C’è tennis russo anche lontano da Mosca. E che tennis. A Dubai, Russia 4, al secolo Aslan Karatsev, mette in campo una prestazione straordinaria per fermare a 23 la striscia vincente di Andrey Rublev negli ATP 500, a “meno 5” dal record di Roger Federer. Una prestazione, appena offuscata dalle occasioni anche clamorose per mettersi in condizione di chiudere in due set, in cui si è dimostrato superiore a Rublev non solo sulla diagonale sinistra, non solo nella maggior capacità di apertura del campo (qui non c’è gara, chiaramente) e nel cambiare in lungolinea, bensì anche sulla potenza pura, su quel ritmo che tanto piace al rosso del 1997. Eppure, a fare partita, è stato quello che si muove supportato da un paio di polpacci che ne basta uno per fare due gambe complete dell’altro. Poco prima, Lloyd Harris si era reso protagonista di quella che, forse, è l’unica vera sorpresa della giornata superando Denis Shapovalov. Ma vediamo prima com’è andata questa cosa che comincia a diventare davvero troppo russa.
[WC] A. Karatsev b. [2] A. Rublev 6-2 4-6 6-4
Il match è quello per cui gli spettatori hanno pagato: grande velocità di palla e intensità degli scambi, botte da orbi, insomma. L’arma primaria di Rublev, quel dritto fulminante che ama il ritmo e avrebbe dovuto togliere molto alla resa dello stesso fondamentale dell’avversario va invece in difficoltà; Aslan non pare subirlo, quasi sempre anzi gli va sopra, angola più efficacemente, il suo rovescio squarcia il campo. E risponde anche con la continuità e precisione che gli abbiamo spesso visto sfoggiare. È il primo – ma sarà anche l’unico nel parziale di apertura – ad arrivare a palla break, due consecutive al terzo gioco, e Rublev deve ricorrere al servizio per uscirne indenne. Non può invece nulla sul 2 pari, con Aslan che ribalta uno scambio iniziato in difesa, costringe Andrey ad accorciare dominandolo di potenza sulla diagonale destra per poi entrare con un rovescio imprendibile. Lo spartito non cambia nei giochi successivi per il quasi spettatore Rublev, con Karatsev che continua a suonargliele issandosi fino al 5-2. Non che lì succeda chissà cosa – servizio tenuto a zero e set in cascina –, ma i primi due punti, vincenti in uscita dal servizio nonostante le ottime risposte moscovite, non possono non essere sottolineati.
Quando dall’altra parte della rete tutto funziona alla perfezione, la cosa migliore da fare è rimanere incollati nel punteggio capitalizzando al massimo i propri turni di battuta, aspettando il momento di calo, o almeno quella piccola sbavatura che consente di incrinare una sicurezza apparentemente inscalfibile. D’altra parte, Karatsev ci ha già fatto vedere momenti di appannamento in cui regala turni di battuta. La piccola crepa sembra aprirsi con lo 0-30 del sesto game, ma lui ne esce con facilità disarmante e rilancia la minaccia allungando il successivo gioco in risposta. Andrey è bravo a salvarsi in quattro occasioni, l’ultima della quali mettendo in campo un colpo in più sul quale stavolta lo strettino del ventisettenne di Vladikavkaz non passa l’ostacolo. La grafica ci mostra i pochi dubbi sulla direzione della sua seconda battuta: 100% al corpo da sinistra e 88% alla T da destra. Mai sul dritto. Lo show continua, ma ancora non ne raccoglie i frutti e pesa tanto l’errore rispondendo alla seconda sulla palla che lo avrebbe mandato a servire per il match. Le troppe opportunità non sfruttate reclamano inesorabilmente il conto: finora mai in difficoltà in battuta, due doppi falli valgono altrettanti set point per Rublev che trasforma il primo e porta l’incontro al terzo.
Dopo essersi improvvisamente riacceso prima di rischiare uno 0-2 a quel punto non troppo inaspettato, Karatsev torna a trasformare una palla break, la sesta del game dopo le prime due bruciate a campo aperto, nell’unico modo in cui era ormai possibile: grazie al doppio fallo. Il più sembra fatto e Aslan rimette i panni del miglior sé stesso volando fino al 5-2, quando, però, non va neppure vicino a chiudere con il servizio a disposizione. Rublev accorcia minacciosamente le distanze: sarà ancora blackout? Quasi, perché il doppio fallo sul 30 pari prima e un altro errore poi che varrebbero l’aggancio sono annullati da una volée (colpita parecchio male) e dal servizio. Al secondo match point, Karatsev piazza l’ace e conquista la sua prima finale del circuito maggiore. 14 vittorie complessive in stagione a fronte di 2 sconfitte, contro Djokovic e Thiem. Sabato, in finale, la sensazione è che Harris dovrà sperare in più di un passaggio a vuoto di questo avversario, ormai vicino ai primi 30 del mondo. Quando il circuito è ricominciato lo scorso agosto, era n. 253.
