Bye bye Italian ladies at Wimbledon. Eh sì, di tre ragazze che avevamo in tabellone non ce n’è rimasta più una. Scomparse di scena al primo atto Martina Trevisan e Jasmine Paolini, ha lasciato l’All England Club anche l’ultima superstite, Camila Giorgi, elegante come nessuna nelle mises disegnate da mamma Claudia Fullone tanto onniassente nei teatri del grande tennis quanto è invece onnipresente papà Sergio. A volte, e può sembrare una cattiveria, mi chiedo se non era meglio il contrario. Ma la mamma come stilista secondo me ha vero talento e la figlia come modella non è da meno.
Però queste non sono qualità che le hanno consentito di superare Muchova, la ragazzona ceca che all’ultima edizione giocata a Wimbledon raggiunse i quarti e non per caso. Camila non ha giocato una brutta partita. Ma il terzo set lo ha purtroppo compromesso con un brutto avvio, due break di seguito, sotto 4-0, conditi da troppi doppi falli. Dieci nel match contro uno solo di Muchova che però ha messo a segno 11 ace contro i 2 di Camila: la differenza nei soli punti diretti di servizio fa 18! Nel match Muchova ha fatto in tutto 102 punti, Camila 90. Non sono diplomato in ragioneria… ma 18 punti sono più di 12.
A parità di servizio – e in altre partite, in altre giornate, questa parità ci potrebbe quasi stare, non sto confrontando Kyrgios che fa 30 ace in un match e Schwartzman che non ne fa 3 – Camila ha complessivamente giocato meglio di Muchova. Peccato allora che il servizio, anche fra le donne, abbia una sua valenza. Mi sono consolato facendomi promettere da Camila che prima o poi farà con me un altro giro in vespa, come 8 anni fa a Wimbledon.
Salutate le ragazze ci restano in lizza tre ragazzi al terzo turno. A Fabio Fognini si uniscono, abbastanza prevedibilmente i due gemelli “diversi” Matteo Berrettini e Lorenzo Sonego. Il primo ha rischiato di perdere un set, ma San Servizio – a proposito… Camila! – gli ha permesso di salvare due setpoint consecutivi nel terzo set, mentre Sonego ne ha perso uno, il primo, e ha rischiato di perderne un altro, il terzo, ma ha finito dominando nel quarto. I due non sembrano attesi da un compito proibitivo per centrare il traguardo della seconda settimana. Sarebbe per la seconda volta per Matteo, mentre Lorenzo non era mai andato oltre il primo turno quindi ha già fatto tanto. Con Matteo che troverà Bedene n.64 da lui già battuto due volte su tre e Lorenzo che affronterà Duckwort n.91, sebbene si tratti di due erbivori dotati di un ottimo servizio – ancora! – sperare (contare?) in un trionfo bis non mi sembra azzardato. Nessuno dei due può lamentarsi anche se entrambi si rifugiano nelle solite scontate dichiarazioni: “Se sono arrivati al terzo turno vuole dire che erano più forti di quelli che hanno battuto, che giocano bene, che sono pericolosi”. Quante volte le abbiamo sentite queste frasi?
Per la verità anche il miglior Fognini contro Rublev, n.7 del mondo ma mai andato così avanti sull’erba, potrebbe anche farcela, se almeno lui ne fosse convinto. Non ha nulla da perdere, nessun motivo per essere nervoso, la condizione mentale parrebbe ideale per un tipo come lui. Anche se ha avuto una qualche ragione nel rispondere a chi gli faceva notare che Rublev non sembra avere un piano B quando gioca: “Gli basta quasi sempre il piano A”.
Molto dipenderà dall’inizio. Se fosse Rublev, e non Fognini, a innervosirsi per primo, la sorpresa ci potrebbe anche scappare. Un Fognini in rimonta c’è stato una volta, a Montecarlo. Una seconda volta mi pare improbabile. Non sarebbe male che Fabio conquistasse gli ottavi per la prima volta in 12 presenze a Wimbledon, al suo Slam n.52 e alla sua sesta opportunità. Cinque volte è stato fermato al terzo turno, da Bennetau nel 2010, da Anderson nel 2014, da Murray nel 2017, da Vesely nel 2018 (sì, quella volta che esclamò: “Gioco peggio di Scanagatta!”) da Sandgren nel 2019. In 51 Slam il suo miglior risultato è stato raggiungere i quarti al Roland Garros 2011, quando divenne il primo italiano a raggiungere un quarto di finale in uno Slam dopo Davide Sanguinetti nel ’98 a Wimbledon.
