Carlos Moya avrebbe potuto essere il tennista maiorchino più forte di tutti i tempi, non fosse arrivato Rafa Nadal. Tra i due si è creato un connubio professionale dal 2016, l’anno prima della rinascita tennistica di Rafa avvenuta nel 2017 con la ritrovata vittoria negli Slam. Carlos, un ex numero uno del mondo, racconta così il suo rapporto con il fenomeno di Manacor ai microfoni di Punto de Break: “Quando sono arrivato nel 2016 aveva 30 anni e mezzo, ma io ho una visione di medio-lungo termine. Abbiamo parlato e l’ho visto molto motivato, voleva vincere di nuovo gli Slam, lì ero convinto che potesse succedere di tutto. Ma se voleva allungare la carriera doveva rischiare, quindi il merito va a lui per il fatto di essere sempre aperto ai cambiamenti”.
Moyà appare sinceramente colpito, viste anche le condizioni fisiche precarie degli ultimi mesi, della determinazione di Rafa che lo ha portato a vincere l’Australian Open, parlando anche della scelta di giocare un torneo preparatorio a Melbourne (tra l’altro vinto): “La vittoria, anche il modo in cui è arrivata, sono stati impressionanti: lui è fantastico per come supera le avversità, come cambia tatticamente durante la partita, per come ha sconfitto fisicamente Medvedev, uno dei giocatori più in forma del circuito, uno che ha dieci anni in meno di lui. Date le circostanze con cui siamo arrivati al torneo un mese prima, sia l’atteggiamento che il livello di gioco sono stati spettacolari. E’ stato lui a spingere per andare in Australia per giocare il primo torneo a Melbourne, sapendo che potrebbe non andare bene, ma che può essere utile per gli Australian Open. In quest’aspetto è stato molto coraggioso. Poi è uscita testa, anche se sarebbe potuta uscire croce. Le prime prove sono state buone e le condizioni del campo gli piacevano, ma sì, è vero che eravamo sul punto di non andare a quel torneo”.
Sull’impresa in finale con Medvedev: “Sul 3-2, 0-40 del terzo set è quasi un match point, anche se con Rafa non si sa mai cosa può succedere. Punto per punto, è riuscito a pareggiare il game, il set e quello è stato l’inizio della rimonta. Non ti rendi mai conto di quando inizia una rimonta, lo capisci dopo. Rafa è stato superiore nel secondo set, che penso meritasse di vincere, ma quella superiorità deve concretizzarsi. Per livello di gioco, sì, ha dimostrato che può ancora battere chiunque”.
La longevità e l’intelligenza (soprattutto) caratterizzano Rafa, e sono state decisive ancora una volta: “Quello che Rafa sta cercando di fare è di essere competitivo e continuare ad evolversi. È vero che col tempo perdi fisico, velocità o esplosività, ma sei più intelligente e gestisci meglio le situazioni. Dico sempre che Rafa è uno dei giocatori più intelligenti in campo, quello più adatto ad avere un Piano B, C …direi che ha l’intero alfabeto. Se vede che il rivale ha il più piccolo varco attraverso cui può entrare, lo capisce e lo ottiene. La finale ne è un chiaro esempio: parte male ma poi cambia, piano piano. Questa è l’adrenalina che ha dentro, fa vedere che può ancora combattere con i migliori del mondo”.
Moya chiude con un argomento sulla bocca di tutti: lo Slam numero 21 appena conquistato (che pone Nadal sul trono all-time delle vittorie dei Major) e l’eventuale 22esimo: “Se ci pensi freddamente, è impressionante. Quello che posso assicurarti è che in Australia non abbiamo mai parlato del numero 21, anche se era all’orizzonte, sai che può succedere. Parlarne avrebbe significato più pressione di quella che già aveva. Non alimentiamo quel dibattito, lo lasciamo alla stampa e agli appassionati di tennis. Rafa è contento di quello che ha, sarà altrettanto felice se finirà con 21 e Djokovic con 25. Ovviamente non ha intenzione di mollare il 22esimo, se si presenterà l’occasione lotterà, ma è un dibattito che, con tutti loro ancora attivi, non ha molto senso”.
Pellegrino Dell’Anno