[Q] L. Harris b. [3] D. Shapovalov 6-7 (5) 6-4 7-6(6)
Continua a stupire, il n. 81 ATP Lloyd Harris, che raggiunge la finale a Dubai superando in rimonta Denis Shapovalov, sul quale tuttavia pende l’imputazione di complicità nel rientro dell’avversario. Se il nativo di Tel Aviv ha follemente gettato il vantaggio di un set e un break nell’arco di pochi minuti, grande merito va però dato a Harris per essersi fatto trovare pronto ad approfittarne e aver giocato il set finale senza mai concedere opportunità di sorpasso a Denis, evitando poi di ripetere gli errori del primo tie-break. In attesa dell’ultimo atto del torneo, il classe 1997, appartenente quindi alla Next Gen originale anche se all’epoca lontano dai radar del circuito maggiore, migliora di una ventina di posizioni il suo best ranking portandosi a ridosso della top 50, un traguardo conquistato partendo dalle qualificazioni e superando tra gli altri Thiem e Nishikori. Delusione per Denis, che rimanda la terza opportunità di battagliare per il suo primo trofeo, la prima a livello di ATP 500, ma si consola scalzando Bautista Agut dall’undicesima piazza della classifica.
IL MATCH – Harris pare comprensibilmente teso nei primissimi punti, ma il servizio funziona bene e non ha problemi a tenere il passo di Shapovalov. Entrambi riescono al massimo ad arrivare a “30” nei turni di ribattuta, con game e scambi che scorrono via veloci. Probabilmente, il 193 cm di Cape Town, che durante la settimana ha messo in mostra ottime qualità anche in difesa, vorrebbe costringere più a lungo nello scambio un avversario che spesso tende a esagerare, ma Denis sfrutta bene le aperture di campo che gli offre la battuta. Sul 3-4, Harris chiede l’intervento del fisioterapista che gli massaggia la coscia destra per poi applicargli una fasciatura in perfetto stile WTA, ma riprende a giocare senza conseguenze evidenti. Tre errori canadesi fanno assaporare all’altro il sapore effimero della parità proprio all’ultima curva, mentre Harris risale da 0-30 tirando un sospiro di sollievo per il rovescio che osserva finire in corridoio. Servizio tutt’altro che dominante nel tie-break, con Shapovalov che gioca con inusuale umiltà per agguantare il 3 pari. Ma la sua natura torna subito a farsi vedere e Harris raccoglie due errori che gli consentirebbero di chiudere con la battuta; invece, sbaglia un paio di dritti comodi e Shapo fa suo il set approfittando della solita curva esterna.
L’impressione è che il match possa scivolare via da un momento all’altro. Attento a comandare uno scambio di alto livello senza strafare e preciso in risposta, il n. 12 del mondo vede lo 0-40 così guadagnato crollare sotto i colpi di cinque prime di servizio. Lloyd non si salva però al quinto game dopo essersi distratto in una discussione senza senso con l’arbitro Kader Nouni, giustamente intenzionato a far ripetere il punto. Rifiuta però la parte dell’underdog che scompare come previsto dalla prima stesura del copione, continua a lottare e viene premiato da un gioco disastroso del mancino canadese, il quale si ritrova nel giro di pochi minuti a dover servire per restare nel set. Se i momenti di pausa capitano a tutti, non tutti – in quei momenti – iniziano il game più importante del parziale cercando un rovescio lungolinea in salto. Sudafrica 1 rimane alla finestra a guardare l’altro che gli offre un primo set point, prontamente annullato dall’ace, poi un secondo con un doppio fallo, altrettanto prontamente bissato: 6-4 a favore di un Harris che aveva già aperto il rubinetto della doccia, mentre Denis va diligentemente a chiuderglielo approfittando del toilet break.
Di nuovo, se non più che mai in fiducia, Harris torna a fare male con servizio e dritto e, a differenza del primo parziale, ora tocca Denis inseguire, compito che peraltro assolve diligentemente, venendo a capo di alcune difese disperate del ventiquattrenne sudafricano. Sono tutt’altro che rari gli scambi godibili ad alto ritmo e Harris sorprende per continuità e tenuta mentale procedendo sicuro verso il finale. Anche Shapovalov non traballa, piazza l’ace a due punti dalla sconfitta e agguanta il 6 pari. Grande tensione e intensità nel gioco decisivo, con un piccola recriminazione di nuovo per il colpo preferito di Harris, il dritto, timido in un approccio che gli costa il mini-break appena conquistato. Ma è proprio il dritto – risposta stellare lungo la linea – a dargli il 6-5 e primo match point, però il rovescio vola lungo. Nessun problema: ace, poi entra nello scambio fino all’errore di Shapovalov. Seconda finale per Harris, dopo quella di Adelaide del 2020, sempre partendo dalle qualificazioni e persa contro quel Rublev che aveva appena iniziato a fare sul serio. E che forse si aspettava di ritrovare qui.