Le recenti dichiarazioni del presidente dell’ATP Andrea Gaudenzi non faranno altro che alimentare le discussioni su guadagni e distribuzione del prize money all’interno del mondo tennistico. Non si tratta però di un’intervista, bensì di un interessante filmato pubblicato nei giorni scorsi dal Financial Times in cui vengono spiegate le difficoltà dei tennisti che non occupano una posizione tra le prime 150 del ranking WTA o ATP. Gaudenzi compare tra le testimonianze di Liam Broady (numero 128 ATP) e Alicia Barnett (numero 611 WTA) e contribuisce a spiegare quanto sia iniqua – ma allo stesso tempo inevitabile, al momento – la ripartizione dei premi nel mondo del tennis.
Il video introduce l’argomento riportando la differenza nei guadagni della stagione 2021 (derivati solo dai tornei disputati) tra il numero 1 Novak Djokovic (9,1 milioni di dollari) e il tennista coinvolto nel servizio, ovvero il britannico Broady (300.000 dollari). Inoltre, più di una tennista su tre in Top 500 WTA e quasi un tennista su quattro nella top 500 ATP hanno guadagnato meno di 50.000 dollari in prize money durante la stagione passata. “Al momento l’ammontare dei ricavi, e quindi ciò che distribuiamo in termini di prize money, non permette ai giocatori di seconda categoria di sostenere i costi”, ha ammesso Gaudenzi.
“Dobbiamo essere onesti e dire che nel circuito Challenger dovresti almeno essere in grado di pareggiare i costi”, ha continuato. “Ma allo stesso temo devi essere consapevole che è come un’università o un investimento che ti dà la possibilità di arrivare al circuito maggiore”. La testimonianza di Broady ha evidenziato come sia essenziale per un giocatore che fluttua tra la centesima e la centocinquantesima posizione essere presente nei tornei dello Slam: “Fare il secondo turno a Wimbledon [circa 106.000 dollari, ndr] quest’anno mi ha permesso di pagare il mio coach e il mio fisioterapista. Mi sono permesso così di vivere nel Tour, in realtà. Alla fine di questa stagione mi sono resto conto che spendo 12.000 sterline solo per incordare le racchette. Questo sport è incredibilmente costoso”.
Ciò che stona nel video del Financial Times sono le parole che Gaudenzi ha pronunciato sul finale. “Non credo che sarà mai possibile avere un circuito Challenger che sia sostenibile. Questo perché semplicemente è carente l’interesse degli appassionati, degli sponsor e dei broadcaster, e lo sono anche le entrate provenienti dalla vendita dei biglietti”.
Sono dichiarazioni sulle quali potrebbe fare leva la Professional Tennis Player Association (PTPA) di Novak Djokovic e Vasek Pospisil, che chiede più trasparenza e trattamenti più equi per tutti i giocatori del Tour professionistico. E infatti non si è fatta attendere la risposta del giocatore canadese:
“Questo è un commento incredibilmente ignorante [nel senso di poco informato, ndr] da parte del cosiddetto leader dell’ATP e del tennis“, ha scritto Pospisil. “Stiamo parlando di un settore che vale diversi miliardi di dollari e secondo lui va bene che solo i Top 100 guadagnino abbastanza da vivere di tennis. Questo è ciò che succede quando trasformi lo sport in un monopolio“. I rapporti tra l’ATP e la PTPA sembrano ormai piuttosto deteriorati, ma sarebbe opportuno per i fondatori e i giocatori a loro supporto chiedersi se è davvero impossibile migliorare la vita dei tennisti e delle tenniste di seconda fascia.