Dal 1995, ho partecipato ad ogni cerimonia di ammissione alla International Tennis Hall of Fame. Quest’arco di tempo ha coperto più di un quarto di secolo, e recarmi a Newport per i festeggiamenti ha sempre rappresentato per me uno dei momenti più belli della stagione. Ho assistito all’ammissione di Chris Evert nel 1995, ho visto Jimmy Connors accettare lo stesso riconoscimento con grande onore tre anni dopo, ho ascoltato il lungo discorso di John McEnroe nel 1999 ed ero lì quando Martina Navratilova entrò nel tempio della Hall of Fame nel 2000.
Seguì negli anni successivi una successione di superstar, tra cui Ivan Lendl nel 2001, Mats Wilander l’anno successivo, Boris Becker nel 2003 e poi Stefan Edberg e Steffi Graf nel 2004, quando la Hall of Fame celebrò il suo giubileo d’oro. Estate dopo estate, nel fine settimana dopo Wimbledon, giocatori dai grandi nomi e dai risultati prodigiosi hanno ottenuto il più alto onore nel gioco del tennis, entrare nella Hall of Fame. Yannick Noah e Jim Courier furono premiati nel 2005, Gabriela Sabatini e Pat Rafter seguirono nel 2006, Pete Sampras scoppiò in lacrime quando venne ammesso nel 2007. Quattro anni dopo, Andre Agassi prese il suo posto tra gli immortali. Lindsay Davenport, Amelie Mauresmo e Justine Henin furono riconosciute per i loro successi dal 2014 al 2016. Kim Clijsters e Andy Roddick sono stati i protagonisti nel 2017, quando anche io ho avuto la fortuna di essere inserito nella Hall of Fame come collaboratore per la mia lunga dedizione al giornalismo tennistico. E poi, nei due anni successivi, Michael Stich, Helena Sukova, Li Na e Mary Pierce si sono uniti a questa grande famiglia di Newport.
L’anno scorso, la pandemia ha impedito lo svolgersi della cerimonia, e così questa volta se n’è tenuta una combinata per gli anni 2020 e 2021. A mio parere, per molte ragioni, la celebrazione di quest’anno è stata tra le più toccanti e di forte impatto che abbia mai visto. Dopo un pomeriggio torrido, il cielo si è fatto grigio ed è arrivata la nebbia, cosa che ha accresciuto la drammaticità ed il fascino dell’evento.
LE ORIGINAL 9
Come previsto, tutto è iniziato con l’arrivo delle “Original Nine” (Ubitennis ne ha parlato in una serie di articoli, ndr). Per la prima volta nella storia della Hall of Fame, un gruppo è stato premiato per il suo contributo al tennis come se fosse un solo individuo, e nessuno tra gli intenditori del tennis avrebbe avuto il coraggio di contestare il merito di queste magnifiche e audaci donne.
Il 23 settembre 1970, a Houston, Texas, le nove giocatrici – Billie Jean King, Rosie Casals, Nancy Richey, Kerry Melville Reid, Judy Tegart Dalton, Kristy Pigeon, Valerie Ziegenfuss, Peaches Bartkowicz e, ultima ma sicuramente non meno importante, Julie Heldman – firmarono un contratto da professioniste da un dollaro con la stimabile promotrice e fondatrice del World Tennis Magazine, Gladys M. Heldman.
Giocarono il loro primo torneo allo Houston Racquet Club, sponsorizzato da Virginia Slims e con 7.500 dollari di montepremi. Sfidarono così gli organi sportivi dei loro Paesi, sapendo di rischiare delle sospensioni e di conseguenza un potenziale stop alle loro carriere, e rendendosi conto che avrebbero potuto ritrovarsi erroneamente etichettate come fuorilegge dall’establishment maschile del tennis. Eppure si rifiutarono di essere sviate dalle loro convinzioni. Lottavano affinché le donne avessero un trattamento equo nel tennis piuttosto che un montepremi in denaro otto volte inferiore (e a volte anche peggio) se paragonato a quello degli uomini.
Nel 1971 nacque un vero e proprio circuito per le donne. King si affermò come prima atleta donna a guadagnare 100.000 dollari in un anno. Nel 1973, le donne ricevettero per la prima volta lo stesso premio in denaro degli uomini allo US Open, con Margaret Court e John Newcombe che si portarono a casa 25.000 dollari di premio. Il tennis femminile iniziò così a fiorire, in gran parte perché le “Original Nine” avevano fatto da apripista. Per tale motivo, sette delle nove giocatrici si sono riunite a Newport, con la Dalton che è apparsa su Zoom e si è rivolta calorosamente alle sue compagne e al pubblico. La Richey non era presente, ma la sua decisione di non presentarsi a Newport non ha intaccato il profondo entusiasmo di tutte nel conoscere l’importanza del loro contributo non solo al tennis femminile, ma a tutte le donne, grazie a quanto fatto 51 anni fa.
