Un gran match, l’ottavo di finale vinto da Elise Mertens contro Simona Halep, e chi parla di partita “solo” intensa avrebbe bisogno di frequentare un corso di educazione al gioco. Non se ne vedono in effetti spesso, di esibizioni simili, né sulla terra rossa né altrove. Ha vinto la fiamminga, alla fine, perché ha avuto meno paura della collega nei momenti torridi, senza contare che, valicate le due ore e trenta di lotta belluina, contano più le gambe del pedigree. Una partita da copertina, il cui finale pirotecnico è valso a emendare ampiamente un primo set condito da qualche bruttura tecnica di troppo.
All’alba dell’incontro ad Halep è stato necessario trovarsi due volte in vantaggio di un break per passare in vantaggio, e alla fine c’è riuscita, perché il tennis di Mertens, in effetti sempre sconfitta nei tre precedenti sul mattone tritato, è sembrato ancora una volta a disagio sulla superficie rossa, dove appoggiarsi è più difficile, e tocca spingere. Inoltre, il rovescio lungo linea, grimaldello che alla lunga si rivelerà fatale alla romena, stentava a stare nel rettangolo, e quando entrava faceva il solletico. In ogni modo, Elise ha annusato l’aria, e ha capito che il vento avrebbe potuto iniziare a tirare dalla sua anche quando è finita sotto di un break nel secondo, dopo aver sprecato il vantaggio di tre a uno: i belgi di vento se ne intendono.
Halep, che ricordiamo già due volte campionessa da queste parti, oggi non era in vena di aver cura dei risparmi accumulati: di nuovo rimontata, la tennista da Costanza si è trovata a dover servire per rimanere nel set sul cinque a sei, ma quattro errori non forzati consecutivi l’hanno costretta al terzo. Lì lo spettacolo è iniziato davvero, molti errori si sono trasformati in vincenti da cinema, e tuttavia uno dei filoni del match, forse il più rilevante, è proseguito sul medesimo copione incurante del cambio di sceneggiatura: per due volte avanti di un break, il secondo clamoroso omaggio di una Mertens incapace di appoggiare un rovescio bimane a un metro dalla rete con l’avversaria immobile, Halep è rimasta ostaggio dei propri fantasmi, e il rovescio lungo la linea della belga, ora vincente con costanza, ha fatto il resto. Ancora sul cornicione del cinque a sei, la terza testa di serie ha deciso di portare a quarantotto totali l’esorbitante numero di errori non forzati, cedendo definitivamente il passo.
“Ho bisogno di giocare qualche partita in più“, ha detto Simona in conferenza stampa, non troppo rabbuiata per la sconfitta. “A volte ho troppa fretta di vincere il punto” è la sua analisi; il modo migliore per risolvere il problema, a suo dire, è mettere più tennis nelle gambe.
Per la prima volta in carriera nei quarti di Madrid, Mertens affronterà un’altra debuttante tra le prime otto nella capitale spagnola, in un match colmo di significati anche personali: Aryna Sabalenka, la quale ha travolto in cinquantaquattro minuti la povera Jessica Pegula, è stata per una manciata d’anni la compagna di grandi successi in doppio, anche se il sodalizio è stato temporaneamente sciolto un paio di mesi fa.