In Australia si continua a parlare di Novak Djokovic e di esenzioni. Da un lato, la faccenda comincia a diventare stantia, avvicinandosi la data di scadenza; dall’altro, ciò non può non essere percepito come un incomprensibile ritardo nel prendere una decisione che non può non alimentare dubbi; da un terzo lato, il peso del nome in questione finisce per oscurare tutte le altre situazioni per un certo verso assimilabili, nel senso di tennisti eufemisticamente “dubbiosi” nei confronti della pandemia e che twittano feroci per esempio contro l’uso delle mascherine negli aeroporti e sui voli o che già un anno fa dichiaravano che non si sarebbero vaccinati per ragioni mediche. I primi lasciano un po’ il tempo che trovano, perché siamo ben consci della tendenza di una certa parte statunitense di negare qualcosa urlando in pubblico e poi correre ai ripari in privato; di Medvedev, parleremo più avanti.
Come promesso, partiamo allora con Craig Tiley, numero uno di Tennis Australia, e dell’altro numero uno, quello del ranking ATP, che da alcuni giorni ha lasciato Belgrado per il più mite clima di Marbella. Djokovic si sta appunto allenando nel sud della Spagna alla Soto Tennis Academy usando le stesse palline dell’Australian Open. Anche se ciò potrebbe semplicemente significare che ha trovato un cartone di tubi a poco prezzo su internet, l’ipotesi più credibile è che Nole coltivi ancora delle speranze riguardo alla sua presenza all’Happy Slam. Se, come sappiamo, non ha voluto rivelare il suo status vaccinale per motivi di privacy – a cui purtroppo non ricorre per le altre abitudini che riguardano in un modo o nell’altro la salute –, la sua assenza all’ATP Cup e le parole di Lajovic (“ è in attesa di una decisione”) fanno supporre che sia in attesa dell’approvazione di un’esenzione medica. A tal proposito, i media serbi riportano indiscrezioni contraddittorie, mentre un portavoce del Ministero degli Interni australiano ha detto che “nel rispetto della privacy, l’Ufficio non commenta i singoli casi” e, com’è altrettanto giusto, lo stesso vale per il Ministero della salute dello Stato della Victoria.
Secondo quanto riporta The Sydney Morning Herald, parla invece Craig Tiley che, riguardo alle deroghe, spiega che i giocatori non vaccinati “devono fare richiesta per un’esenzione medica che, nel loro caso, è molto più rigorosa rispetto a chiunque altro arrivi in Australia. Ci sono due comitati medici che valutano ogni richiesta e lo fanno alla cieca: non sanno chi sia il richiedente. Sappiamo di un gruppetto ridotto di atleti che hanno fatto domanda di esenzione e, in certi casi, è stata accolta”. E quella (presunta) di Djokovic? “Sullo status di Novak” continua Tiley, “avremo un quadro molto più chiaro nei prossimi giorni. Altrimenti, sarà troppo tardi per arrivare qui e giocare l’Australian Open”.
Mentre Tennis Australia si aggrappa alla speranza che il campione uscente si imbarchi su uno degli ultimi charter previsti per la fine di questa settimana, facciamo un veloce ripasso della situazione di Daniil Medvedev. Attualmente impegnato in ATP Cup con una squadra di emergenza perchè colpita da diversi casi di positività al Covid-19, il numero 2 del mondo aveva dichiarato lo scorso febbraio, proprio in occasione dell’Australian Open, che “per quanto mi riguarda, non sarò vaccinato per ragioni mediche legate ai vaccini” come aveva riportato RT.com. Tuttavia, lo scorso dicembre, il presidente della federtennis russa nonché capitano di Coppa Davis e di BJK Cup Shamil Tarpischev aveva assicurato che i giocatori russi non avrebbero avuto problemi a giocare in Australia: “Tutti gli atleti di punta che hanno giocato per le squadre nazionali di Coppa Davis e Billie Jean King Cup sono stati vaccinati”. In ogni caso, considerata anche la sua presenza a Sydney, è evidente che Medvedev è pronto a giocare l’Australian Open. Un torneo che al momento conta sullo stretto protocollo di sicurezza adottato per accogliere secondo i programmi giocatori e fan, nonostante il parere contrario di alcuni esperti: “Sarebbe ragionevole ridurre la capienza degli impianti e rendere obbligatorio l’uso di mascherine. Sembra una follia far giocare eventi così grandi, che rischiano di diventare dei super-spreader” ha detto a The Age Adrian Esterman, epidemiologo e professore alla University of South Australia. “Per fortuna si tratta di un evento outdoor e ci sono meno rischi”.