La notizia è esplosa come un petardo inaspettato negli scorsi giorni, pubblicata dal sito “Vivere Camerino” e ripresa da varie testate online: Gianluigi Quinzi avrebbe deciso di dire basta con il tennis professionistico. Un fulmine, a cielo non proprio sereno ma comunque un lampo inatteso e abbagliante, che avrebbe posto prematuramente fine alla carriera di un ragazzo fresco di venticinquesimo compleanno. Un annuncio forte, non preceduto da alcun indizio, e in effetti destituito di qualsiasi fondamento. La famiglia di Gianluigi, e Gianluigi stesso, hanno prontamente smentito la novella rivelata al giornale marchigiano da Giovanni Torresi (non Federico Torresi, che guidò Quinzi per qualche mese nel 2014 ai tempi della permanenza a Foligno), maestro di tennis accasato a Porto San Giorgi ben noto ai Quinzi ma che con il ragazzo, secondo quanto si apprende, non ha rapporti diretti da molto tempo.
Il direttore Scanagatta ha contattato telefonicamente il campione di Wimbledon Junior 2013 per fare chiarezza sulla questione, apprendendo una versione dei fatti molto diversa da quanto è stato fatto trapelare nelle ultime ore.
“Non so perché Torresi abbia affermato certe cose – ha detto Gianluigi -, non rilascio un’intervista da più di un anno e non ho mai comunicato a chicchessia l’intenzione di ritirarmi. Certo, sto attraversando un periodo di riflessione, cercando di capire quale strada possa essere la migliore per il mio futuro, ma non ho ancora preso alcuna decisione“. Pure illazioni, dunque, ma se qualcuno pensasse che il suo percorso nel tennis professionistico si stia approcciando a un precoce capolinea inciamperebbe in un’inescusabile castroneria? “In questo momento non saprei davvero cosa rispondere – ha precisato il giocatore -. Sono fermo da parecchi mesi per il solito infortunio all’alluce che mi tormenta da anni e la pandemia non mi ha aiutato a riprendere con convinzione l’attività. Nel frattempo ho deciso di tornare a studiare, nell’estate del 2022 dovrei laurearmi in Scienze Motorie, indirizzo Management dello Sport. Una cosa a cui tengo molto, per completarmi, per diventare un uomo migliore, a prescindere dai risultati in campo. In questo periodo sto preparando degli esami, ma continuo comunque ad allenarmi“.
Gianluigi in effetti è bloccato ai box da diverso tempo: l’ultimo torneo giocato risale al novembre dello scorso anno, a Villena, in Spagna, trasferta chiusa al secondo turno con un ritiro. Poco prima si era conclusa anche la collaborazione vicentina con Massimo Sartori, ultimo coach di una trafila infinita, trapunta di continui cambiamenti alla guida tecnica. Quinzi ci tiene a respingere la nomea di mangia-allenatori che più di qualcuno negli anni gli ha appiccicato alla schiena. “Non si può fare di tutta l’erba un fascio, ci sono stati momenti e situazioni diverse. Con alcuni sono stato semplicemente in prova per periodi che di comune accordo avevamo delimitato temporalmente, altri magari chiedevano troppi soldi. Con altri ancora semplicemente non c’era feeling, ma sono stati tanti anche i momenti positivi. Penso soprattutto al periodo passato insieme a Fabio Gorietti, che mi ha aiutato a raggiungere il best ranking e con il quale c’era una grande complicità. Con chi avrei voluto lavorare? A un certo punto volevo provare con Javier Piles (ex allenatore di Ferrer, NdR), mi piaceva tantissimo, ma lui aveva problemi a seguirmi costantemente in giro per il mondo e non siamo riusciti a condurre in porto l’operazione“.
I periodi migliori, quelli in cui sembrava che Gianluigi avesse superato le grandi difficoltà incontrate con il passaggio al professionismo, sono coincisi con la stagione primavera-estate 2018: un titolo Challenger vinto a Francavilla, un altro a Mestre, oltre a una finale a Perugia. Un percorso virtuoso che di lì a un anno l’avrebbe portato alla posizione 142 del ranking mondiale, miglior classifica guadagnata in carriera, poi qualcosa si è di nuovo rotto. “Stavo giocando bene, ci credevo, ero fisicamente compatto, sentivo che gli avversari giocavano al limite per provare a battermi. Poi mi sono fatto male al maledetto alluce, quindi mi sono dovuto fermare per qualche mese. Quando sono tornato non ho pensato a ripartire dagli ITF, perché la classifica era buona, ma non ero abbastanza in forma per confrontarmi subito a livello Challenger con così poche ore di tennis nelle gambe, e ho cominciato a fare molta fatica“.
Al momento Gianluigi si sta allenando a casa, a Porto San Giorgio, insieme ad alcuni seconda categoria – “di cui non ricordo i cognomi, sinceramente. Vengono al circolo per giocare con gli altri ragazzi e ogni tanto si allenano con me” – senza un coach vero e proprio. “Mi sto guardando attorno, ma come dicevo è un momento di riflessione a ogni livello, in cui sto cercando le risposte a domande che in tutti questi anni non mi sono posto. Penso comunque di aver assorbito qualcosa da ogni allenatore con cui ho lavorato, adesso posso andare avanti da solo per un po’, fintanto che non trovo la persona giusta. Non ho bisogno di qualcuno che mi faccia compagnia tanto per averlo, ma di un professionista a me congeniale“.
La presa di coscienza in atto è certamente apprezzabile e non scontata, certo le istantanee del trofeo alzato a Church Road otto anni fa un po’ inumidiscono gli occhi. Cosa è andato storto negli ultimi otto anni? “Preferisco guardare avanti, con i se e con i ma non si fa molta strada. Se ho un rimpianto? Sì, da junior vincevo tanto e ho avuto paura di cambiare il mio gioco, di apportare quelle modifiche che mi avrebbero giovato nel lungo periodo. Mi dicevo, se vinco, perché cambiare? Poi gli infortuni continui non mi hanno certo aiutato, ma devo dire che delle belle soddisfazioni me le sono comunque tolte: vincere Wimbledon non è da tutti, chissà quanti avrebbero voluto essere nella mia posizione“.
L’ultima domanda è quella più difficile. Avrebbe barattato quel titolo in cambio di un posto tra i primi cento del mondo nel 2021? Gianluigi risponde dopo una pausa sintomatica, perché la risposta deve provocargli un tumulto interiore, comprensibilmente. “Non lo so, non lo so – ripete con la voce un po’ rotta -. Nelle situazioni bisogna trovarcisi, proprio non saprei cosa risponderti adesso“. La sensazione è che in un meandro della sua anima la tentazione di mollare tutto ci sia, contrastata dall’orgoglio di chi legittimamente pensa di poter dare ancora qualcosa al mondo che nei momenti di gloria giovanile l’aveva indicato come sicura star del futuro. Buona fortuna Gianluigi, ovunque cada la scelta, purché non sia una monetina tirata nel vento.