Aryna Sabalenka
Per parlare della finalista di Stoccarda Aryna Sabalenka ho bisogno di un lungo preambolo. Se ripercorrete tutti gli articoli che ho scritto in questi anni per Ubitennis, di una cosa sono sicuro: non troverete mai una critica generica e assoluta sulle scelte tattiche di una tennista. Troverete a volte giudizi negativi sullo sviluppo del singolo match, ma di sicuro mai affermazioni complessivamente liquidatorie sul modo di interpretare il tennis da parte di una protagonista.
Questo perché trovo molto supponenti i giudizi di chi, seduto sul divano, si sente nella posizione di sostenere cose del tipo: “Quella giocatrice sbaglia sempre le scelte tattiche”, oppure “Il modo di giocare di XY è stupido”. Mi dispiace, ma non trovo corrette valutazioni del genere. Stando fuori campo ci mancano troppi elementi per valutare sino in fondo le scelte tattiche compiute durante le partite.
Cito un solo aspetto, fra i tanti possibili: la qualità delle parabole da fronteggiare. Palle che ci sembrano simili possono essere in realtà molto diverse per chi colpisce: nella potenza, nello spin, nella altezza di impatto etc etc. A volte bastano pochi centimetri nella altezza di un rimbalzo per cambiare radicalmente le cose. Di conseguenza anche le reazioni adottate da chi deve costruire lo scambio risultano influenzate da fattori che noi cogliamo solo in modo limitato.
Spesso sono le giocatrici di attacco a essere le più criticate per le loro scelte tattiche, perché quando le cose vanno male normalmente moltiplicano gli errori non forzati. Errore dopo errore: non c’è nulla di più evidente di questo per certificare, almeno apparentemente, una scelta non efficace. Ed ecco che scatta, come sempre dal divano, la condanna sprezzante.
Qui non c’è lo spazio per affrontare in profondità il tema (rimando per esempio a questo articolo: “Madison Keys e le difficoltà particolari delle super-attaccanti”), ma credo non sia poi così illogico immaginare che una giocatrice che ha ottenuto ottimi risultati con uno stile di gioco aggressivo, e magari grazie a quello stile ha raggiunto la finale, sia restia a cambiarlo.
Racconto tutto questo perché Sabalenka nella seconda parte del match contro Barty mi è parsa molto fuori fuoco, al punto da addentrarsi in una serie di scelte quasi autodistruttive. Una tennista entrata improvvisamente in difficoltà, che non riesce a invertire l’inerzia di una partita che va sempre peggio. E così la giocatrice che il giorno prima in semifinale aveva lasciato appena cinque game alla numero 3 del mondo Halep (e lo aveva fatto sulla terra battuta), ha raccolto un parziale di 3 game a 12 contro Barty. E non ho nemmeno avuto l’impressione che il Medical Time Out fosse il frutto di un problema fisico determinante.
E allora? Nel caso specifico di Sabalenka sono convinto che anche il suo fisico e il suo linguaggio del corpo finiscano per ingannare. Alta, potente e con un grunting molto marcato, Aryna ha una presenza che produce un primo impatto molto forte. Ma penso si tratti di un primo impatto fuorviante. Sono infatti convinto che Sabalenka non sia affatto una tennista monodimensionale: non è una pura picchiatrice, con uno scarno repertorio da soli i tre colpi base.
Anzi, è una tennista con molti colpi di qualità: sa come prendere la rete (e la transizione è una delle cose più difficili nel tennis contemporaneo, a causa dei tempi di gioco rapidissimi che lo caratterizzano), ma esegue bene anche i colpi in back (slice di rovescio così come risposte choppate di dritto), e non disdegna le smorzate, sia di dritto che di rovescio. Infine ricordo che nelle ultime stagioni è diventata anche una doppista di valore, che insieme a Elise Mertens ha formato una delle migliori coppie del tennis attuale.
La mia impressione, però, è che Sabalenka riesca a combinare tutte queste variazioni esecutive, a volte anche raffinate, solo all’interno di un flusso di gioco positivo: nel senso che quando le entrano i colpi potenti, è capace anche di variare con notevole efficacia. Ma quando invece comincia a sbagliare i colpi-base, è come se entrasse in un mood negativo che fatica ad arginare, e quindi non è nemmeno nella condizione di affidarsi in modo produttivo a un tennis più prudente e articolato.
Per concludere: è possibile esprimere una valutazione sintetica su di lei? Proverei a metterla in questo modo: a me Sabalenka sembra una giocatrice con un potenziale altissimo, ma ancora alla ricerca del migliore equilibrio sul piano agonistico-mentale. Mentale e non tattico: vale a dire che in certi frangenti è come se perdesse non tanto la chiave di lettura del match, quanto piuttosto l’adeguato livello di concentrazione, e forse anche di fiducia.
E questo spiega, secondo me, anche le difficoltà negli Slam, nei quali fino a oggi ha sempre deluso. Perché è davvero insufficiente che una giocatrice del suo valore non sia mai riuscita ad andare oltre il quarto turno in un Major, per altro raggiunto solo due volte su tredici partecipazioni. Ricordo comunque che stiamo parlando di una tennista nata nel maggio del 1998, che ha davanti a sé ancora molto tempo per esprimere in pieno il suo valore: è ancora presto per formulare condanne definitive.
a pagina 3: Sorana Cirstea