King è intervenuta per prima alla cerimonia e ha contestualizzato ciò che le “Original Nine” avevano fatto per plasmare il futuro del loro sport. Come lei stessa ha detto, “noi nove insieme alla nostra coraggiosa leader Gladys Heldman avevamo una visione comune per il futuro del tennis femminile. Volevamo che ogni ragazza di talento avesse un posto dove competere, che fosse riconosciuta per i suoi risultati e non solo per il suo aspetto, e soprattutto che fosse in grado di guadagnarsi da vivere giocando a tennis da professionista. Le giocatrici professioniste di oggi stanno vivendo un sogno. Il tennis oggi è lo sport femminile per eccellenza“.
La seconda a salire sul podio è stata la taciturna Kerry Melville Reid, sempre timida e modesta. Reid è stata una giocatrice stabile nella top 10 mondiale e ha vinto l’Australian Open nel 1977. La stella australiana ha parlato con commozione della vittoria del torneo Virginia Slims a Newport cinquant’anni fa, vincendo in finale su Françoise Durr dopo aver sconfitto King in semifinale. La finale si decise sul 4-4 nel tiebreak del terzo set, si trattava quindi di un match point simultaneo per entrambe le giocatrici, ma la Reid riuscì a mantenere i nervi saldi e ad assicurarsi la vittoria. “Guardando quanta strada ha fatto il tennis femminile da allora, sono davvero orgogliosa di averne fatto parte… Allora vidi che Judy e Billie Jean erano disposte a mettere in gioco le loro carriere, e così decisi anche io di unirmi alle Original Nine e oggi sono davvero felice di averlo fatto“.
A seguire Kristy Pigeon. Questa energica giocatrice californiana dal grande servizio e dal gioco avventuroso fu la numero 8 degli Stati Uniti in quella storica stagione del 1970. Pigeon ha ricordato: “Nel 1968 arrivai sulla scena internazionale del tennis. A quel tempo le donne giocavano su campi secondari e gli sport femminili erano banalizzati. Quello stesso anno, all’età di 17 anni, diventai la numero 1 del mondo tra i junior, vincendo i titoli di Wimbledon e degli Stati Uniti. Mi prefissai così un nuovo obiettivo: andare al college, giocare in una squadra e ricevere una borsa di studio. Ma non esisteva una cosa del genere. Il telefono non ha squillato per me. Poi nel 1970 Jack Kramer [direttore del torneo Pacific Southwest di Los Angeles] venne sconfitto da nove donne. Eravamo delle disadattate, combinaguai e ribelli abbastanza pazze da poter cambiare il mondo del tennis. Sono orgogliosa degli sforzi fatti, che hanno portato le tenniste e anche altre sportive e atlete universitarie ad avere una maggiore gamma di opportunità”,
Una dopo l’altra, le “Original Nine” hanno raccontato i loro pensieri con originalità, umorismo e verve. Ziegenfuss non ha fatto eccezione. Settima tra le americane nel 1970, grande giocatrice in singolare ma ancor di più in doppio. Sempre nota per essere una bravissima persona, semplice e modesta, ha parlato col cuore delle “Original Nine” e del loro contributo allo sport: “Questo premio significa che la nostra storia è e sarà parte della storia del tennis per sempre, e ciò significa che anche le future generazioni saranno in grado di risalire a me e scoprire il contributo del nostro gruppo al mondo – il che è divertente. Pensate: siamo cresciute con palle da tennis bianche, racchette di legno, una sola rivista di tennis (World Tennis) e niente scarpe da tennis Stan Smith“.
Ziegenfuss ha suscitato così notevoli risate tra i presenti alla cerimonia, compreso lo stesso Smith, presidente dell’International Tennis Hall of Fame, miglior giocatore del mondo nel 1972 quando ha vinto Wimbledon ma forse più famoso ora per la scarpa da tennis Adidas che porta il suo nome. Anche lui si è lasciato andare ai sorrisi provocati dal delicato umorismo di Ziegenfuss, che ha continuato: “Ciò che è ancora più sorprendente è che siamo più vecchi di internet, della televisione a colori, dei personal computer e dei telefoni cellulari, per non parlare della nostra amica Alexa. A proposito, Alexa sa chi siamo e ha persino pronunciato correttamente Bartkowicz e Ziegenfuss. Ne abbiamo fatta di strada!“.
