[1] N. Djokovic b. [17] C. Garin 6-2 6-4 6-2
Dopo quella che fortunatamente è stata l’ultima middle Sunday senza tennis, ecco anche l’ultimo giro di manic Monday, con buona pace delle Bangles. C’è stato però poco di frenetico nell’impari sfida che ha visto Novak Djokovic prevalere sul 17° del seeding Cristian Garin in un’ora e tre quarti. Tre set con solo il secondo che ha offerto un equilibrio, seppur instabile e giusto fino al 4 pari. Molto, troppo falloso il dritto di Garin anche in situazioni di palleggio neutro; e le difficoltà non potevano non aumentare quando costretto a colpire in corsa.
Al netto di chi c’era dall’altra parte della rete a ribattere, non è stato nemmeno aiutato dal servizio, Cristian (Christian fino a un paio di anni fa), che ha vinto più incontri sull’erba in questo torneo che in tutta la carriera. Parliamo come sempre di tabelloni principali del circuito maggiore, perché colui che si è liberato dell’acca ha superato due volte le qualificazioni a Wimbledon. Insomma, uno che sa vincere anche sui sacri prati, almeno fino a una classifica avversaria di 107 (Pedro Martinez al turno precedente).
Occorre tuttavia ricordare a chi considera il venticinquenne cileno un terraiolo (probabilmente tutti) che, sulla proprio scheda ATP, lui dichiara “hard” come superficie preferita. Viene allora da chiedersi se con tale risposta intendesse ingannare gli avversari o non avesse capito l’argomento della domanda. Per quanto riguarda Djokovic, praticamente perfetto con la prima di servizio e con appena due palle break concesse e annullate, non è apparso brillantissimo negli scambi da fondo con 20 errori non forzati, ma l’avversario non lo ha quasi mai costretto a tirare fuori il meglio. Minimo sforzo per il massimo risultato, quindi, che non è affatto male quando mancano tre incontri alla meta.
IL MATCH – Garin vince il sorteggio e sceglie audace di cominciare con la battuta, precisamente con una seconda lunga di una buona iarda. Iarda che gli sarebbe tornata utile in altezza nei due successivi dritti affossati; sempre senza mettere in campo una prima, dimentica di muovere i piedi per raggiungere un colpo corto e l’inizio in salita è servito. Il pubblico saluta con un grosso applauso il primo punto di Cristian che arriva nel terzo gioco, uno dei due che metterà a referto in risposta nel parziale, risultato inevitabile sia perché troppe volte sembra sorpreso dal rimbalzo della palla senza riuscire a porvi rimedio, sia perché Djokovic serve decisamente bene (pressoché inutile sottolineare “meglio che con Kudla”), lasciando un solitario “15” alla risposta.
Parte però con ben altro piglio nella seconda partita, Garin, che rischia non solo la faccia (in senso letterale su un passante centrale), bensì anche di salire 2-0 grazie a un paio di imperfezioni del fenomeno di Belgrado, ma un errore di dritto e una precisa prima serba normalizzano il punteggio. Il numero 20 del mondo è sempre più in affanno a ogni turno di battuta: ai vantaggi nel settimo gioco che dura come metà del primo set, salva tre palle del sorpasso, ma nulla può fare per evitare il break pochi minuti dopo quando Djokovic muove bene la palla costringendolo a due errori – cioè, avrebbe potuto evitare il doppio fallo e di farsi sorprendere dalla volée di noliana, smorzata nonostante i piedi cileni fossero nei pressi della riga del servizio. Nessun problema per il numero 1 del mondo che fa poi suo anche questo parziale con la battuta a disposizione.
La corsa in avanti non è esattamente il piatto forte di chez Garin e gli costa anche il punto con cui si ricomincia; se a questo aggiunge un paio di pessime soluzioni, compresa un colpo al volo alto e telefonato, a Novak è sufficiente un punto in pressione sulla diagonale destra per partire in vantaggio in un terzo set che ricalca l’andamento del primo. Djokovic prende agevolmente il largo senza strafare e approda per la dodicesima volta ai quarti di finale dove è atteso da Marton Fucsovics, vincitore al quinto di quella che stava diventando la sua bestia nera, Andrey Rublev. Due a zero i precedenti a favore del 19 volte campione Slam nei confronti dell’ungherese n. 48 ATP.