Delle 24 nazioni a giocarsi l’accesso fra le 16 che giocheranno nei 4 gironi eliminatorie (dove le sole ad avere il posto garantito sono le due finaliste del 2021, Russia e Croazia, più le due wild card, Serbia e Gran Bretagna, mentre le altre 12 le conosceremo soltanto al termine dei play-off del 4-5 marzo), oggi quelle extraeuropee sono ben 10.
Ovviamente a partire dal 2023 potranno essere più o meno di dieci.
L’altra notizia arrivata qui da Madrid è stata quella delle due wild card concesse da Kosmos alla ITF. Perché proprio a Serbia e Gran Bretagna, vi chiederete?
Beh, per la Serbia è evidente e devo dire che David Haggerty è stato trasparente nello spiegare la sua scelta. Djokovic ha mostrato di tenere moltissimo a giocare per il suo Paese. E poter garantire in futuro la presenza del numero uno del mondo è tanta roba per questa Coppa Davis che ancora riscuote tantissime critiche. Anche mie, sebbene io abbia pochi giorni fa però anche osservato che ci sono anche diversi pregi da non trascurare a prescindere dalla supposizione che, come dice Nicola Pietrangeli, “Mr. Dwight Davis si starebbe rivoltando nella sua tomba”. Il presidente ITF Haggerty ha spesso ripetuto che questa è “the true World Cup”, la vera World Cup – non so se l’abbia voluta definire così in antitesi con la ATP Cup che si disputerà a gennaio, davvero troppo vicina a questa anche se, come abbiamo visto, nel 2021 la squadra vincente è sempre stata la stessa, la RTF di Medvedev e Rublev.
Non è stato altrettanto trasparente nello spiegare perché la seconda scelta per una wild card sia caduta sulla Gran Bretagna.
Quindi semmai l’incertezza nella scelta per la seconda wild card poteva riguardare la Gran Bretagna a confronto con altre nazioni. Se Kosmos ha scelto Serbia, forse ITF ha scelto Gran Bretagna.
Secondo me è stata scelta per uno o più di questi quattro possibili motivi:
1) perché l’ITF ha sede a Londra e il potere mediatico londinese è importante a livello globale;
2) perché l’Inghilterra (Londra? Manchester? Erano le due candidate a competere con Torino nel 2019 per ospitare le ATP Finals) ha già manifestato concreto interesse a ospitare uno dei quattro gironi europei (sapremo a marzo chi avrà vinto le varie aste);
3) perché non sarebbe male che anche un altro personaggio carismatico come il risorto “anca metallica” Andy Murray potesse giocare le sue chances come Djokovic nell’ambito di un round robin da disputarsi nel Regno Unito;
4) perché mentre altre nazioni hanno un parco giocatori che assicura loro di passare quasi certamente i duelli di qualificazione del 4-5 marzo, beh una Gran Bretagna eventualmente priva di un Norrie, un Evans o un Murray non avrebbe dato le stesse garanzie. Il rischio che perdesse nei playoff avrebbe cancellato l’ipotesi di un girone ospitato dal Regno Unito come da ipotesi 3. Meglio non rischiare allora e attribuire una wild card alla Gran Bretagna per averla come minimo già qualificata.
Quest’ultimo discorso non poteva valere anche per la Spagna, che ha sempre tanti giocatori in grado di superare le “quali”. Alla Spagna è capitata la Romania del “ritirato” Tecau – la Halep non può giocare la Coppa Davis… – ma, se anche le fosse capitata un’altra squadra più competitiva, la Spagna non avrebbe comunque rischiato di perdere. Se anche dovessero dare nuovamente forfait Nadal e Bautista Agut come quest’anno, nel team spagnolo ci sarà sempre un Carreno Busta, un Alcaraz, un Ramos Vinolas, un Davidovich Fokina, un Carballes Baena, un Munar e altri che possono far stare tranquilli Kosmos e ITF…anche se grandi doppi non mi pare che le Furie Rosse li abbiano.
Idem dicasi per l’Italia con i suoi due top-ten, quattro o cinque top-50, nove o dieci top 100. Semmai è la Francia a non essere messa troppo bene, dopo il pensionamento in corso dei suoi rappresentanti più storici: i vari Gasquet, Simon, Tsonga e Monfils (sebbene a ritirarsi ufficialmente per ora ci sia solo Tsonga, se non erro).
Ma il tennis francese, al di là di come votò il presidente corso non rieletto Bernard Giudicelli, a questo format della Coppa Davis è sempre stato fortemente contrario. Quindi che l’ITF attribuisse una wild card alla Francia del presidente Gilles Moretton mi pareva assai improbabile. Contro l’Ecuador, tuttavia, anche una Francia modesta non rischierà di restar fuori.
