Due giorni dopo la clamorosa rimonta di Rafael Nadal nella finale dell’Australian Open a Melbourne ci troviamo a Cleveland, in Ohio. L’Australia e Cleveland non potrebbero essere luoghi più diversi, non solo geograficamente ma anche tennisticamente. Sui quattro campi al coperto del “ Cleveland Racquet Club” i giocatori si danno battaglia con la speranza di partecipare ai prossimi slam. Il campo di partecipazione è di tutto rispetto. Seppi, Nishioka, Sandgren e Sock sono abituati a palcoscenici ben diversi ma per tornare a sentire i ruggiti della folla devono passare anche da qui. E dal confronto con giovani di belle speranze come Emilio Nava e Dominick Sticker.
Il club si trova a circa 25 minuti da Downtown Cleveland, nel sobborgo di Pepper Pike. Siamo nel nord est dell’Ohio, Cleveland è la porta d’ingresso del Midwest proveniendo da est. Nonostante sia un normale martedì di lavoro c’è un discreto numero di spettatori. Per fare un esempio a Champaign lo scorso novembre talvolta c’erano solo 5-6 persone ad assistere alle partite mentre qui le piccole tribune sono spesso piene. Varchiamo la porta d’ingresso proprio nel momento in cui Yoshihito Nishioka, testa di serie numero 3 del torneo, si aggiudica il suo match di primo turno contro Denis Istomin. L’uzbeko cinque anni fa si toglieva l’incredibile soddisfazione di battere Djokovic a Melbourne, oggi ha racimolato solamente due game contro Nishioka. Il match di cartello è senza dubbio quello tra Andreas Seppi e la giovane promessa Dominic Stricker. Lo svizzero classe 2002 viene dalla finale persa a Columbus proprio contro Nishioka e nel 2021 ha fatto parlare di se quando ha sconfitto in due set Marin Cilic a Ginevra. Seppi non sta attraversando un gran momento di forma ma ciò nonostante inizia la partita portandosi avanti di un break. Il suo gioco pulito si adatta bene alla superficie mentre il giovane svizzero perde spesso la misura del campo. Andreas però non riesce a chiudere il primo parziale che con un po’ di fortuna finisce nelle mani di Stricker per 6-4. Per Seppi troppi errori con il dritto e una concretizzazione delle palle break non ottimale. Sticker dal canto suo è molto pericoloso quando riesce a colpire da fermo mentre in movimento commette più errori. Il dritto spesso si perde in lunghezza. Meglio sbagliare in lunghezza che in rete si dice spesso.
Prima del secondo set arriva anche Thomas Fabbiano a guardare il match di Andreas. A dire il vero Thomas non si limita solo a guardare la partita ma cerca di non perdersi sul telefono l’inizio del festival di Sanremo. Nel secondo set Dominic va immediatamente avanti di un break e per quanto Andreas sia bravo a rimanere sempre attaccato alla partita non riesce a effettuare il contro break. Doppio 6-4 Stricker con tanti rimpianti per Seppi soprattutto per il primo parziale perso immeritatamente. Il giovane svizzero ha un solido rovescio piatto che si adatta molto bene a questi campi mentre il dritto in top spin pare adattarsi meglio alla terra battuta. Non secondo lui dal momento che quando gli chiediamo se il mattone tritato sia la sua superficie preferita Stricker nega: “mi piace giocare sul cemento e sinceramente penso di giocare bene ovunque” ci dice sicuro di sè. Non si pone particolare obbiettivi di ranking: “vorrei cercare di mantenere la 200 esima posizione del ranking per dare continuità ai risultati del 2021” e quando gli domandiamo della pressione nel provenire dallo stesso paese di Federer e Wawrinka il ragazzo gonfia il petto “sinceramente mi fa solo piacere essere paragonato a loro, non è un qualcosa che mi fa paura”. Dominic vanta già vittorie contro giocatori come Hurkacz e Cilic ma capisce come ciò che conta è la continuità “noi che giochiamo nei Challenger possiamo battere chiunque nella giornata giusta. La differenza è che loro sono capaci di mantenere un livello alto per più di tempo di noi”. Ci racconta di come ha cercato di trarre spunto dai migliori non solo durante l’edizione junior del Roland Garros 2020 dove ha vinto il titolo ma anche alle ATP Finals di Londra sempre nel 2020 dove è stato invitato come sparring partner.
Riusciamo a scambiare due parole anche con Andreas Seppi che, nonostante la sconfitta si dimostra molto disponibile.
Ciao Andreas, partiamo dalla partita. Hai perso in due set ma soprattutto nel primo parziale hai avuto tante occasioni, cosa ti è mancato nei momenti decisivi?
Il primo set non avrei mai dovuto perderlo soprattutto dopo essere andato subito avanti di un break. Lui se lo fai colpire da fermo con il dritto gioca bene ma fa anche molti errori. Nulla di speciale insomma. All’inizio riuscivo a rispondere con continuità al suo servizio mancino, mi sentivo in controllo ma ho perso un set davvero brutto. Nel secondo lui ha cominciato a servire meglio ma nonostante questo sono sempre rimasto vicino.