Diventando più filosofica, Ziegenfuss ha detto: “Il tennis mi ha sempre dato più di quanto avrei mai potuto restituirgli. Mi ha preparata all’età adulta, mi ha dato la capacità di guadagnarmi da vivere e mi ha dato amicizie che dureranno tutta la vita. Il tennis è sempre stato lì per me. Fa parte del mio passato, del mio presente e spero del mio futuro. È sempre stato fonte di tanta gioia per me, sia giocandolo che allenando, seguendolo da appassionata e anche nel mio ruolo di genitore. Sono molto orgogliosa che mia figlia Allison Bradshaw abbia giocato nel tour femminile per tre anni. Forse un giorno i suoi figli, Mathew e Ashley, seguiranno le nostre orme“.
Dopo il toccante discorso di Ziegenfuss, è stato il momento di Julie Heldman. Julie è la figlia della grande Gladys Heldman ed è cresciuta con il gioco e con la passione principale di sua madre, il World Tennis Magazine. Julie si è classificata seconda negli Stati Uniti nel 1969, raggiungendo inoltre la Top 5 mondiale. Tra le giocatrici più cerebrali della sua epoca, è divenuta in seguito un’eccezionale commentatrice televisiva.
Il suo discorso è stato a mio parere il migliore. Le sue parole hanno colpito me e chiunque là fuori volesse chiarezza completa sul significato e sull’impatto delle “Original Nine”. È stata incredibilmente eloquente e a momenti persino lirica. Queste le sue parole: “Mi sento entusiasta e profondamente onorata che la Hall of Fame ci stia presentando come gruppo e che riconosca il nostro contributo al tennis femminile e alle donne di tutto il mondo. Ormai la maggior parte di voi ha visto l’iconica foto del nostro gruppo scattata a Houston nel 1970, poco prima dell’inizio del rivoluzionario torneo che siamo venute a celebrare. Quella foto mostra otto tenniste di alto livello che sorridono e sollevano banconote da un dollaro accanto a mia madre, artefice e organizzatrice del primo tour. Lei non è più con noi, ma le siamo grati per tutti i miracoli che ha fatto”.
Heldman ha spiegato perché non era in quella famosa foto. “Non avevo programmato di gareggiare a Houston perché in quel momento ero in un pessimo stato sia fisicamente che mentalmente, e quindi non sarei riuscita a competere. Ma io, come le altre otto donne, capii l’importanza del momento. E quando sentii che le mie amiche e rivali stavano correndo un rischio per il tennis femminile, mi buttai per unirmi a loro. Così gareggiai a Houston giocando un solo punto per solidarietà, per oppormi a quelle associazioni di tennis maschiliste che minacciavano il nostro diritto a guadagnarci da vivere in questo modo. Billie Jean King ed io eravamo su un campo laterale e dopo alcuni momenti di tennis pietoso colpii intenzionalmente la palla nella rete, un atto totalmente estraneo alla mia natura“.
Ha continuato: “Una volta cementato l’accordo con la stretta di mano a rete, il nostro gruppo è diventato le ‘Original Nine’. Noi nove eravamo le ribelli, ma non eravamo sole. Il torneo di Houston poteva ospitare solo otto giocatrici, ma molte altre donne avrebbero corso il rischio se solo ne avessero avuto la possibilità. È vero che non tutte le giocatrici hanno scelto di unirsi a noi subito, ma non dimentichiamo che subito dopo l’inizio del tour le giocatrici sono arrivate in massa da tutto il mondo, pronte a restare unite. Senza questo tipo di solidarietà il tour sarebbe svanito in fretta. Le Original Nine vengono onorate oggi per la coraggiosa presa di posizione, ma anche come rappresentanti di tutte le prime tenniste professioniste che vi si sono unite per il presente e il futuro del tennis femminile“.
