Dopo i problemi organizzativi dell’edizione inaugurale a Madrid nel 2019 e la cancellazione molto in anticipo del 2020 a causa della pandemia, le Finali di Coppa Davis versione Kosmos sono alla ricerca del loro assetto ideale. Quest’anno si è deciso di spalmare su tre sedi diverse i gironi eliminatori, invece di concentrare tutto in un incontro come era stato fatto nel 2019 alla Caja Magica, per offrire a tre nazioni invece di una la possibilità di giocare in casa, e quindi di attirare ai propri incontri le folle che a Madrid avevano seguito le gesta di Nadal e compagni, e forse anche per ridurre il rischio nel caso in cui la location scelta fosse stata oggetto di repentine restrizioni causate dal COVID, come è prontamente successo con la sede di Innsbruck.
Guardando al futuro e programmando le prossime edizioni di questa manifestazione che è stata affidata a Kosmos per la bellezza di 25 anni, sembra che si stia prospettando un trasloco in Medio Oriente per la kermesse conclusiva della competizione. Secondo quanto riferito dal quotidiano inglese The Daily Telegraph nella persona del suo tennis corrispondent Simon Briggs, sembrerebbe ormai deciso che le prossime cinque edizioni delle Davis Cup Finals si terranno ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti (UAE).
La notizia non è ufficiale, ma pare che l’indiscrezione sia stata confermata al Telegraph da più parti, compreso il Capitano non giocatore del Team GB che ne ha parlato con la stampa britannica prima dell’inizio degli incontri: “Ho sentito voci di seconda mano. Se è vero, sarebbe giusto che se ne potesse parlare prima che venga presa una decisione definitiva”.
Ciò che preoccupa Smith e gli altri capitani di Davis è che in Medio Oriente la partecipazione del pubblico tende ad essere piuttosto limitata e sicuramente non calorosa come è ormai diventata tradizione in Coppa Davis. Quindi davanti alla prospettiva di giocare match decisivi di Coppa Davis davanti a pochi intimi in stadi con le gradinate quasi vuote c’è chi i chiede se la decisione di andare a giocare ad Abu Dhabi sia quella giusta.
Se le voci dovessero essere confermate, le Finali di Coppa Davis si trasformerebbero definitivamente in un “destination event”, ovvero in uno di quegli eventi nei quali si fa affidamento principalmente sugli appassionati che si recano sul luogo dell’evento per assistervi dal vivo per creare l’atmosfera sugli spalti (oltre che per far girare l’economia, ma questo è un altro paio di maniche) piuttosto che sulla popolazione “autoctona”. I Mondiali di calcio e i Giochi Olimpici sono manifestazioni di questo tipo (almeno prima del COVID) e dopo tutto Kosmos aveva promosso la prima edizione di Madrid come la “World Cup of Tennis”, i campionati mondiali del tennis.
Tuttavia Mondiali e Olimpiadi, oltre ad avere un profilo certamente più elevato delle Finali di Davis, si svolgono una volta ogni quattro anni, quindi il sacrificio richiesto agli appassionati è decisamente inferiore rispetto a quello di una manifestazione annuale. Ci saranno veramente abbastanza appassionati pronti a dedicare ferie e un consistente budget a una trasferta negli Emirati Arabi ogni anno per supportare la loro squadra di Coppa Davis? Alcune Federazioni potrebbero decidere di “incoraggiare” le trasferte attraverso l’offerta di agevolazioni di viaggio, come è successo per esempio due anni fa con la squadra canadese, che vide Shapovalov, Auger-Aliassime e Pospisil raggiungere la finale contro i padroni di casa della Spagna davanti a oltre un migliaio di rumorosissimi tifosi arrivati nella capitale iberica grazie a un notevole supporto economico da parte di Tennis Canada.
Ma soprattutto in un era post-COVID, non ci sono molte federazioni nazionali che avranno le disponibilità economiche e l’inclinazione a seguire l’esempio canadese, e il rischio di trovarsi ad Abu Dhabi a giocare per l’insalatiera davanti a poche centinaia di persone non è trascurabile. Andare in un mercato ancora relativamente indifferente al prodotto tennis sarebbe una scommessa non indifferente per una manifestazione che ha già incontrato la sua parte di ostacoli sul suo ancora breve percorso.
Al momento non esiste alcun tennista con il passaporto degli Emirati Arabi che abbia anche soltanto un punto ATP, quindi almeno da questo punto di vista potrebbe essere scongiurata la necessità di attribuire una wild-card alla nazione ospitante inserendo nel novero delle squadre partecipanti una compagine nettamente più debole delle altre. Ma questo potrebbe essere l’ultimo dei problemi da affrontare per gli uomini di Kosmos che sembrano apprestarsi a prendere un’altra decisione che il super-tradizionalista mondo del tennis difficilmente accetterà di buon grado.