41 – i tornei ATP a cui Alexander Bublik ha partecipato prima di riuscire a vincere la scorsa settimana a Montpellier il suo primo titolo nel circuito maggiore. Per imporsi nel torneo giocato nella cittadina di circa 300 mila abitanti situata nel sud della Francia sono stati importanti i 67 ace complessivi messi a segno nell’arco delle cinque partite e dei dodici set che hanno costituito il suo percorso verso il titolo. Il servizio è un fondamentale molto importante del tennis di Bublik, che ha supportato efficacemente il suo sempre più efficace mix di potenza e di varietà di colpi. Il tennista russo (è nato vicino San Pietroburgo) e naturalizzato kazako dal 2016 (che con sé ha anche un pezzo d’Italia visto che il suo sponsor è Yoxoi), dopo essere stato un buon junior (è salito sino al 19° posto del ranking di categoria) proprio nell’ottobre di sei anni fa inizia a farsi conoscere al grande pubblico all’ATP 250 di Mosca sconfiggendo -da19enne 266 ATP- Bautista Agut, allora 13 ATP, un risultato valsogli i primi quarti di finale nel circuito maggiore. Da quel momento Bublik ha iniziato una lenta ma costante ascesa nella classifica, simboleggiata dall’ingresso nella top 100 effetttuato nel settembre 2017 da poco più che ventenne e poi parzialmente interrotta solo nel 2018, stagione in cui è pero stato anche condizionato da un infortunio alla spalla. Nel luglio 2019 Alexander compie uno step ulteriore nella sua maturazione professionale: raggiunge le prime finali nel circuito maggiore. Ci riesce prima sull’erba di Newport (dove è sconfitto da Isner) e poi a settembre sul cemento all’aperto di Chengdu (arrendendosi a Carreno Busta solo al tie-break del terzo): ottiene così risultati che gli consentono di raggiungere per la prima volta la top 50. Dopo un 2020 che diventa stagione da ricordare perchè prima della carriera conclusasi tra i primi cinquanta tennisti al mondo, l’anno scorso, iniziato brilantemente con due finali, prima ad Antalya (dove è costretto a ritirarsi dopo appena due giochi contro De Minaur) e poi a Singapore (sconfitto da Popyrin) compie un ulteriore salto di qualità raggiungendo i quarti di finale in due Masters 1000, categoria dove non aveva mai vinto in precedenza un match. Lo ha fatto prima a Miami e poi a Madrid, dove -anche sfruttando le particolari condizioni altimetriche del torneo- ha dimostrato una sorprendente buona attitudine sul rosso che del resto gli aveva già permesso di sconfiggere in precedenza giocatori del calibro di Monfils, Auger Aliassime e Ramos e che l’anno scorso nella capitale spagnola lo ha aiutato per superare Shapovalov (con cui ha vinto tutte e due le volte che lo ha incontrato) e Karatsev. I suoi miglioramenti sono stati confermati anche dai primi successi contro top ten: ben tre tra autunno 2020 e febbraio dello scorso anno, con importanti vittorie su Monfils, Berrettini e Zverev, così come è per lui stato incoraggiante la scorsa estate anche un secondo turno perso ma molto lottato contro Medvedev al Canadian Open, con il russo poi avrebbe vinto il titolo. Alla dodicesima edizione dell’Open sud de France Bublik per imporsi ha dovuto affrontare un cammino tecnicamente molto complesso, quantomeno rispetto al campo medio di partecipazione di un ATP 250: prima ha sconfitto un tennista molto in fiducia come Grieekspoor (duplice tie-break), poi in ottavi ha superato un collega incostante ma pericoloso come Herbert (imponendosi al terzo) e nei quarti ha addirittura dovuto annullare un match point per avere la meglio su Bautista Agut (contro i tennisti tra la 11° e la 20° posizione ATP il kazako ha già un buonissimo bilancio di 6 vittorie e 7 sconfitte in carriera). Una volta arrivato in semifinale ha poi ingranato la quinta, lasciando tredici games complessivi a un ottimo giocatore sul veloce come Krajinovic e, soprattutto, a uno dei primi tre al mondo in queste condizioni di gioco, Sasha Zverev, contro cui Alexander ha confermato il successo dello scorso febbraio a Rotterdam. Proprio all’ATP 500 olandese questa settimana Bublik è chiamato a una importante verifica: a 25 anni e mezzo e col best ranking career appena raggiunto di 31 ATP può continare la propria crescita professionale. Il suo carattere estroso e il suo gioco d’attacco sono una importante risorsa per tutto il movimento maschile e la sua evoluzione è da seguire con tanta curiosità.
