L’Italia del pallone è in festa, sarebbe bello che stasera fosse in festa anche l’Italia della pallina. Ieri è toccato agli azzurri di Mancini togliersi la grande soddisfazione di raggiungere la finale europea a Londra (leggi Wembley) nel sogno della riconquista di un titolo vinto nel lontano 1968 (53 anni fa… ma quello fu un anno davvero speciale, come tutti i sessantottini ricorderanno), oggi potrebbe toccare a Matteo Berrettini centrare sempre a Londra (leggi Wimbledon) una semifinale che soltanto nel 1960 (61 anni fa) un tennista italiano, Nicola Pietrangeli, fu capace di giocare. Nicola purtroppo la perse 6-4 al quinto con Rod Laver che poi a sua volta perse in finale da Neale Fraser. E Fraser, grande giocatore, grande capitano di Davis e buon amico che ho incontrato mille volte, mi ha sempre detto e ripetuto sorridendo: “Meno male che vinse Rod! Non solo perché era mio amico e australiano come me, ma anche perché lui lo avevo spesso battuto mentre soffrivo tantissimo il gioco di Nicola. Difatti ribattei Rod, mentre non so davvero come sarebbe finita con Nicola perché quell’anno lui giocava davvero bene anche sull’erba e aveva appena rivinto pochi giorni prima il Roland Garros per la seconda volta, quindi era in grandissima fiducia”.
Per rivivere l’emozione del Centre Court, già vissuta due anni fa quando perse in ottavi da Federer 6-1 6-2 6-2 – quel famoso punteggio che io mi ero sentito di escludere e che dette vita al siparietto con Roger Federer – Matteo dovrà però vincere oggi sul campo n.1 che batte quasi bandiera canadese, visto che lì giocheranno a partire dalle 14 italiane per primi Shapovalov e Khachanov e poi lui con Auger-Aliassime. Il centre court infatti, noblesse oblige, sarà presidiato dalle 14:30 prima da Djokovic e Fucsovics (l’ungherese giustiziere di Sinner, Vesely, Schwartzman e Rublev) e poi da Federer con Hurkacz, il polacco che – dopo aver fatto fuori Musetti, Giron e Bublik – ha sorpreso Medvedev finendo per battere la testa di serie n.2 in cinque set nel match che era stato sospeso lunedì sera.
Per sei tennisti giunti nei quarti a Wimbledon si tratta di una prima volta. Era già accaduto nel ’91 e nel 2002. E ora non vi dico chi siano i due degli otto che li hanno già raggiunti… perché chi non lo sa o intuisce non può essere un lettore di Ubitennis! Ma, ciò detto, insomma tutti coloro che dopo i risultati del primo turno hanno infierito, e alcuni perfino crudelmente maramaldeggiato, sui nostri Sinner e Musetti per aver perso al primo turno da Fucsovics e Hurkacz, dovrebbero cosparsi il capo di cenere, se riuscissero a mostrarsi capaci di un minimo di autocritica. È chiaro che i nostri due ragazzi, diciannovenni al loro esordio a Wimbledon, non potevano rimproverarsi granché per aver perso quelle due partite. Oggi che i loro “giustizieri” giocano i quarti di finale di Wimbledon, sarà bene tenerlo a mente.
Sull’argomento dei “leoni da tastiera, webeti aggressivi che godono nell’accanirsi sul prossimo” ho già scritto in un articolo, che forse potrebbe meritare di essere letto da chi se lo fosse perso. Stessa cosa direi stasera – e spero di non doverla dire – se Berrettini perdesse da Aliassime che qui ha battuto Zverev, cioè un giocatore che secondo Federer avrebbe dovuto essere considerato più forte di Berrettini sull’erba, al contrario di quanto avevano “quotato” i bookies inglesi, “influenzati” – sempre secondo Roger – “dalla vittoria di Matteo al Queen’s”. Roger me lo aveva detto con estrema, quasi insolita nettezza nel corso di quella botta e risposta che aveva avuto con il sottoscritto e che ho riferito parola per parola nell’articolo.
Vero che Zverev non aveva mai battuto un top-ten negli Slam, segno di una certa fragilità. Però neanche Matteo li ha battuti, in quattro duelli con top-ten è a zero vittorie. Ciò detto neppure Aliassime è un top-ten, quindi… Da Aliassime però, altro ventenne martirizzato dagli implacabili social per avere perso otto finali di fila – come se raggiungerne otto dai 18 anni in poi fosse uno scherzo e non invece un grande titolo di merito! – si può benissimo perdere senza meritare apprezzamenti di bassa lega. Ciò anche se proprio una di quelle finali, a Stoccarda 2019 e sull’erba, fu vinta proprio da Matteo, in quello che a oggi è l’unico confronto diretto tra i due amici. Matteo vinse 6-4 7-6… ma nel tiebreak fu un memorabile 13-11!
