Il tardo pomeriggio del day 1 sul Centrale darà il bentornato a Andy Murray. Lo scozzese, due volte campione nel 2013 e nel 2016, manca dal tabellone del singolare di Wimbledon dal 2017 e – doverosamente omaggiato di una wild card – ha provato a gustarsi ogni attimo del percorso di avvicinamento. Compreso un allenamento con Roger Federer vissuto con occhi diversi: “Sei o sette anni fa non ci avrei fatto nemmeno caso – confessa – sarebbe stato un normale rodaggio in avvicinamento al torneo, sarei stato concentrato solo su me stesso. La mancanza di queste cose negli ultimi anni mi ha fatto invece godere la bellezza di un momento così, condiviso con Roger“.
Belle sensazioni, al netto di un’atmosfera che non potrà mai essere quella di sempre nell’Inghilterra in allerta di fronte alla variante Delta. Ma che non rinuncerà ad avere gli occhi del mondo addosso, nelle settimane in cui coesisteranno a Londra Wimbledon ed Euro2020. “In realtà posso solo parlare dell’emozione del ritorno qui per me – le parole, sempre pacate, di Sir Andy -, il popolo del Regno Unito credo abbia avuto preoccupazioni maggiori negli ultimi 18 mesi. La possibilità di giocare davanti alla gente, anche se non al tutto esaurito, per quanto mi riguarda rappresenta un passo verso la normalità“. In un’estate impegnativa come gli mancava da tempo.
ESTATE PIENA – Dopo Wimbledon, lo scozzese sarà anche a Tokyo per l’Olimpiade. Il torneo a cinque cerchi l’ha vinto due volte – in casa a Londra nel 2012 e a Rio quattro anni dopo – e continua a sentirne il fascino, senza farsi condizionare dalla congiuntura che ha spinto molti suoi colleghi a tirarsi indietro. “Mi attendono due grandi appuntamenti – ha proseguito -, spero solo regga il fisico per poter mostrare una buona versione di me. Gli allenamenti con i top player, al di là del risultato, mi hanno detto che non scendo in campo a farmi prendere a schiaffi. Le emozioni a questo livello mi sono mancate. Penso sempre a sei o sette anni fa, quando avvertivo la pressione di giocare qui sul Centrale pieno, ci sono stati dei momenti in cui tutto ciò mi ha messo ansia. Adesso invece ho voglia di tornare a sentirla, questa pressione. C’è una serie di cose del tennis che amo, tra queste la routine, la quotidianità di contesti del genere“. Non sembrano le parole – e sarebbe anche comprensibile, invece – di chi si sta godendo la passerella conclusiva di una carriera splendente e allo stesso tempo tormentata.
FUTURO – Intervistato da Sebastian Torok su La Nacion, quotidiano argentino, Murray si è esposto: “Non è nei piani che questo debba essere il mio ultimo Wimbledon“. E nella conferenza stampa londinese, in avvicinamento all’esordio contro Basilashvili, ha argomentato: “La cosa più difficile di queste settimane è stata la strada per arrivare qui. Ne ha parlato anche Roger dopo Halle. Tutti sanno quanto mi sia sempre piaciuto giocare al Queen’s (ha perso al secondo turno con Matteo Berrettini, ndr), però a 10-12 giorni da Wimbledon viene da pensare al rischio infortuni, considerando quanto vale per me essere qui. È un pensiero solo del pre, poi quando scenderò in campo la prospettiva si ribalterà. Giocherò punto su punto e se il mio corpo dopo mi farà male, non sarà un problema. La cosa più difficile è la preparazione, quando questi pensieri finiscono per coesistere con la necessità di spingere in allenamento per arrivare al massimo“. Prospettive che cambiano, fisiologicamente.