Che chances ha l’Italia di ospitare anche nel 2022 un girone di Coppa Davis? Direi molto buone. Torino ha risposto molto bene. Al di là di alcuni problemi organizzativi che ci sono stati ma che probabilmente fra un anno non si ripresenterebbero nelle stesse proporzioni.
Qua a Madrid si sono visti per conto della FIT sia Sergio Palmieri sia Giorgio di Palermo. Anche l’Italia dovrà partecipare alle aste che verranno indette entro gennaio. Ma a parità di offerte ha buone chance di ospitare un gruppo eliminatorio, anche perché l’Italia sarebbe al momento la sola altra nazione oltre alla Russia a poter contare su due top-ten, Berrettini e Sinner, quando è lecito aspettarsi progressi in classifica almeno anche da Sonego e Musetti.
Per quanto riguardo la fase finale è chiaro che la destinazione altamente più probabile, Abu Dhabi, piace poco, quanto poco è piaciuta agli appassionati di football l’idea di un mondiale da disputarsi in Qatar.
Per gli appassionati di calcio, però, ci sarà la possibilità di organizzarsi per andare a sostenere le proprie squadre. Ma per i tifosi di tennis? Come faranno a riempire gli spalti ad Abu Dhabi? Vanni Gibertini ha scritto nel suo articolo che l’80 per cento dei residenti negli Stati del Golfo sarebbero stranieri. Ma questo non significa che siano anche appassionati di tennis.
Io continuo a credere che la fase finale sarà lì. Certo, qualora arrivasse qualche altra proposta altrettanto danarosa, ecco che Kosmos e ITF secondo me sarebbero ben contenti di migrare altrove. Ma è possibile? Io dico di no.
Non sarà semplice arrivare lì ben preparati per i tennisti, figuriamoci per gli appassionati che dovrebbero prenotare aerei dall’Europa dal costo medio sui 600/700 euro se prenotati per tempo, ma sopra ai 1000 se acquistati all’ultimo. E gli hotel?
Se ci saranno tre/quattro giorni di tempo per le squadre vittoriose nei gironi per preparare i quarti di finale – un giorno di viaggio (probabilmente in charter privato) e due/tre per allenarsi per i tennisti a seconda che abbiano vinto o meno con un giorno di anticipo il proprio girone eliminatorio – per gli appassionati di tennis non sarà come per quelli di calcio che si recheranno in Qatar con un congruo preavviso.
Salvo il fatto che gli uni e gli altri potranno fissare la data d’andata, ma si dovranno tenere open quella di ritorno nel caso volessero lasciare il Paese arabo in seguito ad un’eliminazione prematura della propria squadra.
Beh, come al solito ho scritto anche troppo. Bravo chi ha avuto la pazienza di leggermi fino in fondo. Eppure non ho neanche detto che in teoria i gironi eliminatori potrebbero durare solo tre giorni, se si insistesse nel far giocare due sfide internazionali al giorno, sebbene sei partite che possono durare 2 ore e mezzo di media (intervalli compresi) per un totale di 15 ore secondo me siano troppe; il rischio di dover cominciare alle 10 del mattino per finire alle una di notte dovendo giocare l’indomani a mio avviso sarebbe un rischio da non correre.
Ma quanti giorni potrebbe durare il girone eliminatorio? Tre, quattro, cinque? O perfino sei per giocare una sola sfida al giorno. Sono tutte domande per ora senza risposta. Se la Davis potesse disporre della settimana occupata dalla Laver Cup subito dopo l’US Open, allora tanti problemi verrebbero risolti. Ma vorrebbe dire che l’ATP “aiuterebbe” l’ITF e non mi pare abbia nessuna voglia di farlo, al di là dei proclami di Andrea Gaudenzi secondo cui l’unione fra i 7 grandi poteri del tennis, ITF, ATP, WTA e i 4 Slam farebbe la forza del “movimento tennis”. In questo periodo storico c’è anche un ottavo potere, quello di Federer e della Laver Cup, appoggiati dalla federazione australiana che l’organizza e dall’ATP che fra ATP Cup e Davis Cup…indovinate un po’ chi vorrebbe avvantaggiare? Tanti bei discorsi, anche dell’amico Andrea Gaudenzi certo animato dalle migliori intenzioni, ma alla fine sono sempre gli interessi delle varie sigle a prevalere e a impedire sostanziali progressi.