Perché i due siano amici ormai lo sanno in molti. Le loro ragazze, Ajla e Nina, sono cugine. E in questi giorni i due ragazzi hanno spesso seguito insieme, nella bolla dell’hotel Park Plaza Hotel di Westminster in cui tutti i partecipanti erano “reclusi”, le partite di calcio dell’Europeo. L’altra sera Italia-Belgio… Ieri sera, mentre Lorenzo Sonego si era concesso una serata londinese in più per andare a vedersi la partita a Wembley con la fidanzata, Matteo ha guardato soltanto il primo tempo nella hall dell’hotel con Vincenzo Santopadre (che in un primo tempo aveva pensato di restare a vederlo a Wimbledon) e alcuni dei pochi giocatori rimasti in gara. Lì Matteo ha anche incontrato poco prima della partita Djokovic che tifa Italia e che a Matteo ha anche detto: “Ehi non fate scherzi stasera, battete la Spagna!”.
Djokovic, come sapete, ha un gran bel rapporto con l’Italia. Il suo management è italiano, da sempre rappresentato da Dodo Artaldi e Elena Cappellaro, che sono prima di tutto anche due veri amici, sua moglie Jelena ha frequentato a suo tempo la Bocconi a Milano, fra lui e Fiorello c’è gran feeling da sempre dai tempi delle prime scenette. E un buon rapporto Nole ha certo anche con chi scrive. Lo dico per chi abbia presente il siparietto “Not too bad” che in qualche modo per una presunta popolarità raggiunta in Serbia (Nemo propheta in patria…) mi ha portato qui a diventare consulente di SportKlub Serbia Tv, grazie al cui incarico dell’ultima ora ho potuto ottenere la “sport elite exemption” dalla quarantena, richiesta ai giornalisti della carta stampata dal Governo inglese e da Wimbledon. Cerco di dare una mano agli amici serbi, anche se non è facile perchè il telecronista serbo con cui divido la cabina, Nebojsa Viskovic, è bravissimo e preparatissimo (come del resto Ilija Kovacevic che ci segue da Belgrado), sa tutto e di più, anche sui giocatori italiani, per non parlare di Djokovic di cui naturalmente sa vita, morte e miracoli. È stata questa esenzione che mi ha convinto a venire a Wimbledon dopo che ci avevo rinunciato. Prima del prossimo US Open dovrebbero uscire anche alcuni servizi realizzati a Firenze da una troupe televisiva serba di quattro persone che si è fermata a casa mia a Settignano per oltre cinque ore. E poi, a sottolineare ulteriormente la simpatia che Novak nutre per l’Italia, il gesto più importante e significativo: il milione di euro che a suo tempo Nole regalò all’ospedale di Bergamo quando la pandemia stava facendo dolorosa strage di tanti sfortunati.
A fine primo tempo – riprendo il racconto della serata azzurra baciata dal pazzesco rigore finale di Jorginho, che sangue freddo! – Matteo se ne è risalito in camera, forse anche a consolare un pochino Ajla, dominata da Barty 6-1 6-3 in 68 minuti, ma certamente già soddisfatta di aver raggiunto insperatamente i quarti anche lei, senza essere testa di serie: da n.75 che era dovrebbe salire a n.50! Un bel balzo di 25 posti. Intanto Matteo ha scavalcato almeno momentaneamente Federer: questa mattina lui ha 4648 punti ed è ottavo, mentre Federer ne ha 4215 ed è nono. Approfitto per ritornare un attimo sul mio editoriale di ieri, che per il titolo un po’ forzato “Ho scoperto l’incredibile mano di Matteo Berrettini. Non è quella di McEnroe, ma quasi” ha… disgustato talmente alcuni lettori che hanno scritto di non aver voluto poi leggere l’articolo.
