Naomi Osaka e l’erba
Rimane da affrontare il tema dell’erba. Come detto sopra, così come ci sono condizioni di gioco differenti fra terra e terra, lo stesso vale per l’erba: velocità, altezza e attendibilità del rimbalzo, intensità del vento, possono essere differenti, anche di parecchio, fra torneo e torneo.
Ma non va tenuto conto solo di questo. Intanto non è così automatico che tutte le giocatrici potenti e di attacco si trovino bene sull’erba. Ci sono quelle che faticano a interpretarla perché hanno bisogno di più tempo per caricare i colpi (a causa di swing molto ampi) o perché fanno molto affidamento sul servizio in kick, che invece sui prati risulta meno efficace di quello slice o di pura potenza. Per esempio Samantha Stosur non ha mai raccolto buoni risultati su erba perché ha proprio quel tipo di limiti. Ma non mi pare che Osaka possa andare incontro a problemi simili.
Sottolineerei in particolare due doti che possono rivelarsi importanti sui prati: la capacità di muoversi e colpire stando basse di gambe, e l’abilità nell’interpretare il gioco sulla verticale, visto che smorzata e volée sono colpi molto valorizzati dalla superficie.
Non sono in grado di sapere se Naomi abbia particolari difficoltà a spostarsi e colpire con le gambe più piegate che sulle altre superfici. Di sicuro si tratta di una differenza che richiede qualche adattamento muscolare, ancora più marcato se si tiene conto che nel calendario WTA la stagione dell’erba arriva dopo quella sulla terra, che predispone per situazioni opposte. Occorre lavorare bene con il proprio fitness coach e probabilmente ogni giocatrice trova la formula migliore della preparazione con il passare delle stagioni. Anche in questo caso: esperienza.
Per quanto riguarda la verticalizzazione, si tratta di un aspetto del gioco al momento ancora marginale per Naomi. Ricordo che nel 2019 a Wimbledon aveva perso al primo turno da Yulia Putinsteva. Di primo acchito sembra incredibile che una giocatrice capace di servire oltre le 120 miglia all’ora abbia perso con una “terraiola” come Yulia. Però Putintseva ha un’ottima mano, che le permette di giocare sia eccellenti drop shot che efficaci volée. E nel 2019 era riuscita a sconfiggerla non solo a Wimbledon, ma anche sui prati di Birmingham, prevalendo innanzitutto nelle fasi di gioco “verticali”. Quindi si era trattato di qualcosa di più di una semplice giornata storta.
Va però ricordato che la campionessa in carica di Wimbledon è Simona Halep, un’altra giocatrice molto restia a utilizzare la verticalizzazione come arma del proprio tennis. Insomma, nel Wimbledon contemporaneo questa qualità è sicuramente molto utile, ma non è detto che sia indispensabile come una volta.
Sulla carta l’erba presenta anche potenziali vantaggi per Osaka. Su tutti la possibilità di valorizzare una battuta di potenza di livello assoluto. Servire quasi a 200 km/h sull’erba significa avere il punto in mano, se non si è addirittura già trasformato in un vincente diretto. In più Naomi ha dimostrato di saper servire bene nei momenti cruciali, e dunque la sua battuta potrebbe trasformarsi in un’arma in grado di fare la differenza nelle situazioni di estremo equilibrio.
Infine sull’erba è fondamentale rispondere con reattività e profondità e Osaka, rispetto a un paio di stagioni fa, proprio in questo fondamentale ha compiuto dei progressi che potrebbero aiutarla a essere più competitiva nei game di risposta.
In conclusione
Osaka compirà 24 anni in ottobre. Ho l’impressione che le prossime due-tre stagioni potrebbero rivelarsi decisive per il suo futuro al di fuori del cemento. A 26 anni Radwanska ha rinunciato a giocare a Roma, e quella scelta ha rappresentato, più o meno consciamente, una specie di dichiarazione di resa nei confronti di una superficie che sentiva indigesta. Mentre Sharapova a 25 anni ha saputo sorprendere tutti vincendo a Parigi, portando a termine il processo di adattamento nei confronti di una superficie che rappresentava il tassello mancante per completare il Career Grand Slam.
Ragionando sul piano dei confronti storici, a questo punto per Osaka comincia a diventare importante non soltanto il numero di Slam conquistati, ma anche la loro differenziazione. Perché dimostrare di saper vincere su terreni differenti è indubbiamente un plus per ogni tennista, e il Career Grand Slam è il traguardo che lo certifica ai massimi livelli. Traguardo di recente ottenuto da Serena e Sharapova, ma mancato da Venus e, per un soffio, anche da Henin (due finali perse a Wimbledon).
A me Naomi sembra una ragazza molto intelligente e professionalmente ambiziosa, che si pone obiettivi molto alti da raggiungere. Il fatto che abbia vinto così tanto negli Slam (molto più che negli altri tornei) dimostra che è capace di puntare ai traguardi più importanti presentandosi mentalmente pronta a coglierli. Forse anche per questo dopo la sconfitta contro Putintseva di due anni fa a Wimbledon 2019 Osaka era così delusa. Così tanto che a un certo punto, nel corso della intervista post match, aveva chiesto di lasciare la sala stampa dicendo: “I feel I am about to cry” (“Sento che sto per piangere”).
Questo video ci dice che forse per Naomi una possibile insidia è proprio questa: l’eccesso di pressione determinato dal desiderio di fare bene in due Slam che, a differenza del cemento, nell’arco di dodici mesi non offrono una seconda chance.
E quanto più Osaka continuerà a vincere sul suo terreno di elezione, tanto più aumenterà la richiesta di tutto l’ambiente (media, sponsor, tifosi) di affermarsi anche sulle altre superfici. Ecco perché, per una giocatrice del suo status, cercare di vincere anche al di fuori del cemento è diventato uno dei principali obiettivi dei prossimi anni di carriera.
Questa rubrica non uscirà martedì prossimo e tornerà fra due settimane, al termine del WTA 1000 di Miami. Buon torneo a tutti.