A quasi 38 anni è complicato per te venire a giocare Challenger come questo o riesci sempre a trovare le giuste motivazioni?
Se gioco qualche challenger va bene, non mi pesa particolarmente ma se mi trovassi a giocare solamente tornei di questo tipo allora sarebbe piuttosto difficile. Non solo dal punto di vista mentale ma anche fisicamente. Devo ammettere però che ogni volta che mi trovo a un Challenger mi trovo un po’ disperso, spesso non conosco nessuno e mi sembra di stare in un altro mondo. Magari mi capita di giocare tornei che avevo giocato 20 anni prima e non sempre mi sento a mio agio. È anche vero che se però scendi nel ranking è normale andare a giocare Challenger. Però se devo giocare solo Challenger allora preferisco giocare solo le qualificazioni ai tornei ATP. Non so come spiegarlo ma semplicemente non è il mio mondo.
Allo scorso Us Open battendo un top 10 come Hurkacz hai dato un’ulteriore prova di quanto puoi ancora essere un avversario ostico anche per i migliori. Vittorie come quella ti motivano a continuare?
Ho ancora tanta voglia di continuare e il mio obbiettivo è quello di tenere un certo ranking che mi permette di giocare buoni tornei. Se il fisico me lo permette mi piacerebbe giocare anche l’anno prossimo. È anche vero che se sono 200 del mondo allora diventa tutto più difficile. L’importante per me è avere una classifica che mi permette di giocare i tornei migliori, soprattutto gli slam in cui è importante entrare nel tabellone principale.
Purtroppo sappiamo che negli ultimi anni hai avuto tanti problemi all’anca. Come stai da quel punto di vista?
Sinceramente molto bene. In questi primi mesi non ho avuto alcun problema e quello è davvero positivo. La notizia negativa è che questo mese perderò parecchi punti dal momento che mi escono i 150 punti della finale del 250 di New York di due anni fa. Senza dimenticare i punti del titolo a Biella l’anno scorso e il secondo turno in Australia. Sono quasi 300 punti che mi faranno scivolare attorno alla 150 esima posizione. Vorrei provare a risalire, qualora non ce la facessi allora non so se avrebbe senso continuare a giocare. Se non avessi alcun tipo di problema fisico allora non mi darebbe nemmeno fastidio ma mettere l’anca a rischio operazione per giocare Challenger non mi sembra una buona idea.
Quando giochi i Challenger noti una differenza particolare a livello tecnico con i tornei ATP?
Tra il numero 100 e il numero 200 cambia poco. Ma onestamente anche tra il numero 60 e il numero 150 non ho mai notato grandi differenze. Mentre ovviamente quando paragoni il numero 20 al numero 100 allora è un’altra storia. Non bisogna fare l’errore di pensare che è automatico andare a giocare i Challenger e vincerli. Anzi addirittura talvolta è più dura far bene in questi tornei perché arrivi con più pressione e bisogno di punti. Inoltre i campi non sono sempre in ottime condizioni, anche qui sul centrale la palla rimbalza male e quindi è più difficile esprimere il proprio gioco.
Parlando di giovani in ascesa vorrei farti una domanda su Berrettini e Sinner. Per quanto i loro ottimi risultati sono sotto gli occhi di tutti ho come l’idea che i loro successi sono in parte facilitati dal fatto che a parte i primi tre, quattro giocatori del mondo tutti gli altri sono battibili. Quando tu hai raggiunto il tuo best ranking non avevi davanti a te solamente i fab 4 ma anche tennisti del calibro di Tsonga, Ferrer, Berdych che sembravano più difficili da battere dei vari Ruud, Rublev, Hurkacz. Hai anche tu l’idea che c’è più spazio per emergere e questo abbia facilitato la loro crescita?
È vero che nei primi 20 c’erano giocatori di livello più alto. Entrare nei 10 è sempre molto dura ma anche secondo me in generale c’è più spazio oggi rispetto a 10 anni fa. Senza dubbio. I ragazzi che hai nominato probabilmente oggi sarebbero ancora più in alto nel ranking di quanto non lo fossero in passato. Però alla fine è sempre difficile paragonare le epoche e fare così bene come Berrettini negli slam è tanta roba.
Quali tornei pensi di giocare nei prossimi mesi?
Giocherò qui in America fino ad aprile dal momento che in quel periodo mia moglie partorirà. A partire da Dallas la prossima settimana passando per Delray Beach e i due 1000 a marzo.
Ormai vivi a Boulder, in Colorado da molti anni. Come ti trovi generalmente a vivere qui negli Stati Uniti?
Io e mia moglie stiamo molto bene a Boulder dal momento che siamo cresciuti in montagna. È diversa dal resto dell’America, si mangia bene e tra l’altro negli anni abbiamo instaurato ottime amicizie.