Non fosse che una certa abitudine all’imprevisto l’avremmo fatta, saremmo fissi sulla seggiola con la bocca aperta, il cucchiaio con fragole e panna sospeso a mezz’aria. La vulgata editio riporta, diffonde; la sua versione esonda dal recinto stretto degli addetti ai lavori e ormai la massaia in coda alla gastronomia ammonisce: qualsiasi torneo femminile, persino il più prestigioso, può essere vinto da chiunque.
Difficile smentire il dogma cristallizzatosi attorno ai rettangoli di gioco in coincidenza con la nascita di Alexis Olympia Ohanian, lieto evento per mamma Serena Williams e per avversarie impazienti di lasciare la perpetua carica di vice-regine. Così è la storia recente, nonostante qualche vago tentativo di controllo del territorio sia in effetti andato in porto. Il solido numero uno punzonato alla schiena di Ash Barty, per dirne una. Oppure, i costanti affondi negli Slam di Naomi Osaka, prima che il caotico alterco con la stampa del Roland Garros, poi spiegato da un profondo stato di prostrazione psicologica, le imponesse una pausa che ci auguriamo breve e salvifica.
In generale, tuttavia, si vive d’interregni ed exploit, per il simultaneo spasso e turbamento di tutti gli allibratori applicati alla pallina gialla del globo. L’edizione 2021 di Wimbledon, finalmente tornato a inverdire gli occhi di noi tutti dopo la drammatica pausa imposta dalla pandemia, potrebbe non sottrarsi alla regola, e anche se alcune favorite sono in corsa e promettono bene, già qualche sconquasso si è visto, nei primi quattro giorni bagnati e passati della competizione. Delle prime dieci teste di serie ne sono saltate sei, dopo due turni appena. Sofia Kenin, Bianca Andreescu, Elina Svitolina, Serena Williams, Belinda Bencic e Petra Kvitova hanno salutato, nolenti, coinvolte in cadute fragorose anche simboliche. A loro si è aggiunta Garbine Muguruza, dodicesima favorita, che di responsabilità ne avrebbe qualcuna in meno per essersi inchinata al cospetto di una Ons Jabeur straordinariamente ispirata.
Emblematica, più di ogni altra, la caduta occorsa a Serena, tradita da una coscia insorta e fisicamente franata sull’adorata erbetta venti minuti dopo l’esordio nella competizione al cospetto di una costernatissima Aliaksandra Sasnovich. Lacrime per lei, e tabellone più aperto che mai.
Avvenimenti sbalorditivi fino a un certo punto, eppure diffusi oltre le aspettative. Nel secondo spicchio in particolare, quello che genererà il secondo ottavo, a nord del draw. Lì di graduate, alte o basse che fossero, non c’è più neppure l’ombra. Della povera Bianca, bersagliata da sciagure fisiche delle più varie fogge e tremebonda sulla sconosciuta erba, abbiamo già detto, e anche le altre star presenti in loco, da Vika Azarenka ad Anett Kontaveit passando per Daria Kasatkina, ne hanno seguito l’esempio. La giocatrice da Togliatti ha la giustificazione firmata: Jelena Ostapenko, che ne ha fermata la corsa, sembra essere tornata in carreggiata. A Church Road ha già guadagnato un quarto e una semi: se gli spari da fondo stanno dentro, può battere chiunque. In caso contrario, facile trarre le dovute conclusioni.
Più sorprendente il rovescio della biondissima estone, proprio da Aliona traumatizzata nella recente finale di Eastbourne ma erbivora d’origine controllata. Marketa Vondrousova, certo non a proprio agio sul tappeto verde, ha piazzato una discreta sorpresa eliminandola, ma di lì a poco di una più grande improvvisata è stata vittima: nel secondo round il suo torneo è stato stoppato da Emma Raducanu, diciottenne wild card di casa attualmente occupante la posizione numero 338 delle classifiche mondiali.
Nata a Toronto da padre romeno e madre cinese, ma trasferitasi a due anni in Albione dov’è stata amorevolmente accudita dalla LTA, la teenager è il vero volto nuovo dell’edizione in corso d’opera. Prima di infliggere a Marketa una discreta batosta aveva eliminato Vitalia Diatchenko, la collega che pare aver fatto decisa breccia nei sogni d’inizio estate di Lorenzo Sonego. Sia come sia, Emma non ha ancora perso un set, e intende continuare a divertirsi in quello che senza mezzi termini le ricorda un centro estivo.
“Mi sembra di essere in vacanza – ha dichiarato alla Stampa dopo il trionfo al secondo round -, mi godo ogni momento, voglio restare qui il più a lungo possibile“. Nel frattempo le aspettative rimangono alte, soprattutto per merito e colpa di sé medesima, e non solo per quanto attiene alle faccende di campo. A scuola, la giovane Raducanu è considerata una secchiona con mire elevatissime, e ciò sia detto con tutta la stima del caso. “Dovessi scegliere tra il massimo dei voti in tutte le materie in pagella e il quarto turno a Wimbledon? In classe sono competitiva, voglio ottenere il meglio, ma opterei per gli ottavi in ogni caso“. Nello spicchio senza regine, il prossimo ostacolo di Emma sarà Sorana Cirstea, la quale ha inopinatamente cacciato Azarenka al terzo set proprio quando il vento del match sembrava girato.
La romena di Bucarest sta vivendo l’annata della resurrezione, infiocchettata da un titolo a Istanbul e da una finale a Strasburgo, ma sull’erba, preparandosi a Wimbledon, aveva complessivamente raccolto dodici giochi nei primi turni persi a Berlino e Bad Homburg contro Garbine Muguruza e Andrea Petkovic. Non il biglietto da visita migliore possibile. Raducanu, che diverse volte all’anno torna in Romania a far visita ai nonni, vivrà una sorta di derby, e con questi chiari di luna potrebbe essere un derby aperto. Le due si sono incontrate qualche settimana fa per intercessione dei rispettivi coach, e dev’esserci scappato qualche palleggio. Non una buona notizia per Sorana, considerato che Emma, qualche giorno prima di entrare nel Club più famoso del mondo, aveva scambiato per un’oretta anche con Marketa Vondrousova: la capacità di elaborare le informazioni di cui è provvista la studentessa modello devono essere notevoli, con buona pace delle rivali. Bleu-noir pour messieurs, coup de coleur pour dames. La tribuna è pronta: lo spicchio senza padrone è lì per regalare altre avventure dal finale imprevedibile.