Avrà tempo Jannik Sinner di migliorare il proprio curriculum sull’erba, ma il corso di studi sarà impegnativo, duri gli esami. Il kid di Sesto Pusteria, battuto in quattro set da Marton Fucsovics nel suo esordio a Wimbledon, dovrà rinviare il momento della prima gioia a Church Road. Più della sconfitta patita in un match di primo turno iniziato benino e finito con la visiera calata su uno sguardo torvo, a preoccupare – preoccupare il giusto, la carta d’identità va tenuta sempre in ampia considerazione – sono la scarsa attitudine al verde e gli enormi problemi di adattamento visti e rivisti oggi in molteplici occasioni tattiche, le più diverse tra loro.
Ha funzionato poco, a partire dal servizio: due ace in tre ore di tennis on grass sono davvero poca roba, e le seconde, spesso preda delle ottime risposte d’incontro del buon Marton, un bancomat a perdere. Bravo l’ungherese ad adattarsi a campo e avversario dopo un avvio sonnolento, mentre a Jannik non è riuscito di modificare atteggiamento e strategia. Confuso e avvilito anche a causa di molte occasioni non capitalizzate, il ragazzo si è incartato, incaponito, finendo per offrire a Fucsovics la benzina sufficiente a tagliare il traguardo vincitore. Il prossimo turno, contro Jiri Vesely, rappresenta peraltro una buona occasione per proseguire il viaggio londinese.
Incassato il break nel primo gioco dell’incontro, Sinner ha presto preso ad azzannare gli scambi, a controllarne l’andazzo, spingendo Fucsovics in un angolo. Pareggiati subito i conti, Jannik ha messo la freccia nel quarto gioco, al volo, in calce a uno scambio costruito benone. I primi balbettii sono cominciati nel game successivo, quando Marton si è reso conto che l’offerta di palle senza peso avrebbe restituito dividendi decisivi. Intanto è arrivato l’immediato contro-break, comunque prodromo all’arrivo in volata favorevole all’atoatesino e al suo rovescio: tonitruante quello in cross, sulla linea, a procurare il set point, convertito di lì a poco ringraziando l’errore di dritto ungherese. Il più sembrava fatto solo a chi tende a guardare più i numeri e i rotocalchi che le partite, perché gli scricchiolii già si erano sentiti prima che iniziasse a franare l’edificio.
Il secondo set, un pianto: il giovane fenomeno è ruzzolato un paio di volte rendendo plastica la propria antipatia verso i prati; prati che hanno malignamente ricambiato restituendo angoli bassi e ostili sui molti back giocati da Fucsovics, perfetti per mandarlo ai matti. “Non mi sento sicuro quando mi muovo sull’erba, poi quando scivoli due o tre volte sei ancora più insicuro” ha detto Jannik in conferenza. “Provi a fare qualcosa di diverso, a stare più basso… a livello di colpi abbiamo lavorato per andare di più a rete, ma oggi non ci sono riuscito molto“. Pericolosa, da correggere quanto prima, la tendenza di Jannik a spingere al massimo tali palle, in effetti spesso finite in braccio ai giudici di linea. Troppi gli errori di misura commessi dal più alto graduato tra i teenager del mondo: come quello causa del break del quinto gioco, nefasto nell’indirizzare la frazione verso il rivale. La difficile volée sbagliata per un nuovo break Ungheria nel settimo game è assurta a nuovo simbolo di un complesso rapporto con la rete, e di una partita tutta da rifare nonostante un tardivo tentativo di reazione.
Il terzo set si è rivelato il definitivo spartiacque del match: occasioni in risposta, tutte per Sinner: nel primo gioco, durato diciotto punti, e poi nel settimo, egli non ha saputo sfruttare un totale di quattro occasioni per far breccia nella battuta del rivale, e puntuale, sul rettilineo d’arrivo al dodicesimo, si è materializzato l’insolito problemone. Sull’erba, a differenza di quanto normalmente avviene altrove, Jannik ha mostrato di soffrire pene immani in uscita dal servizio. Il voltafaccia tattico ne mina le convinzioni, e un paio di colpi sballati perché giocati in ritardo hanno regalato a Marton due set point. Cancellato il primo con un servizio vincente, Sinner ha dovuto soccombere poco dopo, quando il suo rovescio è atterrato lunghissimo oltre la linea di fondo.
Ci sarebbe stato tempo per recuperare, ma testa e gambe non ne hanno più voluto sapere. A poco è valso trovarsi per ben due volte avanti di un break nel quarto set: Jannik ha continuato a disfare quanto faticosamente tessuto, e la sua faccia in effetti non era un programma allettante. Ci riproverà, l’età è dalla sua, le scusanti del caso abbondano. Ma per provare a domare i prati infesti, nei prossimi anni, servirà un gran lavoro. Magari lontano dalle luci dei riflettori. “Il lavoro, prima o poi, sicuramente pagherà” ha detto Sinner in chiusura di conferenza stampa. Metà abbattuto e metà desideroso di una pronta rivincita.