[1] N. Djokovic b. [10] D. Shapovalov 7-6(3) 7-5 7-5
Ventesima vittoria consecutiva a Wimbledon per Novak Djokovic che si impone in tre set su un Denis Shapovalov che stupisce con effetti speciali e colori utravivaci, per poi staccare la spina in ogni preciso istante in cui conta davvero.
Rispetto ai turni precedenti, un Djokovic prevedibilmente chiamato ad alzare il livello, almeno quel tanto che basta per tenere il punteggio sotto controllo e approfittare dei passaggi a vuoto dell’avversario, autore comunque di un’ottima prestazione sotto il profilo squisitamente tennistico; però questo è un torneo, anzi, il torneo, dove non solo si contano i punti, ma si pesano, e Shapovalov è puntualmente sparito quando la palla scottava di più, tra scelte inopportune, doppi falli falli e altri errori macroscopici – uno su tutti, il dritto a campo spalancato che lo avrebbe portato a set point nel primo.
Difficile dire se sarebbe cambiato qualcosa nel caso avesse incamerato il parziale; di sicuro, Djokovic avrebbe avuto un po’ più di pressione affrontando le cinque palle break del secondo set, ma il numero 1 del mondo si è dimostrato niente meno che granitico nei finali di ciascuna partita, che non a caso hanno coinciso con le tre palle break convertite (su 10) a fronte di un insufficiente 1 su 11 per il giovane mancino, complessivamente ottimo con la prima di servizio diretta con più frequenza alla T, anche da sinistra.
Una battaglia di due ore e tre quarti al termine della quale Nole riconoscerà: “Non credo che il punteggio dica abbastanza sul match: lui ha servito per il primo set, è stato probabilmente il giocatore migliore per gran parte del secondo”. E chiede l’applauso del pubblico per “tutto ciò che ha fatto oggi e in queste due settimane. Era la sua prima semifinale Slam ed era emozionato, ma lo vedremo spesso a questi livelli in futuro”.
WARM-UP – Degli avversari affrontati finora, Shapovalov è il primo che, per livello e arsenale dei colpi, potenzialmente può diventare un grattacapo per Djokovic e, conseguentemente, dare vita a una sfida degna di questo nome. Questa è almeno l’illusione di chi è qui per assistere a un incontro di tennis che è anche una semifinale di Wimbledon. Un’illusione che deve far ribaltare dal ridere i bookmaker, pronti a pagare la vittoria serba unovirgolazeroqualcosa – quasi dei professionisti dello spoiler: per fortuna non erano presenti al botteghino dei Soliti Sospetti sbandierando le impari quote per Kevin Spacey contro Gabriel Byrne e tutti gli altri. Denis ha mostrato carattere quando è stato costretto al quinto set da Kohlschreiber e da Khachanov ed è passato letteralmente sopra a Bautista Agut, semifinalista uscente. Tutto quello che Shapovalov deve fare, oltre a quella cosa che spesso sottovaluta (rispondere in campo ogni volta che è possibile), è trovare il giusto bilanciamento tra il gioco di attacco e la solidità. Volgarmente, tirare colpi imprendibili sbagliando molto poco, cosa che non gli è riuscita abbastanza a lungo neanche nelle sue migliori prestazioni precedenti con Nole.
IL MATCH – Shapo ci prova da subito, precisamente dal terzo game: poche prime per Djokovic, anche due seconde fuori bersaglio, il biondo lascia andare i colpi, non si fa ingannare da un tentativo di cambio di ritmo con lo slice sulla terza opportunità e sfonda. Il servizio fa il suo dovere e consolida il 3-1. Nole rimane in scia – non che ci fossero dubbi al riguardo – e riesce a ribattere battute che sarebbero vincente contro chiunque altro, ma il colpo di inizio gioco del n. 12 del mondo è on fire nonostante i parecchi lanci sbagliati e, quando chiamato all’appello, il colpo successivo è preciso e letale. Concentrato sul gioco più di quanto si sia disposti ad ammettere, Shapo non “sfida” due chiamate che Hawk-eye avrebbe dato a suo favore e si avvia al primo momento della verità. Servendo per chiudere, rimedia provvisoriamente con la battuta prima allo 0-30 figlio di fretta e di un colpo steccato di Djokovic pure aiutato dal nastro, poi alla palla break dopo aver fallito il citato dritto nel campo vuoto; ma ormai le certezze sono scalfite e al fenomeno di Belgrado è sufficiente entrare nello scambio per incassare un paio di gratuiti completamente insensati.
