51- le partite vinte nel 2021 da Cameron Norrie, il primo tennista britannico a imporsi nel Masters 1000 di Indian Wells, torneo la cui prima edizione si è disputata nel 1976. Il successo nel prestigiosissimo appuntamento californiano del circuito tennistico da parte dell’attuale 15 ATP è stato un exploit inaspettato per un ragazzo di 26 anni, che -seppur autore di una stagione giocata in maniera molto continua su buonissimi livelli- era arrivato a Indian Wells non avendo mai giocato nella seconda settimana di uno Slam, con alle spalle appena un ottavo in un Masters 1000 (a Monte Carlo nel 2019) e senza essere mai stato grado di chiudere una stagione nella top 50.
Il tennista nato nell’agosto del 1995 a Johannesburg sino al termine del 2020 aveva raggiunto solo una finale nell’ATP 250 di Auckland nel 2020 e aveva sconfitto appena una volta un top 10 e altre tre un collega tra la 11° e la 20° posizione del ranking.
Norrie ha una storia particolare: nato da padre scozzese e mamma gallese è cresciuto tra i 3 e i 16 anni in Nuova Zelanda, nazione che ha anche rappresentato nella prima parte della carriera da junior, prima di decidere di farsi sostenere dalla ricca federazione britannica, per la quale ha poi giocato già nella seconda parte della carriera juniores, arrivando nel marzo del 2013 sino al 10° posto della classifica di categoria. Trasferitosi successivamente negli Stati Uniti per completare la sua maturazione umana e tennistica, sino al 2017 è stato indeciso sulle scelte da compiere per la propria vita, propendendo per un periodo per la scelta di essere in primis uno studente di sociologia alla Texas Christian University. Qui ha però conosciuto Facundo Lugones, compiendo un incontro che ha segnato la svolta nella sua carriera: da compagno di doppio universitario l’ex tennista argentino si è trasformato per Cameron in un fondamentale coach e fraterno amico fuori dal campo. Anche grazie a Lagones Norrie ha trovato il modo di dare una netta inversione all’inerzia che stava prendendo la sua carriera: a un certo punto il britannico giocava quasi esclusivamente nei campionati universitari statunitensi, prima di decidere con convinzione nel 2017 di provare a intraprendere seriamente la carriera professionistica.
Il tennista britannico si è fatto conoscere per la prima volta nel grande tennis nel febbraio 2018 quando, da 110 ATP e senza aver mai giocato una partita come professionista sulla terra rossa, nel primo turno del World Group di Coppa Davis sconfisse rimontando due set e un break di svantaggio a Bautista Agut, allora 23 ATP.
Restano ad ogni modo impressionanti i progressi compiuti da Norrie nel corso di questo 2021: per comprendere quanto siano stati straordinari -specie in rapporto all’età già piuttosto matura per un tennista e all’esperienza piuttosto consolidata nel circuito maggiore- basti sapere un dato. Da gennaio ad oggi il mancino britannico ha vinto vinto più partite, 51 appunto, nei 22 tornei a cui si è iscritto, che nei 43 tornei a cui ha partecipato tra il 2019 e il 2020, nei quali portò a termine positivamente “solo” 45 match. Una superficie in particolare aiuta a riflettere sui miglioramenti compiuti negli ultimi mesi dal britannico: sulla terra battuta nel 2021 ha vinto ben sedici partite, arrivando in finale agli ATP 250 di Lione e Estoril e al terzo turno al Roland Garros. Nel settembre dello scorso anno, invece, sulla stessa superficie rossa perdeva dai nostri Pellegrino e Zeppieri, allora entrambi fuori dalla top 300 ATP.
Quest’anno nel circuito ATP -come si vede dalla tabella da noi preparata con il bilancio di partite vinte/perse di ciascuno degli attuali detentori dei primi 12 posti della Race- solo Tsitsipas ha vinto più partite (due, per la precisione) del britannico che, va anche detto, si aiuta molto nel computo totale avvantaggiandosi di successi contro avversari di non primissimo piano. Norrie è infatti il primo tra i tennisti da noi considerati per numero di partite vinte contro tennisti fuori dalla top 50, ben 30: numeri che comunque testimoniano la sua capacità di mantenere il proprio rendimento sempre costante su livelli medio-alti.
Esploso quest’anno (sino a sei mesi fa era stato solo 11 settimane nella top 50, salendo al massimo sino al 41° posto del ranking ATP) è poi riuscito a superare i suoi precedenti picchi sommando una serie di buoni risultati: la semifinale a gennaio a Delray Beach, le già citate finali sul rosso di Lione e Estoril, quella sui prati britannici del Queen’s (persa contro il nostro Berrettini) e quella raggiunta a San Diego. Con questi piazzamenti è arrivato a giocare a Indian Wells da 26 ATP, un ottimo risultato per chi era partito a gennaio come 74 ATP. Un lungo percorso fatto di vittorie contro avversari non irresistibili ma anche di vittorie capaci di testimoniare i progressi compiuti: prima del Masters 1000 californiano quest’anno aveva già incontrato e sconfitto Basilashvili e Dimitrov, ma tra i vari scalpi tennistici di prestigio raccolti dal britannico si possono citare anche Rublev (nella semi di San Diego), Shapovalov (due volte, una sul cemento e una sull’erba), Thiem e Garin sulla terra, Karatsev, Goffin e Fognini.
A Indian Wells Norrie ha conquistato un titolo molto prestigioso dovendo affrontare solo due top 20, Bautista Agut (superato in tre set dopo due ore e 44 minuti di battaglia) e Schwartzman (al quale ha lasciato appena due giochi). Per arrivare in finale è dovuto poi ricorrere al set decisivo contro Sandgren e Paul, mentre ha avuto pochi problemi in semi con Dimitrov, sconfitto in maniera più netta rispetto all’unico precedente dello scorso marzo a Miami. Nell’atto conclusivo del torneo Cameron ha poi rimontato un set e un break contro Basilashvili conquistando, oltre a un assegno di oltre un milione e duecentomila dollari, mille punti che lo hanno fatto balzare al decimo posto della Race, a una sola posizione (Nadal, attualmente ottavo in questa graduatoria, ha già dato forfait per tutto il 2021) dal piazzamento attualmente occupato da Hurkacz, che consentirà di partecipare da protagonisti alle ATP Finals di Torino. Per riuscire a parteciparvi il britannico dovrà fare bene nelle prossime tre settimane di calendario le quali, come da tradizione, prevedono tornei giocati sul veloce indoor, una condizione nella quale sinora non è mai riuscito ad esprimersi su buoni livelli: Norrie, infatti, non ha mai raggiunto una semifinale e una sola volta in carriera è arrivato nei quarti (a San Pietroburgo lo scorso ottobre). Vedremo se i progressi tecnici compiuti nel 2021 assieme alla fiducia concessagli dagli ultimi, ottimi, risultati saranno sufficienti per renderlo competitivo anche nell’ultimo scorcio di stagione.