[21] P. Badosa b. [27] V. Azarenka 7-6(5) 2-6 7-6(2)
È stata una splendida finale, come davvero non se ne vedevano da tanto tempo nei grandi tornei femminili. Due giocatrici con stili abbastanza simili, ma in fasi diverse delle rispettive carriere e con un’interpretazione differente del loro gioco. Victoria Azarenka aveva la possibilità di diventare la prima giocatrice a vincere il torneo per tre volte, dopo le affermazioni del 2012 e del 2016, ed è arrivata a due punti (forse uno e mezzo) da questo traguardo, ma i nervi l’hanno tradita ed ha rimesso in gara Paula Badosa che sembrava aver alzato bandiera bianca. Nel tie-break finale poi è stato quasi un monologo della spagnola fino al diritto vincente conclusivo seguito dalla caduta a terra “stile Nadal”.
Badosa è stata sicuramente nel corso del match la migliore colpitrice, ha espresso un tennis decisamente più potente rispetto ad Azarenka, ma anche più monocorde. La campionessa bielorussa almeno per tutto il primo set, ha giocato con grande attenzione colpi a parabola arcuata per mettere in difficoltà i fondamentali di spinta di Badosa, e così come è poi successo nel finale di partita, era arrivata molto vicina a trovare la chiave del match.
Nel combattutissimo primo set ci sono state due coppie di break, quasi omologhe: prima nel settimo e ottavo game (in entrambi i casi a “15”) e poi nell’undicesimo e dodicesimo game, quando due straordinari punti in difesa di Azarenka hanno rimediato il patatrac compiuto nel game precedente (tre errori gratuiti negli ultimi quattro punti) trascinando il set al tie-break. Qui, dopo una partenza sprint di Badosa (4-0), Azarenka ha ancora una volta rimontato fino all’aggancio sul 5-5, ma sul set point per l’avversaria si è inspiegabilmente messa a fare a pallate, dopo averlo evitato per quasi un’ora e venti minuti, prendendosi un rovescio vincente in faccia e ritrovandosi sotto di un set.
L’approccio mentale al secondo set di Azarenka, dopo aver perso un primo set così combattuto, è stato di quelli che si devono insegnare nelle scuole tennis: totalmente positiva, carica al punto giusto, tanto da entrare in campo e travolgere una Badosa che sicuramente aveva fatto calare la tensione. Vika è andata 3-0 pesante in un attimo, ha rintuzzato il tentativo di rimonta di Badosa per tornare sul 4-1, mettendo poi il sigillo al terzo set in soli 33 minuti.
Il set decisivo è stato uno dei migliori dell’anno: 72 minuti di grandi scambi ed emozioni a non finire, con Badosa che è arrivata vicinissima a perdere il bandolo della matassa facendosi rimontare sue volte un game da 40-15 e salvandone un terzo per il rotto della cuffia. Era stata la spagnola a sprintare subito 2-0, ripresa però immediatamente dalla sua avversaria sul 2-2. Sul rettilineo finale è successo di tutto: nel nono game Badosa dal 40-15 ha infilato un doppio fallo e tre errori gratuiti mandando Azarenka a servire per il match. La bielorussa, però, una volta issatasi 30-0 ha mancato un diritto piuttosto comodo per andare a tre match point inanellando una serie di quattro errori gratuiti che hanno riaperto completamente la finale.
Il tie-break finale, come detto, non ha avuto storia: Badosa era troppo più sicura nei suoi colpi da fondo campo ed è andata subito 3-0, poi 5-1 e infine 7-2.
Con questa vittoria Paula Badosa conquista il suo primo titolo WTA 1000 e sale all’11° posto della classifica WTA, ma soprattutto si qualifica (quasi) matematicamente alle WTA Finals di Guadalajara, che ora vedono il proprio campo di partecipazione già completato (Sabalenka, Krejcikova, Pliskova, Swiatek, Sakkari, Muguruza, Badosa e Jabeur, dando per scontato il forfait di Barty, già tornata in Australia).
Per Victoria Azarenka come detto sfuma la possibilità del terzo titolo a Indian Wells, deve registrare una sconfitta in un match in cui ha vinto nove punti in più dell’avversaria, un match che durando 3 ore e 4 minuti è diventato la finale del BNP Paribas Open più lunga della storia (superando di un minuto la finale 2017 tra Vesnina e Kuznetsova), ma può celebrare il ritorno tra le prime 30 approdando al n. 26.