Jannik Sinner che decide di non andare alle Olimpiadi, un evento che si disputa ogni quattro anni per il quale diverse centinaia (migliaia?) di atleti di 28 sport (almeno a Rio 2016) si allenano per quattro anni e sognano di parteciparvi, è certamente un caso anomalo. Lo è anche perché nessuno, per quanto promettente, per quanto sicuro di sé e del proprio avvenire, può essere sicuro di partecipare al 100% ad una futura edizione. In quattro anni (anche se per Parigi 2024 saranno tre) possono succedere tante cose. Si può essere scavalcati da altri atleti migliori. Si può – corna facendo – essere vittime di infortuni alla vigilia dei Giochi e ritrovarsi a saltarle. È successo a tantissimi atleti delle discipline più varie. I professionisti dello sport sottopongono il loro corpo a sforzi enormi, lo tirano al limite e ogni tanto il corpo si ribella. È di pochissimi giorni fa il k.o. di Larissa Iapichino. E nei giorni scorsi di diversi tennisti. Non tutti infortunati, alcuni diversamente motivati, altri impauriti (legittimamente) dal COVID, altri hanno rinunciato con le spiegazioni più diverse, forse non tutte vere, sincere.
La spiegazione addotta da Jannik in un suo post social può essere stata sincera, ma non è stata forse la migliore che potesse trasmettere, almeno a giudicare dalla pioggia di critiche che ovunque, sui siti come sui social, lo hanno bersagliato. Per carità, c’era qualcuno – i famosi leoni da tastiera – che non aspettava altro, ma lui gliene ha offerto il destro. Proprio perché ama utilizzare i social direi che se lo poteva aspettare. Ma dire quel che ha detto, e cioè che era preferibile allenarsi proprio durante le settimane delle Olimpiadi – che poi il tennis ne dura una sola, ma ok ci sono i viaggi andata e ritorno – ha fatto pensare che: a) o Sinner e il suo team (che di fatto influenza molto le sue scelte) pensano che tre settimane di duro lavoro possono trasformare in modo straordinario il suo rendimento cancellando radicalmente gli strascichi dell’ultimo deludente periodo; b) oppure pensano che una partecipazione alle Olimpiadi la si può snobbare tranquillamente.
Ora… a me paiono francamente poco credibili entrambi questi due modi di ragionare. E quindi quasi inevitabilmente criticabili. E allora mi viene da pensare a qualcosa che Jannik – vuoi perché consigliato dal team oppure lui stesso – non si è sentito di dire. Un esempio: la paura del COVID. Il rischio pandemico sembra abbastanza presente in Giappone. Secondo alcuni è alto. E allora perché mettere tutto a repentaglio (prossimi tornei, risultati per qualche mese in una ipotesi negativa) per andare a Tokyo, quando oltretutto la forma sembra traballante e le chance di andare a medaglia irrisorie?
Ovviamente, se questa mia ipotesi avesse una qualche sostanza, Jannik non avrebbe potuto raccontarla in piena trasparenza. Perché mai per lui avrebbe dovuto essere rischioso e per tutti gli altri, azzurri e non, invece no? Non sarebbe stata una bella figura. Sarebbe passato da egoista, da fifone, da menefreghista al cospetto di migliaia di atleti che invece a Tokyo andranno e si daranno battaglia. Così però, con quelle dichiarazioni che spiegavano la rinuncia ai Giochi con la necessità di allenarsi, si è attirato gli strali di mezzo mondo.
E siccome ce n’erano già prima perché Jannik aveva deluso le generali aspettative a Madrid (Popyrin secondo turno), Lione (Rinderknech secondo t.), Parigi (Nadal e solo 8 game vinti), Queen’s (Draper primo t.), Wimbledon (Fucsovics primo t.), la gente del web si è scatenata e gli si è accanita contro. Di brutto, come fa troppa gente oggi. Anche su Ubitennis purtroppo. E non potete immaginare quanto mi dispiaccia consentire di esprimere – nel rispetto delle opinioni di ciascuno – anche opinioni scritte senza il dovuto garbo, il dovuto rispetto, la necessaria sensibilità. Ma se uno che ci scrive queste qualità non le ha… non è che gli possiamo censurare quel che noi non scriveremmo mai. Non ci si può arrogare giudizi di merito sulle opinioni altrui, sollevare questioni di bon ton, di signorilità, anche di educazione. Diventerebbe una moderazione troppo soggettiva. Alla fine ingiusta. Ciascuno ha l’educazione che ha. Pontificare su quella degli altri non è giusto, anche se verrebbe voglia di farlo. Mille volte.
