Visto quanto ha dichiarato subito dopo la vittoria contro Hurkacz a proposito dell’eccessiva velocità riscontrata alle Nitto ATP Finals, la prima domanda posta a Daniil Medvedev non può che accennare a un paio di suoi precedenti successi in eventi dalle condizioni di gioco diverse tra loro come lo US Open e Bercy – vinto in realtà nel 2020, mentre la lamentela sulla lentezza riguarda l’edizione appena conclusa, nella quale peraltro è arrivato a un set dal vincere la finale. A parte lagnarsi di tutto e del suo esatto contrario come si conviene a un vero tennista (questo lo diciamo noi, non fa parte della domanda), quali condizioni preferisce?
“Difficile dirlo” esordisce il numero 2 del mondo. “Mi piacciono assolutamente i campi duri, è l’unica cosa che posso dire. Penso di preferire le condizioni rapide, ma qui ci sono probabilmente le più veloci che abbia mai affrontato nel Tour. Nei Challenger a volte capita di giocare sul tappeto [a Ismaning e a Eckental] che è veloce e diverso, ma qui non penso sia questione di superficie in sé perché, onestamente, è probabilmente la stessa che c’era a Londra. Penso che sia una combinazione di aria, che è davvero molto secca qui e la palla la attraversa velocissima, le palline che sono piuttosto veloci e il campo – lo abbiamo visto durante il match. Nei miei turni di battuta, sono stato raramente sotto pressione [nessuna palla break concessa] contro un grande ribattitore [68° nella speciale classifica ideata dall’ATP]. Lo stesso vale per me, con solo due giochi in cui ho avuto palle break, nessuna in tutto il primo set. Ci sanno voluti sì e no trentacinque minuti per arrivare al tie-break, quindi velocissimo”.
Mentre, in attesa di vedere come effettivamente andrà nell’imminente incontro serale, le parole di Daniil ci fanno pensare che l’organizzazione abbia tenuto in seria considerazione le caratteristiche di Matteo Berrettini nell’approntare l’evento, “Bear” prosegue con le osservazioni. “Sono curioso di vedere gli altri tre incontri per capire come gestiscono questa velocità perché, di nuovo, per me e Hubi è stata questione di chi tirava un buon colpo nel punto. Mi domando se sarà lo stesso per gli aòtri ragazzi e, comunque, a volte ti abitui nel corso del torneo e ci sono più scambi”.
Finora vincitore di uno Slam e di quattro titoli Masters 1000, è però la prima volta che Medvedev, campione uscente, si ritrova a difendere tanti punti, 1500: la sensazione è diversa rispetto ad altri eventi? “Difficile da dire perché, per esempio, appena me lo hai domandato ho cercato di ricordare i grossi tornei vinti. Ok, Shanghai e Cincinnati [nel 2019], ma l’anno successivo Cincinnati si è disputato a New York, e non è lo stesso, mentre Shanghai non c’è stato. Qui è lo stesso: so di aver vinto Londra l’anno scorso, erano sempre le Nitto ATP Finals, ma qui siamo in un altro posto, hotel diverso, tutto diverso. Voglio sentirmi il campione che difende il titolo, ma non ci riesco. Sento che a Torino si ripartirà da un nuovo vincitore perché mi ricordo che all’arena [O2] vedi tutti i vincitori con scritto Sydney, Shanghai, Londra… Così, Torino 2021 sarà come una nuova storia, non sento assolutamente pressione e sono semplicemente contento che tante persone mi considerino il campione uscente”.
In un’intervista a Tennis TV, Daniil ha detto che non si posizionerebbe tra i primi 50 in una gara sui 100 metri: chi la vincerebbe? “È difficile per me parlare degli altri giocatori, ci provo ma è lo stesso per me: gli altri che mi vedono correre in campo diranno che vinco io. Ma io mi conosco, da giovane ho fatto i test con la Federazione e non andavo mai bene, come se non avessi una buona coordinazione [Iga Swiatek lo ha soprannominato “Pretzel”, così per dire] per avere una partenza veloce e per tenere l’andatura sui 100 metri perché è tanto diverso da quello che facciamo in capo come movimenti. Pensando alla rapidità, ci metterei de Minaur, è velocissimo ma non so se abbia gli stessi problemi o meno. E Gael Monfils, è impossibile tirargli un vincente, è così esplosivo che lo metterei al primo posto. Non sono sicuro che Novak andrebbe bene sui 100, ma potrei sbagliare”.
Prima dell’incontro con Hurkacz, Medvedev si è scaldato con uno degli sparring partner “ufficiali” delle Finals, lo svizzero Jerome Kym, ruolo ricoperto tra gli altri da Dominic Stricker lo scorso anno e da Stefanos Tsitsipas nel 2016. Cosa ne pensa di lui e dell’esperienza di essere insieme ai migliori otto del mondo quando sei ancora uno junior. “Spero che se la goda, come è successo a me quando avevo 21 anni. Anche se non ho davvero giocato con i top 8, ero a Londra in virtù di un premio della Tecnifibre e sono riuscito ad accedere alla zona VIP. È buffo ma non l’ho riconosciuto [Jerome] finché non ha pubblicato una foto sul suo profilo Instagram e ho visto il nome e ho pensato, ‘cavolo, aveva quindici anni e ci ha battuti in doppio [Rublev e Donskoy] in Coppa Davis’. Non l’avevo riconosciuto dopo quasi tre anni. Ho visto che è piuttosto in alto nel ranking junior [attualmente nono, è stato n. 5], non significa che arriverai sicuramente, ma ti dà una possibilità”.