Tutti gli azzurri appassionatamente nella metà alta del tabellone. Proprio tutti, dieci su dieci. Quasi incredibile. Questo significa che salvo che l’USTA decida di smaltire il primo turno in tre giornate come è spesso accaduto a New York, i “nostri” giocheranno tutti lo stesso giorno. E nel giorno in cui invece si giocheranno i match della metà bassa Vanni Gibertini potrà respirare.
È lui quest’anno – quando l’USTA ha ridotto drasticamente il numero dei media presenti, sebbene invece sulle tribune ritornerà appieno il pubblico – l’unico inviato di Ubitennis presente sul posto, dal momento che io quest’anno ho dato forfait esattamente come i veri top-player Federer, Nadal, Thiem, Serena e Venus Williams. Scherzo eh, ma fra Parigi, Wimbledon e Tokyo, una cinquantina di gare, credo d’aver già dato! Spero che l’ATP vorrà proteggere il mio ranking. E a differenza dei succitati io alle finali ATP di Torino ci sarò, sperando di far compagnia a Berrettini, Sinner e, perché no?, pure Sonego anche se al momento non è troppo probabile. Il tabellone di Lorenzo però non è malvagio, per uno che abbia ambizioni di farcela.
Allora volete sapere come trovo questo sorteggio? Esordisco dicendo che se uno dei quattro nostri tennisti che sono teste di serie avesse sognato uno US Open da grande, grandissimo protagonista, avrebbe preferito capitare in una metà tabellone in cui non figurasse anche Novak Djokovic. È evidente che il favorito n.1 del torneo sia colui che ha vinto i primi tre Slam dell’anno. Quindi più gli si stava lontano e meglio era. Per tutti. Se poi Nole dovesse patire la pressione di chi deve realizzare il Grande Slam, beh, allora è un altro paio di maniche. Ma semmai la subisse, come accadde a Serena Williams prima di inciampare inopinatamente in Roberta Vinci nella semifinale del 2015, direi che è più probabile che accada semmai nelle fasi finali, anche perché è in quelle che si incontrano di solito gli avversari più ostici e in forma.
Se Berrettini, a giudicare dal suo ranking, dall’ultimo Wimbledon e dall’US Open 2019, è il nostro tennista più qualificato e temuto, beh, insomma, credo proprio che Matteo avrebbe preferito non trovarsi teoricamente Djokovic fra i piedi già a livello di quarti di finale. Discorso simile per Sinner, nostro n.2 per il ranking ATP, che un turno prima, agli ottavi, si troverebbe – sempre a livello teorico – Zverev, il tedesco che ha appena vinto Olimpiadi e il suo quinto Masters 1000 a Cincinnati. Tuttavia, pur non avendo ancora potuto constatare lo stato di forma di nessun giocatore nel corso della prima settimana, se io – oggi come oggi – mi trovassi a dover scommettere su un italiano che procura la sorpresa in due match quali Berrettini-Djokovic e Sinner-Zverev, forse azzarderei un dollaro in più su Sinner. Probabilmente sbagliando.
Aggiungo però che se a Wimbledon ci siamo rallegrati per aver avuto due italiani in ottavi di finale – prima di esultare per l’inedito, storico traguardo raggiunto da Berrettini – poter vantare lo stesso risultato all’US Open sarebbe comunque un bellissimo risultato. Se poi dovessero raggiungere i quarti si tratterebbe di una consistente ipoteca per entrambi in vista di una qualificazione per le ATP Finals di Torino.
Insomma, anche se questa strana collocazione All-Italian potrebbe prospettare tutta una serie di derby per Berrettini una volta superato Chardy al primo turno, e cioè forse Travaglia al secondo, forse Fognini al terzo, magari Sonego al quarto (ma Lorenzo in quel caso avrebbe dovuto togliergli di mezzo Hurkacz!), avere dieci italiani in lizza in un tabellone di 64 giocatori, potrebbe comportare un torneo molto italiano, se tutti facessero bene, o molto poco se invece facessero male. Discorso un po’ alla Catalano – l’ironico “filosofo” di Indietro Tutta di Arbore e Boncompagni – direte, ma con tanti italiani sparsi in quella zona basterebbero un paio di exploit ottenuti da due azzurri per aprire scenari super-interessanti.
In realtà le incognite sono molte. Perché sulle condizioni fisiche e di forma di Berrettini si sa poco. Quelle di Sinner mi sembra che si possano definire altalenanti. Idem Fognini e Sonego, ove si pretendano grossi, clamorosi exploit. E Musetti? Se battesse quel Nava che era stato suo rivale all’Australian Open junior che Lorenzo vinse, avrebbe poi quell’Opelka che il nostro ha già affrontato lasciandoci le penne. Spero che Camila Giorgi dimostri ancora una volta di non essere per nulla intimorita dal dover affrontare una top player come Simona Halep. Ho problemi di linea Internet dove mi trovo, quindi per il momento abbandono qui questo editoriale. Magari facendo contenti tutti coloro che si lamentano per i miei articoli troppo lunghi.
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