È strano ma il web sembra aver risvegliato in molti lettori una sorta di cattiveria, di aggressività altrimenti sopita. Quasi sotterranea ma che esplode vulcanica, irrefrenabile. Qualche giorno fa Franco Arturi su Gazzetta dello Sport aveva scritto un articolo intitolato: “Italia grande nel tennis. Ma c’è chi la schernisce”. Vi si leggeva di Sinner “che a nemmeno 20 anni ha riscritto tutti i primati di precocità di più di un secolo di tennis italiano” ma si segnalava anche l’esistenza di “un frequentato gruppo di Facebook su ‘vediamo che scusa ha la sconfitta di Sinner oggi’”. E l’articolo proseguiva accennando a Berrettini, il top-ten più longevo del tennis italiano in termini di settimane (più di Panatta 52, di Barazzutti 40, di Fognini, pochissime). Valanghe di commenti irridenti sul suo “rovescetto”, “non esisterà mai ad alto livello”. A Musetti c’è chi scrive dandogli del “pompato”, a Sonego “è un nessuno” e lasciamo perdere quel che è uscito su Sara Errani.
“Le fogne di Internet sono sempre intasate” scrive l’ex vicedirettore de La Gazzetta sui… campioni di vigliaccheria. Che siano scommettitori delusi che si “vendicano” gettando fango sui giocatori che li hanno… traditi, è un’ipotesi plausibile. “Se non sei Federer, Nadal o Djokovic, resti solo un mezzo giocatore cui ridicoli giornalisti regalano titoloni per chissà quale complotto” conclude la sua filippica Arturi riferendo il virgolettato a un qualche Webete (definizione di Umberto Eco).
Beh, ormai è diventata così consuetudine tutto ciò, tutti questi insulti gratuiti che nessuno sembra sorprendersi più, almeno tra i giovani, diciamo pure fra gli under 35. Come se fosse proprio normale e assolutamente accettabile. Guai ad indignarsi: se ti indigni sei un vecchio parruccone bigotto. Beh, insomma, a furia di accettare senza minimamente lottare qualunque cosa, qualunque sparata – in omaggio alla presunta libertà di espressione – si rinuncia a credere che le cose possano anche cambiare. Che non si possa fare nulla.
C’è una discreta corrente in seno alla redazione di Ubitennis che vorrebbe abolire i commenti. Non solo perché costa fatica, molta fatica e stress, premoderarli (quando poi qualcosa può certamente sfuggire…), ma perché ci si domanda in quale misura siano ben ponderati, suggestivi, meritevoli di attenzione, intelligenti, interessanti, non sboccati o diretti personalmente e provocatoriamente a un altro lettore, e non indispongano altri lettori o quei giocatori di cui ameremmo parlare e discutere in termini sereni, moderati, senza doverci talvolta difendere per giudizi mai espressi da noi ma da lettori talvolta eccessivamente egocentrici, perfino rozzi.
Ora per esempio è diventato di moda il tiro a Sinner, sparare ogni genere di contumelie – più su Facebook che sui siti per la verità – sul tennista reo di essere altoatesino, di essere succube di Piatti, di essere già diventato top-10. È assurdo no? Che cosa si può fare per tentare di arginare (assai più fuori da Ubitennis che dentro) questo fenomeno di chi tira un sasso e poi nasconde la mano (grazie all’anonimato)? Io credo soltanto denunciarlo e magari esercitando un potere accentuato di controllo nella moderazione. Ma quando arrivano migliaia di post in un giorno non è facile. Ho preso a suo tempo due querele per cose che non avevo scritto io ma qualche lettore, ma anche se le ho vinte grazie all’avvocato Massimo Rossi, è stato un grande stress. Sono persuaso che siano stati altri commenti pesanti di alcuni lettori nei confronti di Fognini a dare origine al rapporto non idilliaco fra Fabio e il sottoscritto.
Adesso, cari lettori di Ubitennis, cercate di evitare di mettermi in difficoltà anche con Sinner. Ultimamente gli attacchi, le critiche, le polemiche nei confronti di Jannik, sono eccessivi e io che non condivido tutto questo accanimento – anche se a Tokyo è un delitto non andare, quantomeno come esperienza – non voglio mi pregiudichi un rapporto che fin qui è stato civilissimo e simpatico. Idem, e leggete l’ottimo articolo di Alessandro Stella, chi sminuisce i risultati dei due gemelli diversi Berrettini e Sonego a Wimbledon, meriterebbe di essere bannato per un anno almeno.