Autoritario nel game che lo riporta avanti, Djokovic è raggiunto sul 6 pari dall’illusivo Shapo. La smorzata-assist serba che apre il tie-break è subito contraccambiata dal tentativo canadese che si ferma un buon metro prima della rete, foriera degli errori seguenti. Nole ci mette del suo per non dilagare (errore al servizio e di rovescio), ma si affida sapientemente al terzo serve&volley del parziale per assicurarsi il 6-3. Shapovalov chiude con il doppio fallo, perfetto corollario al +1 nel saldo winner/unforced (Novak in pareggio) e allo stesso numero di punti vinti.
Alla ripresa, Djokovic è di nuovo in difficoltà sul secondo turno di battuta: lo 0-40 a cui contribuisce con una volée che vola via e un doppio fallo non è però sfruttato da Denis, che nell’occasione più chiara decide di tirare un complicato passante incrociato sulla racchetta serba piuttosto che appoggiare comodamente nel lungolinea sguarnito. Continuando a fare quello che deve, manca un altro paio di palle break nel sesto gioco, ma nei propri turni di battuta il ventiduenne nato a Tel Aviv lascia le briciole alla risposta, grazie a un’alta percentuale di prime che trasforma quasi sempre – 17 su 18 nei primi cinque turni di battuta. Nel sesto, dopo un inizio promettente sotto questo punto di vista, Nole fa suoi due “15” su altrettante prime consecutive, una al termine di uno scambio vinto grazie a una difesa da urlo, l’altro con un regalo canadese. Cinque palle break non sfruttate da Shapovalov nel set e, alla prima che affronta, commette doppio fallo. Senza patemi, Djokovic si prende la seconda partita per 7-5.
Quello che non si può non riconoscere a Denis è di non crollare dopo la prima occasione mancata. E neanche la seconda, la terza, eccetera. Il classe 1999 continua a crederci, tirare, dare spettacolo, bucare la difesa noliana, meritarsi e fallire palle break (tre per il 2-0 nel terzo). Djokovic capisce che è il momento di dare l’ultima spinta e alza il livello degli scambi, ma questa volta è lui a veder svanire tre chance di prendere il largo. Ci si possono godere gli scambi senza troppi sussulti fino al 5 pari. A ricordare a tutti che siamo al finale di set, Denis esordisce con un doppio fallo, mentre Djokovic si fa trovare pronto e ribatte tutto, no, quasi tutto, perché il biondo non rinuncia a spaccare la palla, arrivano un altro doppio fallo e il vincente numero 40, ma alla fine capitola con il più classico degli errori in uscita dal servizio accompagnato dall’urlo serbo. Qualche minuto dopo, davvero pochissimi (il tempo di un servizio a zero), e Shapovalov esce tra le lacrime accompagnato dall’applauso del pubblico, mentre Novak Djokovic esulta per la sua trentesima finale Slam e settima a Wimbledon.
Matteo Berrettini è allora chiamato a un’impresa finora risultata impossibile per qualsiasi rappresentante della Next Gen o di quella precedente: battere un Big 3 in una finale Slam. Domenica andrà così in scena questo nuovo assalto, il cui esito potrebbe addirittura costituire una pietra miliare nel tennis degli ultimi quindici anni se non dell’Era open. E il candidato a posarla, alla faccia del dress code di Church Road, vestirà d’azzurro.