7- le partite vinte da Lorenzo Musetti dopo il brillante Roland Garros 2021 di cui è stato protagonista. Dopo quell’ormai famoso ottavo di finale nel quale è stato in vantaggio di due set a zero contro il numero 1 e futuro campione del torneo, un certo Novak Djokovic, il toscano ha iniziato un periodo di involuzione che, sebbene non preoccupante in assoluto, si sta facendo però sempre più prolungato. Da un ragazzo che alla sua giovanissima età ha già battuto un top ten (Schwartzman) e cinque volte giocatori compresi tra la undicesima e la ventesima posizione del ranking ATP è inevitabile che un pubblico affamato di tennis come quello italiano si attendesse la prosecuzione di una crescita esponenziale. Non è stato così, come si evince facilmente anche da qualche statistica che andiamo a elencare, assieme al tentativo di provare a capire almeno in piccola parte i motivi di questi ultimi risultati.
I numeri dicono che Lorenzo dopo lo Slam parigino ha partecipato a ben quindici tornei -nel nostro computo non abbiamo considerato le ATP Next Gen, per il diverso punteggio che adottano e perchè non portano punti in classifica- vincendo nei tabelloni principali solo sei partite. Di questi sei successi solo tre sono arrivati contro colleghi nella top 100: queli su Mager ad Anversa, su Djere a Parigi-Bercy e su Mikael Ymer questa settimana a Rotterdam. Certamente in questa flessione incide anche il fatto che Musetti sia crescuto tennisticamente sulla terra e che dopo il Roland Garros abbia deciso con coraggio (e dal punto di vista della futura crescita professionale, lungimiranza) di giocare sul rosso solo a Bastaad. D’altro canto va anche detto che lo scorso marzo ad Acapulco e Miami -che pure si disputano sul cemento all’aperto- fece molto bene, raccogliendo così i punti necessari per entrare per la prima volta nella top 100. Sono tante le concause che nel tennis professionistico possono determinare un periodo di crisi di risultati: nel caso di Lorenzo si è parlato ad esempio di un periodo estivo in cui per motivi personali legittimamente il tennis non è stata la sua priorità, così come non va dimenticato che durante questi ultimi mesi sta lavorando molto sul suo gioco. Vedendolo in campo ultimamente si intuisce come stia cercando di cambiare alcuni pezzi del suo tennis, provando nuove soluzioni tattiche e cambiando particolari nell’esecuzione di alcuni fondamentali: tutti fattori che, facendo perdere automatismi consolidati, nel breve periodo provocano un calo del rendimento. Nel tennis la componente mentale fa poi la differenza ed è chiaro che più si perde, più si gioca male e più in campo nei momenti delicati della partita i fantasmi possono assalirti, in particolar modo se hai poca esperienza nel circuito maggiore. Resta che se un periodo di adattamento nel grande tennis è fisiologico e quasi nevitabile era decisamente meno prevedibile che delle sedici sconfitte rimediate da Lorenzo dopo il Roland Garros, la metà arrivasse contro colleghi non presenti nella top 50, di cui quattro addirittura oltre la top 100. Chiaramente è ridicolo fare processi sportivi con l’attuale classifica di Lorenzo: questa settimana è 63 ATP a vent’anni ancora da compiere, un risultato in sè ottimo, specie in uno sport complesso come il tennis dove i nostri rappresentanti migliori sono sempre usciti fuori in età più matura della sua (solo Sinner tra i tennisti italiani arrivati nella top 50 ha fatto meglio quanto a precocità). Anche parametrando il suo percorso professionale con quello dei suoi migliori coetanei si capisce come Lorenzo attualmente sia ancora in anticipo con i tempi: fatta eccezione per un campione predestinato come Alcaraz, di tennisti nati dal gennaio 2003 nella top 100 c’è solo il danese Holger Rune, 88 ATP e nella top 200 appena altri due, lo svizzero Stricker e il nostro Flavio Cobolli. Anche allargando lo spettro d’analisi ai colleghi che non hanno ancora compiuto ventun anni solo Sinner si aggiunge ad Alcaraz tra quelli con una classifica migliore. Piuttosto preoccupa nel breve periodo che da qui a fine marzo Musetti abbia più di 300 punti da difendere, una dote che se persa lo farebbe scivolare fuori dalla top 100, riportandolo inevitabilmente al mondo delle quali e dei Challenger: per carità, ne è già uscito una volta e il suo talento non gli preclude certamente un secondo accesso nel tennis che conta, ma sarebbe per lui una nuova difficoltà psicologica da affrontare dopo un periodo professionale già difficile. La partita vinta all’ATP 500 di Rotterdam rappresenta però uno spiraglio da cui si intravede la luce: non resta che attendere con fiducia successivi riscontri.