Beh, a loro uso e consumo, sebbene non se lo meriterebbero per manifesta sfiducia nei miei confronti eh eh, ricopio qui quello che ho scritto nel pezzo sotto accusa riguardo a quell’argomento, dopo aver raccontato però – e se uno non ha letto non può capire – perché sono rimasto così impressionato dal tocco di palla di Matteo: “Per carità Matteo non ha ancora, né avrà mai anche perché le racchette non sono più quelle di una volta, la mano di John McEnroe. Quella che spinse Gianni Clerici a dire in una famosa telecronaca che oggi verrebbe forse censurata perché non abbastanza politically correct: ‘Anche senza essere gay, da uno che ha una mano così mi farei certamente accarezzare!’. Con Rino Tommasi al suo fianco che trasalì, rimanendo per una volta senza parole!”
Ho trovato carini, in mezzo a chi mi vorrebbe far ricoverare d’urgenza, però i commenti di alcuni lettori più spiritosi degli altri iper-scandalizzati e li riporto. Il primo: “Il vecchio scriba non si farebbe mai avvicinare dalla mano di Matteo”. Il secondo: “Non capisco perché la gente s’infastidisca. In fin dei conti lei parlava della mano destra dei due vero?”. Il terzo: “Eh ma i titoli sono spesso “acchiappabischeri” come diciamo a Firenze. Poi il testo dice altre cose”. Ma anche chi dice che avrei paragonato Achille Lauro a David Bowie, mi ha fatto sorridere. Se c’è uno che ha amato sconsideratamente il tennis, e la mano (sinistra…) di McEnroe sono io. Però da 30 anni mani così non se ne sono più viste. E la nostalgia ogni tanto me ne fa intravedere una che, sia pure alla lontana d’accordo, se ne avvicina. Che poi nel titolo non si possa entrare in tante disquisizioni è un altro paio di maniche. E non si acchiappano bischeri!
Aspetto con grande curiosità questo confronto fra i due amici che un domani – chissà? – potrebbero anche diventare parenti. “L’amicizia fra noi comunque resterà, Matteo è uno dei miei migliori amici nel circuito” ha detto Auger-Aliassime lunedì sera. Felix non aveva troppo brillato al primo impatto con il suo nuovo coach, Toni Nadal, ma poi eccolo in finale a Stoccarda, due anni dopo il k.o. di misura con Matteo. E ora nei quarti a Wimbledon. Non c’è una scadenza sul loro contratto, però difficilmente i due si separeranno a breve, dopo questo risultato. “Da lui ho già imparato tanto…”.
Sull’erba Felix è certo più competitivo che sulla terra rossa. Si sente cresciuto, è poco ma sicuro, e quel certificato di nascita – 8 agosto come Federer anche se del 2000, 19 anni dopo! – sembra una garanzia. L’antica angoscia per una aritmia che gli aveva imposto uno stop è superata. Un bel modo per reagire, e rilassarsi, era suonare il pianoforte, sua vecchia passione. “Ma conciliare questa passione con i tornei è dura. Quasi impossibile”.
Ho incontrato Ben Rothenberg del New York Times ieri, poco prima di Italia-Spagna: “Berrettini batterà Aliassime facile, in tre set!” è stato il suo pronostico. E io ho fatto gli scongiuri. Poi mi ha anche detto di aver intervistato Karolina Pliskova, 29 anni e 2 mesi, che, dispiaciuta d’essere uscita dalle top-ten dopo cinque sei anni, c’è rientrata ed è approdata alle semifinali (incontrerà Sabalenka) e ha detto a ben di considerare questo Wimbledon come una delle sue ultime grandi occasioni: “Ho vinto tanto (anche Roma…) e sono stata n.1 del mondo, ma non sono riuscita a vincere uno Slam, mentre ce l’hanno fatta tante altre ragazze che non avevano i miei risultati…”. Immagino, senza aver letto l’intervista, che la frustrata Karolina abbia alluso a Kenin, Andreescu, Swiatek e, per ultima, alla connazionale Krejcikova che ha appena trionfato al Roland Garros senza aver prima mai fatto nulla in singolare.
Vabbè per oggi può bastare, non senza aver ricordato che alla fine dell’ultimo Manic Monday della storia di Wimbledon – dall’anno prossimo si giocherà anche nel Middle Sunday, pecunia non olet, al diavolo la tradizione e il rispetto degli abitanti di Wimbledon che sono già infuriati per la chiusura al traffico automobilistico di Church Road – l’All England Club ha registrato la cifra record di 406 incontri disputati per oltre 780 ore di tennis.
Chiudo ricordando il bilancio dei testa a testa della potenziale semifinale della metà bassa del tabellone:
- Federer vs Auger-Aliassime 0-1
- Federer vs Berrettini 2-0
- Hurkacz vs Berrettini 1-0
- Hurkacz vs Auger-Aliassime 0-2