14 – i tornei giocati da Matteo Berrettini prima di tornare a vincere quattro partite consecutive. La scorsa settimana in Serbia il tennista romano è riuscito nuovamente a farlo, finendo per vincere il titolo, il quarto nel circuito maggiore dopo quelli conquistati sulla terra di Gstaad e Budapest e sull’erba di Stoccarda. Tre tornei tutti curiosamente vinti dal numero uno azzurro senza mai cedere il servizio, circostanza non verificatasi nella capitale serba, dove invece, nel corso della settimana, Berrettini è stato brekkato complessivamente tre volte. Matteo non riusciva a trovare la continuità necessaria per vincere quattro gare di fila dal Masters 1000 giocato a Shanghai nell’autunno di due anni fa, nel quale arrivò in semifinale sconfiggendo due top ten, Thiem e Bautista Agut. Quello asiatico è sinora l’unico torneo in carriera nel quale il tennista romano è riuscito a sconfiggere nel corso di un’unica competizione due colleghi tra i primi dieci al mondo.
Il Masters 1000 asiatico è forse stato l’apice dal punto di vista tecnico del rendimento di Berrettini, che un mese prima aveva raggiunto un traguardo ancora più importante per prestigio e classifica, come la semifinale allo US Open, ma, appunto, a New York aveva superato un solo tennista tra i primi trenta. Dopo Shanghai, che tra l’altro gli aveva dato l’abbrivio per poter partecipare due mesi dopo alle ATP Finals, Matteo aveva centrato individualmente (c’è stata la finale alla ATP Cup raggiunta assieme a Fognini questo gennaio) solo una volta le semifinali (a Vienna, e sempre nel 2019). Dall’inizio dell’anno scorso Matteo non ha mai trovato condizioni di forma adeguate e continuità di rendimento – a causa della pausa del circuito per la pandemia e di una serie di fastidi a inguine e addominali – e in tutto ha giocato solo undici tornei, senza grandi risultati. Nel 2020 ha infatti rimediato tre sconfitte contro giocatori oltre la novantesima posizione ATP e vinto tre partite consecutive solo allo US Open.
Netti segnali di ripresa si erano visti tra lo scorso gennaio e febbraio a Melbourne, dove Berrettini tra ATP Cup e Australian Open aveva sconfitto Thiem e ben tre top 20. Purtroppo, però, dopo la trasferta down under l’allievo di Vincenzo Santopadre si era dovuto fermare nuovamente sino a Monte Carlo, dove è stato nettamente sconfitto da un Davidovich Fokina in ascesa, ma pur sempre non ancora nella top 50 ATP.
A Belgrado è arrivato il riscatto di Matteo, in un momento della carriera in cui da un mese è divenuto il tennista italiano a permanere per il maggior numero di settimane nella top ten (sono 57, davanti a Panatta con 52, Barazzutti con 15 e Fognini con 9). Prima un cammino netto nel derby contro Cecchinato e contro Krajinovic, poi due lotte al terzo set, nelle quali ha mostrato di stare anche bene fisicamente. Berrettini ha infatti vinto nel parziale decisivo sia la semifinale con Daniel (un match in cui era andato a servire per il match nel secondo) che la finale con Karatsev, vinta al tie-break del set finale. Una situazione in cui era uscito vincitore nella partita sin qui più importante della sua vita (i quarti allo US Open contro Monfils, sebbene il gioco decisivo in quel caso si sia giocato al quinto), ma nella quale aveva perso tre delle ultime quattro volte in cui si era trovato a disputarlo: contro Ruud ai quarti degli Internazionali d’Italia lo scorso settembre, e contro Shapovalov nelle finali di coppa Davis giocate a Madrid e nella finale di Monaco di Baviera contro Garin (queste ultime due risalenti al 2019).
Ma dove gioca meglio il nostro numero 1? Una domanda lecita, se si considera che sinora ha vinto tre tornei sulla terra, uno sull’erba (dove nel 2019 ha anche raggiunto gli ottavi a Wimbledon) che i risultati più prestigiosi li ha ottenuti sul cemento all’aperto (semifinale allo US Open e a Shanghai) e che a livello indoor si è rivelato il primo italiano capace di vincere una partita nelle Finals. Per cercare di capirne qualcosa in più, abbiamo scomposto per superfici e per classifica gli avversari incontrati in carriera nel circuito maggiore creando la tabella che potete leggere.
Diciamo che se a nostra precisa domanda, due anni fa Matteo rispondeva di preferire la terra, la sua successiva esperienza nel circuito potrebbe avergli fatto cambiare idea: attualmente sull’erba ha il miglior bilancio partite vinte/perse, sia complessivo che scomposto per range di classifica dell’avversario. Piuttosto a sorpresa, però, sino ad oggi Matteo sembra avere un rendimento migliore sulla terra piuttosto che sul cemento. Per quelle che sono le sue caratteristiche fisiche e tecniche lascia anche stupore l’appena sufficiente bilancio di Berrettini sul duro in condizioni indoor, che nei dieci tornei sinora giocati a livello ATP ha raggiunto solo a Vienna le semifinali (anche a livello Challenger, solo a Bergamo nel 2018 aveva vinto un torneo). Dando un’occhiata più generale, si può dire che Matteo a 25 anni compiuti da pochi giorni è un tennista con ancora ampi margini di miglioramento, capace già adesso di essere competitivo contro ogni tipo di avversario e in qualsiasi condizione di gioco: merita, posizione più posizione meno, la fascia di classifica attualmente occupata.
