Novak Djokovic ha raccontato nel dettaglio le sensazioni provate durante la finale di Wimbledon vinta contro Matteo Berrettini che gli ha permesso di eguagliare i 20 Slam di Federer e Nadal nonché di avvicinarsi ulteriormente al Grande Slam. Nole si è focalizzato in particolare sull’indubbia portata storica dell’incontro, spiegando cosa fare per gestire le indiscutibili pressioni a cui è sottoposto torneo dopo torneo.
LA FINALE CON BERRETTINI
Questa la sua analisi dei quattro set di ieri pomeriggio: “Mi sono sentito un po’ più nervoso del solito all’inizio del match, soprattutto nel primo set. Quando il set è finito mi sono sentito sollevato: ovviamente non ero contento di averlo perso, ma comunque sentivo il bisogno di ripartire per colpire più liberamente e giocare come voglio, cosa che in effetti è successa ad inizio secondo, quando mi sono portato rapidamente sul 4-0. A quel punto ho avvertito che l’inerzia stava cambiando e mi sono sentito più a mio agio”.
Ha poi continuato: “Nel terzo set ci sono stati dei game equilibrati, ero avanti di un break ma lui ha avuto delle opportunità per pareggiare. Se escludiamo quel frangente, però, sento di essere stato in controllo del match dall’inizio del secondo parziale. Lui ha grande potenza con il servizio e con il dritto, e affrontare un big server di questo tipo sull’erba è sempre una sfida, perché non è semplice mettere in campo la risposta; nello scambio ho sempre sentito di avere maggiori possibilità di fare il punto, come effettivamente è successo. In alcuni momenti sono rimasto troppo sulla difensiva, alcune mie seconde erano un po’ lente, ma ancora, probabilmente ero nervoso per la portata storica dell’incontro”.
I RECORD E IL DIBATTITO SUL GOAT
Il tennista serbo sta infrangendo buona parte dei record del tennis maschile (oltre ad aver raggiunto i 20 Slam, nel 2021 è anche diventato il primo di sempre per settimane al comando delle classifiche), ed è quindi naturale che le domande sul suo posto nella storia si facciano sempre più pressanti. Nonostante riconosca di sentirsi il più forte, però, il diretto interessato ammette di non poter fare paragoni con gli epigoni delle scorse decadi: “Mi considero il migliore e credo di essere il migliore, altrimenti non potrei parlare con fiducia di fare la storia e vincere Slam. Che poi sia il più grande di sempre è materia di dibattito per gli altri, è difficile paragonare epoche diverse; è cambiato tutto, racchette, tecnologia, palline, campi. Le condizioni sono del tutto differenti, quindi non è possibile paragonarci ai tennisti di 50 anni fa. Di sicuro sono onorato di far parte del dibattito sui più grandi”.
E pensare che a metà 2018 Nadal e Federer sembravano ormai irraggiungibili, visto che lo svizzero era a 20 Slam e il maiorchino a 17, mentre Djokovic veniva da due anni piuttosto complicati. Una volta tornato, però, Nole ha capito di potercela a fare: “Ho iniziato a pensare al record di Slam e di settimane al numero uno due o tre anni fa, prima sembrava fuori portata. Ho sempre pensato di poter giocare il mio miglior tennis negli Slam e di poter vincere su tutte le superfici, perché so di cosa sono capace, so di avere un gioco completo. Però non mi aspettavo di riuscire a battere questi record nello stesso anno”.
I SEGRETI DELLA FORZA MENTALE
Vedendolo giocare, Djokovic sembra decisamente più fresco dei suoi 34 anni, un muro quasi invalicabile. E non solo, perché a suo modo di vedere il suo tennis non è mai stato così totale: “Credo di essere migliorato in tutto da 15 anni a questa parte, sia dal punto di vista del gioco che a livello di forza mentale, esperienza, capacità di gestire la pressione e di giocare i punti importanti. Le ultime due sono probabilmente le cose in cui sono cresciuto di più nei miei 15 anni nel circuito. Più match importanti giochi, più esperienza acquisisci; più esperienza acquisisci, più credi in te stesso; più vinci, più sale l’autostima – è tutto collegato. Negli ultimi due anni l’età è diventata solo un numero per me, ovviamente devo fare degli aggiustamenti ma credo di non essere mai stato tanto completo come giocatore”.
E proprio sull’aspetto psicologico Nole si è dilungato con un’analisi molto dettagliata di cosa serva per dare il proprio meglio quando conta di più, come si è visto un po’ ieri ma soprattutto venerdì contro Denis Shapovalov: “In campo è una battaglia costante per cercare di rimanere presenti a sé stessi. Spesso hai emozioni e pensieri che ti porterebbero nel passato, ti porterebbero a pentirti di non aver giocato un certo colpo o a domandarti cosa sarebbe successo se l’avessi fatto. Lo sforzo costante è cercare di tornare nel presente, ed è il lavoro più duro per ogni atleta, soprattutto negli sport individuali“.
Il segreto è la prospettiva: “Quando vivi le cose in modo semplice, pensando che è solo un incontro di tennis, è solo un altro punto, allora giochi al tuo meglio; quando ti sdoppi fra passato e futuro prevale la tensione, succede anche a me, ho perso un po’ di finali Slam che pensavo di avere in pugno. Come diceva Michael Jordan, ho fallito, ho fallito, ho fallito, ed è per questo che alla fine ho avuto successo. Si tratta di un processo di apprendimento, più impari a conoscerti, più riesci ad individuare i tuoi percorsi emotivi, capendo quali sono i momenti di maggiore tensione e quelli di maggior coraggio e libertà. Le persone vedono quello che succede in campo, ma la verità è che tutto ciò che succede prima ci influenza moltissimo. Prima della finale e della semifinale ho avuto sensazioni leggermente diverse in termini di aspettative, perché come dicevo era in gioco la storia e ne ero consapevole. Si impara a gestire queste cose, a trasmutarle negli stimoli giusti sul campo”.
TOKYO 2020 IN DUBBIO
Una domanda, infine, sugli imminenti Giochi Olimpici, che negli ultimi giorni hanno risentito dello stato di emergenza deciso dal governo giapponese. In questo senso ci potrebbe essere qualche brutta notizia per i tifosi di Djokovic: “Questa è stata una brutta notizia, l’ho saputo uno o due giorni fa, mi hanno detto che ci saranno anche diverse restrizioni nel Villaggio Olimpico: forse non potremo vedere le gare degli altri atleti, e non potrò portare il mio incordatore, che è una parte importante del team. Devo pensarci, il piano era di andare alle Olimpiadi ma ora è 50/50“. Mentre la corsa al Grande Slam è più viva che mai, quindi, quella al Golden Slam potrebbe spegnersi a breve.