Missione compiuta: in fondo a dieci giorni trascorsi in una fornace esasperata dall’insopportabile umidità, l’anomalo 1000 di Miami tornato dopo lo stop pandemico del 2020 ha infine retto l’urto provocato dalla contemporanea assenza della sacra trimurti, che in principio aveva ridotto mani nei capelli tifosi e, soprattutto, disperatissimi organizzatori. Ma il gioco del tennis, noto per essere immune, al di là dei contingenti attimi di smarrimento, dalle dipendenze affettive eccessivamente tossiche, sa sempre reinventare sé stesso, e in occasione del primo Masters stagionale ha servito una final four di grandissimo interesse: Rublev, Bautista, Sinner, Hurkacz, in rigoroso ordine di ranking; una boccata d’aria fresca – non ce ne voglia il trentaduenne, bravissimo Roberto – mica male e un diversivo che sembrava non potesse materializzarsi, dopo i colpi a salve delle generazioni lost e next, finalmente sulla via del disuso almeno a livello terminologico.
CHI PERDE E LA PRENDE MALE – Il grande favorito tra gli iscritti ai quarti, Stefanos Tsitsipas, è finito inopinatamente gambe all’aria, spezzato alla distanza da un Hubert Kurkacz che dopo un terzo di match aveva un piede e tre quarti nella fossa. Non l’ha presa bene il greco, incapace di liberarsi da un grave rammarico in conferenza stampa. “Avevo la partita in mano, ero in controllo, tranquillo. Tutto è girato sulla seconda palla break che ho avuto per andare tre a zero nel secondo set. Lui ha preso una riga clamorosa, all’incrocio più remoto del campo. Bravo, ci mancherebbe, ma anche un pizzico fortunato, e molto sfortunato io. Se la palla fosse finita qualche centimetro più in là la partita sarebbe finita“. Opportunamente, c’è chi gli ha fatto notare che tutto sommato, anche perso quel game, il suo vantaggio era ancora apprezzabile: avrebbe potuto e dovuto difenderlo. “Lo so, ma è come se mi fosse rimasto un tarlo nel cervello. Hubert ha iniziato a essere più convinto mentre io iniziavo ad agitarmi, in questi dieci giorni ho accumulato molto stress e l’ho pagato tutto insieme. Rimane un buon torneo, ma avrei potuto renderlo migliore. Non avrei mai dovuto perdere questa partita“.
I VINCITORI – Il polacco, alla prima semifinale Mille della carriera, al solito non esterna emozioni particolari, e regala alla stampa il solito osso scarnificato. “Sono felice, non ho mai smesso di crederci, anche se ovviamente a un certo punto non sentivo di avere molte chance. È uno dei risultati migliori della mia carriera, penso di poter stare a questo livello“.
Affronterà per un posto in finale Andrey Rublev, anch’egli, a dispetto del pedigree infinitamente più prestigioso, per la prima volta in vita tra gli ultimi quattro in un Mille, e a questo punto favorito per il tiolo, ammesso e non concesso i pronostici contino ancora qualcosa visto quello che è successo finora. Ha dovuto sudare il ginger moscovita per accompagnare alla porta Sebastian Korda, deflagrato in modo forse definitivo proprio in questa dieci giorni. “Un ottimo giocatore – ha detto Rublev del figlio di Petr – con un ottimo servizio, molto potente, eccellente a rete. Ho sprecato qualche chance per chiuderla prima, ma lui ha i suoi meriti. Penso lo ritroveremo spesso a questi livelli, è molto giovane, ma in fondo non molto più giovane di me“.
Rispetto al numero otto ATP, senz’altro Sebi ha avuto un percorso di crescita meno accidentato. “Quanti anni ha? Venti? Io ricordo con maggior favore i miei diciannove anni, quando ero già top 30. Poi mi sono fatto male e alla sua età ero fuori dai primi cento“. A questo punto gli allibratori puntano forte su di lui per la vittoria del titolo. “Ma non sento particolare pressione, non più del solito, e nemmeno mi sento favorito. Contro Hurkacz e Roberto ho perso gli ultimi precedenti; contro Jannik non ho mai giocato ma guardate cosa sta combinando. Di sicuro voglio vincere, ma sarà complicato“.
CHI PERDE E LA PRENDE… MEGLIO – Sebastian, la vera rivelazione in Florida, saluta lasciando una grande impressione. Primo quarto in un Masters – bissato nel torneo di doppio in coppia con Michael Mmoh -, top 50 nel mirino e soprattutto una dimostrazione tecnica e comportamentale notevolissima. Nonostante un piccolo infortunio all’inguine, Sebi ha tenuto testa fino al rettilineo d’arrivo a uno dei colleghi più in palla del momento, e non è riuscito a prolungare la sfida per dettagli. “L’infortunio non è nulla di serio, sto bene. Stamattina ho sentito un fastidio in quella zona, nel corso della partita è peggiorato ma non ha influito sulla mia sconfitta. Mi sono sentito alla grande in campo, negli ultimi mesi sto capendo che posso giocarmela con quelli forti. Se oggi un paio di colpi qua e là fossero girati meglio forse non sarei già qui a parlare con voi“.
Quello che impressiona maggiormente, dicevamo, è la freddezza assoluta con cui Sebastian, vent’anni appena, affronta i momenti torridi delle partite, anche al cospetto di un top ten e a differenza, appunto, di un fumantino top ten come Rublev. “Questi sono i frutti degli insegnamenti di mia madre – sorride il giovane Korda -, fin da quando ero un bimbo con la racchetta in mano ha continuato a dirmi che uno dei segreti per riuscire nel tennis è indossare sempre la miglior pokerface“. Tanti spunti e facce nuove, oltre a quelle da poker: non un brutto modo per inaugurare la stagione dei maestri.