Non è riuscito a procurare la grande sorpresa Gianluca Mager, di fronte al funambolico – e istrionico – Kyrgios. Non essendo mai riuscito a conquistare una pallabreak contro l’australiano che fra una gag e l’altra, un siparietto e l’altro con gli spettatori delle prime file, ha anche messo a segno 30 aces in 3 set, non si può dire che Mager avrebbe potuto farcela se non avesse messo fuori una comodissima volee di rovescio che non avrei sbagliato neppure io quand’era avanti 5-2 nel tiebreak del primo set. Però Kyrgios showman dal cuore fragile, era nervosetto in quel frangente e se avesse perso il primo set chissà come avrebbe reagito.
Mager comunque ha giocato proprio bene, nel complesso, e le statistiche parlano di suoi 58 vincenti contro i 48 di Kyrgios. Mica male! Mager si è anche tolto un sassolino dalla scarpa ricordando quando Kyrgios aveva parlato di lui a suo tempo quasi che fosse un brocco qualsiasi. Nel tiebreak del primo set l’australiano ha invece temuto il peggio. Sono curioso di vedere come finirà fra lui e Aliassime, e sarà curioso anche Zverev che battendo Fritz (vittorioso in 5 set nel derby USA con Johnson) dovrebbe poi affrontare il vincente con qualche apprensione.
Questo secondo turno mi ha permesso di vedere ben altro Federer rispetto a quello tremebondo visto con Mannarino. Sarà anche stato Gasquet, complessato da 18 sconfitte in 20 duelli, a facilitargli il compito ma fino al tiebreak del primo non è stato così. Poi il 7-1 per Roger ha disancorato gli ormeggi. “È stato uno dei tre miei migliori match di quest’anno, con quello con Evans e quello con Cilic a Parigi…”. Roger, che ha fatto trasalire i suoi fan soltanto quando è scivolato picchiando proprio il ginocchio, era ovviamente contento dei progressi mostrati. Gasquet gli ha giocato sempre sul rovescio, alla fine quasi mettendoglielo in palla. Anche se invece contro Mannarino era sembrato il dritto il colpo in maggiore difficoltà. Contro il mancino Norrie sarà forse più dura e non solo perché potrà sperimentare per una volta una parte del pubblico del centre court a tifare per un avversario. Abbiamo visto il Brit al Queen’s essere bene in palla, però Roger ha mostrato fiducia sul proprio status: “Ho sempre giocato meglio nei turni successivi rispetto ai primissimi round in tutti i miei Slam…”.
Ho avuto anche occasione di fare una domanda a Roger, l’ultima della sua conferenza stampa in inglese. Ha provocato un mini batti e ribatti che vi riporto alla lettera.
Io: “I bookmaker dicono che la finale più probabile di questo Wimbledon sia Djokovic-Medvedev, la seconda Djokovic-Federer e la terza Djokovic-Berrettini… sei sorpreso di essere pronosticato nella seconda finale più probabile dopo tutti i problemi che hai avuto ed esserti dichiarato come primo obiettivo quello di raggiungere la seconda semifinale? E perché pensi che Berrettini sia più favorito di Zverev come possibile terza finale?“
Roger: “Numero 1 non mi importa granché di quel che dicono i bookies. Numero 2 i bookies di quale Paese? Inglesi?”
Io: “Sì, a quanto ho capito”.
Roger: “Ciò risponde alla tua domanda concernente Berrettini. Chiunque vinca al Queen’s sale molto nella loro considerazione. Poi ha vinto Stoccarda un paio d’anni fa, mi sembra. E ha avuto un discreto Wimbledon due anni fa…“.
Io: “Contro di te…”.
Roger: “Ecco perché è lassù. Io penso che Zverev dovrebbe stare più su, forse perché io ho giocato contro lui sull’erba e so che può giocare molto bene, soprattutto se è centrato al servizio. Medvedev, perdonami, è il n.2 del mondo. È normale che dovrebbe essere lì. Poi io… con i miei risultati qui, mi devono sempre piazzare da qualche parte. Non so come spiegartelo, non mi importa, non è importante. Ma i bookies hanno probabilmente ragione riguardo a Djokovic che è sempre presente in tutte quelle finali, perché lui il favorito”.
