate le cose senza la chiusura del tetto.
E la finale? Beh, secondo me in finale contro Osaka ha perso per una ragione molto più ovvia: Kvitova ha trovato una rivale che era più forte di lei (e che per il momento in carriera l’ha sempre battuta), capace di offrire del grandissimo tennis e di dare vita a una delle più belle finali Slam degli ultimi anni (7-6, 5-7, 6-4). In questo caso il clima non credo c’entri qualcosa.
Esagero con il caldo? Se controllate il suo palmarès, l’unico torneo che ha vinto nell’estate statunitense è New Haven; dove però molto spesso era la testa di serie numero 1, e come tale coccolata dagli organizzatori, che la programmavano con grande attenzione per evitarle le ore peggiori. Quindi: non solo concorrenza limitata, ma anche un certo favoritismo nella scelta degli orari dei match. Cosa che, evidentemente, non accade negli Slam. Per questo penso che una delle più grandi imprese della sua carriera sia stata la medaglia di bronzo conquistata alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, affrontate in condizioni climatiche per lei davvero ostili.
E la sessione serale, tipica degli Slam extraeuropei? Risulta di solito una soluzione un po’ più favorevole per Kvitova, ma non sempre, perché anche in questo caso le cose non sono così semplici. Intanto di sera cresce l’umidità, e in generale le condizioni rallentano, e questo non è buono per lei, che soffre di asma e ama il veloce. Non solo. Il serale prevede due match. E il secondo finisce a volte molto tardi. Petra ha raccontato che di natura si sveglia molto presto e va a dormire presto, e quindi dopo una certa ora le si “spegne l’interruttore” delle energie, per una banale questione di ritmi quotidiani. Crolli verticali li ha avuti, per esempio, contro Marion Bartoli a New York 2012, in un incontro iniziato molto tardi (1-6, 6-2, 6-0).
Rimane infine da ricordare che Kvitova non gioca male sulla terra battuta, ma di sicuro al Roland Garros non parte con gli stessi vantaggi tecnici che avrebbe su terreni simili ma più rapidi, come la terra in altura di Madrid (dove ha vinto tre volte).
Sia chiaro. Non racconto tutte queste cose per giustificare certe controprestazioni di Kvitova. Non si tratta di giustificare, ma di spiegare. Non voglio nemmeno provare ad attribuire meriti o demeriti. Sto semplicemente evidenziando che Petra ha precisi limiti fisici, che di solito non appartengono alla maggior parte delle atlete di valore mondiale. E di questo paga le conseguenze sotto forma di sconfitte.
In conclusione: ho esordito dicendo che ritengo eccessive le descrizioni che la tratteggiano come una tennista straordinariamente umorale. A questo punto però, non si deve eccedere nemmeno nell’opposto: non basta cioè un termometro per sapere se Kvitova vincerà o meno i match. Sarebbe davvero troppo semplicistico. Perché poi, naturalmente, nella sua storia degli Slam ci sono molte vicende, partite finite bene, o male, per tanti altri motivi. Ma per entrare nel dettaglio di tutti i Major disputati occorrerebbe uno spazio ben maggiore, e forse si perderebbe la visione di insieme della questione.
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