61 – i tornei ATP vinti da Rafa Nadal sulla terra battuta. Un numero di titoli impressionante -nell’Era Open, prima di lui, chi aveva vinto di più sul rosso era Guilermo Vilas con 49 trofei, seguito da Thomas Muster con 40 e Bjorn Borg con 30 – ottenuto dal maiorchino, tra l’altro per buonissima parte nei grandi tornei giocati sul mattone tritato, dove erano quasi sempre iscritti tutti i più forti specialisti e colleghi. Nel complesso, tra Monte Carlo, Barcellona, Madrid, Roma e Parigi, Nadal dal 2005 ad oggi ha scritto il suo nome sui rispettivi albi d’oro per cinquanta volte (cinquantuno, se si conta anche il successo ottenuto ad Amburgo del 2008, quando il torneo tedesco era ancora un Masters 1000). Gli altri dieci titoli sulla superficie da lui più amata sono arrivati a Costa do Saipe, Acapulco, Baastad, Stoccarda (in due edizioni), San Paolo, Rio De Janeiro, Buenos Aires, e nuovamente Amburgo (la seconda volta è arrivata nel luglio 2015, quando lo storico torneo del Nord Germania era già stato declassato ad ATP 500).
La bacheca di Rafa ha iniziato a riempirsi nell’agosto del 2004, quando era appena al secondo anno di frequentazione del circuito maggiore: a Sopot il maiorchino si imponeva in finale contro Jose Acasuso, vincendo il torneo polacco senza perdere nemmeno un set (era la seconda finale della carriera a livello ATP, dopo quella persa pochi mesi prima sul cemento di Auckland con Hrbaty). A solo otto mesi da quel successo, vincendo di fila a Monte Carlo e Barcellona, Rafa entrava, nemmeno diciannovenne, per la prima volta nella top ten, una zona di classifica nella quale sino ad oggi, in tutte le 813 settimane in cui l’ATP ha pubblicato l’aggiornamento del ranking, lo abbiamo sempre trovato presente. Questo è uno dei più prestigiosi primati dello spagnolo, un incredibile record assoluto di longevità ad altissimi livelli (dietro a Nadal troviamo in tal senso Jimmy Connors con 789 e Roger Federer con 734).
Rafa la scorsa settimana a Barcellona ha del resto superato quota 450 successi sulla terra battuta nel circuito maggiore: un numero sbalorditivo, quantitativamente e qualitativamente (341 di queste sono arrivate nei cinque maggiori appuntamenti sul rosso del calendario tennistico), costituente un record molto difficilmente superabile nei prossimi anni. Se il Roland Garros è il torneo dove Nadal rende al meglio (tredici incisioni del suo nome sull’albo d’oro e due sconfitte in 102 incontri costituiscono numeri che non richiedono ulteriori commenti), è invece difficile dire quale sia il campo dove, giocando al meglio del due su tre, il suo rendimento risulta migliore. Per aiutarci a trovare una qualche risposta abbiamo realizzato la seguente tabella riepilogativa dei suoi risultati nei principali tornei che si giocano sulla terra rossa.
Come si può leggere, di sicuro Rafa non ama particolarmente disimpegnarsi alla Caja Magica di Madrid, dove pure ha vinto quattro volte e fatto altre tre finali (cifre che sarebbero ottime per chiunque, ma non per lui). Paradossalmente le statistiche dicono che nemmeno sui campi del Foro Italico, dove pure Nadal ha un record impressionante (nove vittorie e altre due finali in sedici partecipazioni) avrebbe dai numeri le indicazioni per giocare la partita della vita nella distanza dei due set su tre. Il dubbio resta così tra Monte Carlo e Barcellona, ma alla fine si risolve a favore dei panoramici rettangoli di gioco del Country Club: come si vede dalla tabella, c’è una percentuale di successi simile, ma nel torneo monegasco è più alto il numero di vittorie complessive (73, contro le 66 catalane) e anche maggiore il coefficiente di difficoltà delle stesse (ventuno sono arrivate contro top ten, mentre sono nove quelle catalane).
A Barcellona, in ogni caso, Nadal nel corso della emozionante e infinita partita contro Tsitsipas (con 3 ore e 39 minuti di durata è divenuta la finale più lunga giocata sulla distanza dei tre set da quando l’ATP nel 1991 ha iniziato a registrare questo tipo di dati nel 1991) ha annullato per la seconda volta in una finale un match point (la prima era stata nella finale di Roma contro Federer nel 2006) prima di alzare al cielo la coppa del vincitore. Rafa si è così imposto per la dodicesima volta nel torneo catalano nel quale dal 2005 in poi, quando alla seconda partecipazione in carriera sconfisse in finale Ferrero, ha perso solo tre volte (contro Almagro nel 2014, Fognini nel 2015 e Thiem nel 2019).
Sono pochissimi i tennisti che possono dire di aver sconfitto sul rosso Nadal quando conta davvero: sono celebri le vittorie sul maiorchino al Roland Garros di Soderling nel 2009 e di Djokovic nel 2015, ma è bello ricordare anche i nomi di chi è stato così bravo da sconfiggerlo nei Masters 1000 che si giocano sulla terra (nel caso di Madrid, solo dal 2009) e li elenchiamo di seguito:
- Montecarlo: Coria (03), Djokovic (13), Ferrer (14), Djokovic (15), Fognini (19), Rublev (21)
- Madrid: Federer (09), Djokovic (11), Verdasco (12), Murray (15-16), Thiem (18), Tsitsipas (19)
- Roma: Ferrero (08), Djokovic (11, 14, 16), Wawrinka (15), Thiem (17), Schwartzman (20)
Già soltanto la circostanza che si riesca ad elencare in poche righe chi lo ha sconfitto, è una fulgida testimonianza della carriera straordinaria di un campione che da oltre tre lustri continua a impressionare per i risultati ottenuti e per la voglia di ottenerne di nuovi.