Nella mia videochat con Steve Flink mi ero sbilanciato come Federer. Anch’io ho detto – sia pur augurandomi il contrario… a favor di Berrettini – che ritenevo Zverev il favorito per un posto in finale nella metà bassa… però se Kyrgios batte Aliassime e arriva a Zverev non so come va a finire. Forse potrebbe accadere che l’australiano estrometta Zverev e poi soccomba davanti a Berrettini che così raggiungerebbe la semifinale. Incrociamo le dita.
Intanto oggi i fan di Federer potrebbero celebrare un compleanno: esattamente il 2 luglio 2001, 20 anni fa, Roger Federer sorprese Pete Sampras a Wimbledon in ottavi di finale. Il titolo più banale scrisse: “È nata una stella”. Pete aveva vinto Wimbledon 7 volte. Roger lo avrebbe vinto 8, la prima nel 2003. Rivedremo Federer sul Centre Court domani contro Norrie, ma anche oggi il mitico centrale sarà presidiato da un tennista inglese anzi due. Prima Evans contro Korda, poi Braveheart Murray contro Shapovalov in un match inedito, dopo che la stampa inglese lo ha ancora dipinto come un idolo, un eroe a seguito della sua vittoria in cinque set sul tedesco Otte dopo 3 ore e 50 minuti. E nessuno nel Regno Unito sottolinea malignamente l’aiutino che Sir Andy ha avuto dalla chiusura del tetto.
Il radiocronista di Radio Wimbledon lo aveva presentato all’ingresso sul campo: “È come far tornare indietro l’orologio. Il tennis torna indietro e abbiamo Andy Murray sul Centre Court che ci intrattiene!” Un altro, Chris McKendry, avrebbe detto alla fine della vittoriosa maratona: “I titoli vinti a Wimbledon ne hanno fatto un eroe. Match come questi ne fanno una leggenda”.
Chiudo con un piccolo plagio ai danni di un amico californiano, Bill Simons, che ha scritto che c’è un solo Wimbledon, ma anche tanti… duo. Due Madison… le signorine Keys e Brengle. Due Coco… la teenager Gauff e la più anziana Vandeweghe. Due Rogers… Federer e Shelby. Una Mertens e una Bertens con una sola consonante a separare la belga Elise e l’olandese Kiki, più confinanti di così si muore. Un paio di Denis, il piccolo Kudla e il biondo Shapovalov. Poi il duo Monfils, Mr and Mrs, entrambi battuti ieri, sia Gael sia la sua promessa sposa Elina (Svitolina). Non c’è nessun Goran, ma c’è un Garin e un Giron, il cileno Cristian e l’americano Marcos. Poi c’è naturalmente un famoso Novak – il favorito Djokovic – e il meno famoso Novak con passaporto austriaco. E naturalmente due Murray, anzi tre con il doppista Jamie, Andy e Samantha. Infine aggiungo io un trio italiano… un po’ tirato per i capelli: Lorenzo Musetti e Lorenzo Sonego più… Paolo Lorenzi.
Ieri per fortuna ci sono stati un po’ meno scivoloni. Ma il meteo non promette granché per il weekend. I due tetti finora hanno salvato ore di nulla. Ricordo che nel 1982 soltanto metà dei 365 match programmati nella prima settimana furono portati a termine. E anche che a partire dalla seconda guerra mondiale 15 giorni erano stati completamente cancellati dalla pioggia. Fino a che nel 2009 il primo tetto apparve a coprire il Centre Court. Ci giocarono solo due mezzi match, Dinara Safina contro Amelie Mauresmo, ex campionessa di Wimbledon e poi Murray Wawrinka che finì alle 10:39. Quel tetto costò 160 milioni di sterline. Ma per i primi anni l’investimento non fu troppo ben ripagato.
Nel 2010 fu usato una sola volta, e non per via della pioggia ma dell’oscurità, due volte nel 2015, una nel 2017 e per nulla nel 2019. Ecco perché ho sempre scritto, avendolo sperimentato sulla mia pelle e sugli scooter (Vespe, Beverly, MP 3) che mi ha generosamente sempre fornito e di tutti i colori la Piaggio nei due Slam europei, che a Parigi ho preso molti più acquazzoni che a Londra, sebbene quando si parla di pioggia e di tornei, tutti pensino sempre a Wimbledon. Una cattiva fama piuttosto ingiusta. Solo che tre gocce a Wimbledon interrompono un match, mentre a Parigi sui campi non te ne accorgi. In Vespa sì.