Verso la fine del suo illuminante discorso, Heldman ha detto: “Tutto ciò è stato fatto 51 anni fa, ma rimane decisamente attuale. Dal 1970 in poi un numero sempre maggiore di ragazze e donne ha preso parte a numerosi sport, e molte hanno eccelso. E ancora una volta l’eco della ribellione è nell’aria, guidata dalla squadra nazionale di calcio ma presente un po’ in tutti gli sport femminili, sottolineando la nostra vecchia richiesta di essere rispettate e pagate per fare ciò che ci riesce meglio. Onorando le ‘Original Nine’ oggi l’International Tennis Hall of Fame sta inviando un messaggio alle atlete di tutti gli sport. Il messaggio è ‘continua a lottare. Il tuo momento sta arrivando’”.
Il discorso di Heldman è stato straordinario dall’inizio alla fine, e così a Casals spettava un compito molto duro. Ma Rosie – che insieme a King e Richey era già stata inserita in precedenza nella Hall of Fame per i suoi successi individuali – si è fatta notare per il suo solito spirito e la sua sincerità. “Sono spaventata a morte dopo tutti questi discorsi”, ha detto. “E dovrei concludere io! Beh, procediamo a chiudere questa fantastica serata”. Si è poi congratulata con alcuni degli ammessi del 2020 e ha ringraziato Ilana Kloss per il suo ruolo di supporto alle “Original Nine” nell’ottenere il riconoscimento che meritano. Poi ha aggiunto: “Grazie a tutti voi per aver completato il nostro viaggio e aver permesso ancora una volta alle ‘Original Nine’ di fare la storia nel gioco che abbiamo amato e contribuito a formare per il futuro. Grazie alle mie guerriere che sono state coraggiose e invincibili tanto tempo fa, affinché il tennis femminile potesse diventare ciò che è adesso: il meglio di tutti gli sport femminili. Infine, sono orgogliosa di essere qui con loro, a dimostrazione di come tutto sia possibile se le donne rimangono unite“.
DENNIS VAN DER MEER
Era giunto poi il momento di ascoltare Lucy Garvin, ex presidente della USTA, amica di lunga data e grande ammiratrice del defunto Dennis Van Der Meer. Van Der Meer è stato meritevolmente annesso alla classe del 2021 per il suo straordinario ruolo di professionista dell’insegnamento del tennis nel corso dei decenni – era universalmente considerato il “maestro dei maestri”, e nel suo settore nessuno era più stimato di lui.
Garvin ha concluso il suo discorso così: “Il genio di Dennis Van Der Meer è chiaro a tutti. Era un allenatore brillante, un rivoluzionario nel suo pensiero, un vero visionario e un mentore per migliaia di persone, me compresa. Era l’insegnante degli insegnanti. Il suo dono più grande era il suo amore per le persone e per il gioco del tennis. Lui è parte di tutti i membri della Hall of Fame, è davvero un’icona“.
CONCHITA MARTINEZ
Dopo che Pat, partner dentro e fuori dal campo del defunto Van Der Meer, ha ringraziato Garvin e la Hall of Fame per l’onore, è stato il momento di Raquel Giscafre su Zoom nel presentare Conchita Martinez. Giscafre fu la giocatrice argentina più quotata negli anni ’70 e si affermò come una delle prime promotrici di tornei del WTA Tour a partire dalla metà degli anni ’80.
Ha elogiato Martinez per i suoi numerosi successi. Come detto da Giscafre sull’esteta spagnola, “è rimasta in Top 10 per nove anni di seguito. Nel 1995 era la numero 2 del mondo. Prima spagnola a vincere Wimbledon nel 1994, battendo in finale la grande Martina Navratilova. Ha raggiunto la finale all’Open di Francia e d’Australia ed è stata almeno semifinalista in ogni Grande Slam. Ha anche vinto quattro titoli consecutivi agli Internazionali d’Italia“. Martinez è stata lodata anche per aver condotto la Spagna a cinque trionfi in Billie Jean King Cup, per essere diventata la prima donna spagnola ad essere capitano della sua squadra di Coppa Davis dal 2015 al 2017, e per essere stata capitano di Billie Jean King Cup dal 2013 al 2017. Poi Giscafre ha sottolineato il grande coraggio dimostrato dalla Martinez, che è sempre rimasta fedele a se stessa: modesta, distinta, riconoscente e onesta. È stata grande. “È un grande onore per me essere qui oggi e far parte della storia del tennis mondiale“, ha poi detto Martinez. “È la mia prima volta qui [a Newport]. È una sensazione incredibile ed è qualcosa di cui farò tesoro per tutta la vita“.
