È andata più o meno come ci si aspettava: una partita intensa, che sarebbe probabilmente girata su pochi punti, su alcuni momenti cruciali che il tennis nella sua semplice complessità mette di fronte a chi questo sport lo pratica. A tutti i livelli. Così è stato anche nella vittoria di Matteo Berrettini sull’astro nascente del tennis spagnolo e, perché no, mondiale, Carlos Alcaraz, battuto in cinque combattutissimi set e soltanto al super-tiebreak, dove il numero sette al mondo ha messo in campo tutta la sua esperienza e superiorità tecnica per approdare al terzo turno dell’Australian Open.
È comunque un Carlos Alcaraz soddisfatto del suo match e che in conferenza stampa non nasconde il proprio orgoglio per quanto fatto: “Sono molto orgoglioso della mia prova oggi in campo. È stata la prima volta che ho rimontato da due set a zero sotto, e ho dimostrato di essere pronto a giocare questo tipo di match. Lo dimostra il mio esser tornato in partita e soprattutto la mia condizione fisica e mentale, oltre al mio tennis”.
Un match che soprattutto ha dimostrato a tutti e forse anche a lui stesso che il gap con i top player è ormai quasi del tutto colmato: “Ormai il mio livello mi permette di giocare con i migliori al mondo e l’ho dimostrato anche oggi. Ogni torneo mi avvicino sempre di più a loro anche se non mi considero ancora appartenente a quel club, ma gioco bene e mi sento pronto a fare quel passo in avanti che mi manca per raggiungerli”.
Per questo la continuità di risultati è fondamentale; risultati che superano il cliché del giocatore spagnolo forte sulla terra rossa e che vantano una serie di ottime prestazioni anche sul veloce (ultima su tutte la vittoria alle Next Gen di Milano): “Ho adattato il mio gioco ad ogni superficie, mi sento a mio agio sul cemento ma anche sulla terra battuta. È ovvio che la maggior parte delle partite durante l’anno si disputino su questa superficie, quindi per arrivare al livello a cui voglio arrivare la superficie non deve essere un limite ma anzi un motivo in più per migliorare il mio gioco”. E viste anche le dichiarazioni di Berrettini a fine match c’è da crederci, perché arrivano direttamente da chi quel gioco lo ha affrontato per oltre quattro ore.