Infine, ha parlato della gioia di vincere Wimbledon 27 anni fa. Ha detto: “Quando i giornalisti e i fan mi chiedevano quale fosse il titolo più speciale per me, non avevo dubbi a dire Wimbledon. Avevo sentimenti contrastanti sul giocare sull’erba a quel tempo, probabilmente perché i giocatori spagnoli non avevano molta esperienza di gioco su quella superficie. Ma ogni anno miglioravo il mio gioco, lavorando duramente e accettando di dover cambiare alcune cose per ottenere risultati. E ho ottenuto grandi risultati. Sono così orgogliosa di essere stata la prima donna spagnola a portare a casa il titolo. Il ricordo di aver giocato contro Martina Navratilova – che stava inseguendo il suo decimo Wimbledon – e di averla sconfitta rimarrà con me per sempre“.
Ha parlato dell’orgoglio di essere stata contemporaneamente capitano di entrambe le squadre di Fed Cup e Coppa Davis e di giocare per il suo Paese, sottolineando come non sia cosa facile. “La responsabilità è enorme”, ha detto. “Senti che stai portando le speranze del tuo Paese sulle tue spalle”. Martinez ha concluso dicendo: “Questo meraviglioso sport mi ha regalato momenti indimenticabili, momenti che hanno richiesto dedizione, sacrificio, sforzo, pazienza, positività, ottimismo e, soprattutto, fiducia in sé stessi. Se vuoi che i tuoi sogni si avverino, queste parole devono diventare parte della tua vita quotidiana“.
GORAN IVANISEVIC
E la cerimonia andava poi concludendosi nel migliore dei modi, con il campione di Wimbledon 2001 che ha accettato questo onore con gratitudine, humour e riconoscenza. Ivanisevic, che ha raggiunto altre tre finali negli anni ’90, ma ne ha perso due contro Pete Sampras (1994 e 1998) e una contro Andre Agassi (1992), è stato presentato da John McEnroe in video. McEnroe ha detto: “Posso solo dire subito che amo Goran Ivanisevic e sono assolutamente entusiasta di introdurre nella International Tennis Hall of Fame qualcuno che è stato probabilmente più pazzo di me sul campo. Ma, ecco, la verità è che è stato grande per lo sport del tennis… Il punto è questo: sia dentro che fuori dal campo Goran ha sempre fatto le cose a modo suo, e avremmo certamente bisogno di più giocatori come lui”.
Ivanisevic – che ha raggiunto in carriera la seconda posizione mondiale – si è molto commosso per l’introduzione di McEnroe. Ha poi detto: “40 anni fa ho iniziato questo viaggio dalla piccola città di Spalato in Croazia e oggi sono a Newport“. Ha parlato dei suoi fan e di quanto sia stato frustrante per loro. “Non deve essere stato facile essere mio fan. Era deludente e triste. Probabilmente diverse persone hanno divorziato a causa mia. Ma una cosa è certa: era anche divertente essere miei fan“, ha detto Goran.
Ha poi citato un eccezionale giornalista croato di nome Neven Berticevic, sempre gentile con lui sulla stampa nel corso degli anni, proclamando: “Grazie, Neven, per tutte le belle cose scritte su di me!”
Poi Ivanisevic ha espresso un sentito ringraziamento ai suoi genitori per tutto quello che hanno fatto per formarlo e guidarlo nel corso degli anni. “E ora“, ha detto, “la cosa più importante – le due persone più importanti della mia carriera, mia madre e mio padre, due persone che hanno sacrificato la loro salute e la loro carriera e mi hanno dato amore incondizionato per aiutarmi a raggiungere il successo. Mamma e papà – non ci sono abbastanza ringraziamenti, non c’è niente che io possa dire o fare per ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me. E se mai dovessi rifare questo viaggio, vi sceglierei di nuovo come mia mamma e mio papà e lo affronterei di nuovo insieme a voi. Vi voglio bene, grazie di tutto“.
Ivanisevic ha inoltre menzionato sua moglie e i suoi tre figli, ha parlato in modo commovente del suo Paese e in modo divertente di Wimbledon per avergli dato una wild card nel 2001 che lo portò al tanto atteso trionfo su quei prati. Ha poi salutato il palco lasciando tutti i presenti felici di aver assistito alla sua introduzione nella Hall of Fame.
È stata una cerimonia eccezionale e una delle più belle che abbia visto. Ha tirato fuori il meglio da tante belle persone e ha suscitato in tutti noi un apprezzamento ancora più profondo per i nuovi membri dell’International Tennis Hall of Fame. Già adesso non vedo l’ora che arrivi il 2022.
Traduzione a cura di Claudia Marchese